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Una sfida per l’anno che verrà

23/12/2015

Andrea Ferrazzi

Francia e Germania, i due Paesi storicamente alla guida del processo di integrazione europea, sono oggi affetti da un virus pericoloso, che già si sta espandendo, con forme diverse, in tutto il Vecchio Continente. Parlare all’intelligenza delle persone. È questa, secondo Andrea Ferrazzi, la sfida per l’anno che verrà e che anche Ferpi deve essere pronta a cogliere.

 

Frammenti di fine 2015. Inizio dicembre. In Francia il Fronte nazionale di Marine Le Pen è il primo partito alle elezioni regionali: l’ondata dell’estrema destra populista e xenofoba si infrange sugli scogli del secondo turno, grazie all’inedita ma inevitabile alleanza tra socialisti e repubblicani. Ma sottovalutare questo campanello d’allarme sarebbe un errore imperdonabile. «La democrazia della paura ha vinto in Francia», ha scritto la politologa Nadia Urbinati su Repubblica. Ammonendo che «la strada è aperta a esiti terribili», se a prevalere sarà un linguaggio politico che «invoca passioni ancestrali dell’unità del corpo mistico della nazione» e che si basa sulla semplificazione, «una retorica che taglia corto sui dettagli e le specificazioni» e proprio per questo «è potente nell’immaginario collettivo, facile da capire e da reiterare fino al parossismo».

Ma la Francia non è un’isola. Sta nel cuore dell’Europa, un continente che dopo sessant’anni è attraversato da spinte centrifughe che rischiano di portare indietro le lancette della storia. Non a caso, Bill Emmot, tra gli altri, osserva che «questo è un fenomeno europeo, non francese». Già visto in Danimarca, Svezia, Olanda, Polonia, Regno Unito. Ma anche in Grecia e Spagna, dove la ribellione contro i partiti istituzionali vira verso l’estrema sinistra. Gli opposti si attraggono. Lo stesso Bill Emmont ammonisce che il prossimo «choc» potrebbe verificarsi in Germania, magari non con consensi analoghi all’equivalente tedesco del Fronte Nazionale (Alternativ Fur Deutschland), ma con una ribellione verso Angela Merkel dentro il suo stesso partito.

A tal proposito, «Der Spiegel», uno dei principali giornali tedeschi, pone in evidenza il disprezzo per la democrazia, unito alla xenofobia, che attraversa il Paese: cresce il numero di cittadini che si alleano contro lo stato, le istituzioni e i suoi rappresentanti e parallelamente cresce anche un movimento di estrema destra con una forza d’attrazione molto più potente di quella esercitata da fenomeni simili negli anni passati. «Un tempo – scrive Der Spiegel – l’estrema destra era rappresentata da gente con la testa rasata e il bomber», mentre oggi raccoglie militanti «nel cuore borghese della società tedesca», coinvolgendo «intellettuali ultraconservatori, cristiani e cittadini arrabbiati». L’eccezione si normalizza. Le cause, sempre secondo il giornale, vanno ricercate – anche in questo caso – nello scontento di chi non si sente più rappresentato dalla politica e nella paura generata dai cambiamenti in corso nella società tedesca.

La situazione è dunque questa: Francia e Germania, i due Paesi storicamente alla guida del processo di integrazione europea, sono oggi affetti da un virus pericoloso, che già si sta espandendo, con forme diverse, in tutto il Vecchio Continente. L’ultima conferma arriva dalla Spagna, dove alle ultime elezioni politiche si è assistito, per dirla con le parole di Ezio Mauro, all’ennesima «ribellione anti-sistema», con le forze politiche tradizionali in grande difficoltà.

Di fronte a queste tendenze diffuse, i partiti tradizionali (brutta espressione, lo so) potrebbero commettere l’errore di inseguire gli avversari sul loro terreno politico, accusando l’Europa, usando toni e linguaggi propri dell’antipolitica, annunciando misure più restrittive sull’immigrazione, mettendo in discussione gli stessi principi e valori che invece dovrebbero difendere con forza e coraggio. Sarebbe vincente una simile strategia comunicativa? Aiuterebbe a sottrarre consensi alle forze di estrema destra e sinistra? A me pare che così si finisca per consolidare un «frame» che rafforza i messaggi delle forze antisistema, una cornice perfetta per il quadro comunicativo che esse propongono con maggiore credibilità rispetto ai partiti tradizionali.

Interrogato sulla strategia da adottare contro Marine Le Pen al secondo turno delle elezioni politiche, Jacques Séguéla, pubblicitario esperto di comunicazione politica e già consulente di Mitterand e Sarkozy, suggeriva di parlare all’intelligenza delle persone. Strategia, questa, che richiede sforzi significativi perché si tratta di spiegare situazioni complesse, andando oltre quelle semplificazioni che sono un punto di forza della retorica degli estremismi. Come si può agire? Con quali strumenti? E con quali linguaggi?

Ecco: uno dei grandi temi che Ferpi dovrebbe affrontare nell’anno che verrà è proprio questo. Bisognerebbe aprire un confronto, serio, sulla “comunicazione della complessità della democrazia”, coinvolgendo i professionisti, le università, le istituzioni e il mondo dei media. Ne vale la pena, credo.

 
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