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L’etica al centro di una ricerca sulle Rp

11/12/2015

Ansa Heyl

Perché i professionisti della comunicazione, a volte, mentono per proteggere le proprie organizzazioni? Ronel Rensburg , docente dell'Università di Pretoria, ha condotto una ricerca sul tema presentata anche nell’ultima edizione di BledCom.

Fin dall'inizio della loro carriera, i professionisti della comunicazione imparano quattro verità universali relative al rapporto con i media: non mentire, non nascondere i fatti, non dire “no comment” e non perdere la calma. Idealmente, i professionisti della comunicazione o PR, come sono anche conosciuti, dovrebbero consigliare alle loro organizzazioni a divulgare informazioni, a dire la verità, ad evitare di nascondersi o di “lustrare la superficie” dei fatti, in particolare quando interessano i media. Tuttavia, mentire, per le organizzazioni e i loro leader, è endemico nell’ambiente di business di oggi, come è emerso ancora una volta nella recente ondata di scandali internazionali come quelli che hanno coinvolto la FIFA e Volkswagen, nonché in questioni locali come Nkandla e le accuse di corruzione contro Hitachi.

La Prof. Ronel Rensburg, Coordinatore della Divisione di Communication Management presso la Facoltà di Scienze Economiche e Management dell'Università di Pretoria, in Sud Africa, è un’esperta di comunicazione e reputation management ed ha un forte interesse per l'etica associata a questo settore. La sua ricerca attuale si concentra su se e perché i professionisti della comunicazione, a volte, mentono ai media per proteggere le proprie organizzazioni, i propri clienti o CEO, provocando scalpore nell’ambiente delle Rp e della comunicazione aziendale.

Secondo Rensburg, bisogna stare attenti a condannare apertamente il fatto che i professionisti della comunicazione a volte si trovino a distorcere la realtà per proteggere o promuovere le loro organizzazioni. “Si dovrebbe tenere a mente”, sostiene, “che i professionisti della comunicazione sono pagati - e pagati molto bene - per promuovere le organizzazioni per cui lavorano e per farle apparire al meglio nella sfera pubblica. Per consentire loro di raggiungere questo obiettivo, non è sempre possibile dire la verità e nient'altro che la verità. Per questi professionisti, la menzogna è più di una dichiarazione falsa con l'intenzione di ingannare, come la definisce il dizionario. Trasmettono o perpetuano tracce false; si trovano a nascondere attività imbarazzanti o illegali nell’organizzazione o mascherano informazioni private e deliberatamente nascondono fatti che potrebbero danneggiare il loro datore di lavoro. In altre parole, evitano la trasparenza”.

Questa presa di coscienza ha spinto Rensburg ad indagare su ciò di cui i professionisti della comunicazione sono realmente capaci quando fanno bene il proprio lavoro. Come prima fase di uno studio longitudinale per indagare “Le menzogne per l’organizzazione da parte dei professionisti della comunicazione” (Lying for the organisation by the chief communication professional), ha coinvolto 20 responsabili della comunicazione di importanti società quotate in Sud Africa in una serie di interviste non strutturate. Le interviste includevano domande su quali sono i loro job title nelle rispettive organizzazioni, quanto sono pagati, come definirebbero i loro posti di lavoro e, naturalmente, se hanno mai mentito o celato la verità per le loro organizzazioni. Quando pone questa ultima domanda, la Rensburg ha fornito una definizione di che cosa volesse dire '”mentire” in questo specifico contesto, vale a dire non solo mentire palesemente, ma anche attenuare o distorcere la realtà.

Le interviste hanno prodotto risposte interessanti, ma la Rensburg afferma che un fatto che è emerso come un filo rosso attraverso tutti i feedback è che questi professionisti, senza eccezioni, hanno preso la responsabilità di far apparire al meglio le loro organizzazioni molto sul serio. Quasi tutti gli intervistati hanno indicato che avevano, a volte, mentito per le loro organizzazioni e quasi i due terzi hanno indicato che lo avrebbero farlo di nuovo se la situazione lo avesse richiesto. Molti di loro si consideravano i custodi delle informazioni all'interno dell'organizzazione e sentivano, di conseguenza, di avere il potere di creare o distruggere le loro aziende.

“Anche se i professionisti della comunicazione dovrebbero sforzarsi di divulgare informazioni, hanno bisogno di capire che le istituzioni umane non raggiungono la perfezione”, afferma la Rensburg.”'Alla fine, però, la trasparenza nelle organizzazioni dipende principalmente dalla leadership aziendale, che si tratti di un amministratore delegato, un consiglio di amministrazione o di qualsiasi altra autorità con il potere di controllare la comunicazione. La trasparenza dipende anche dai pubblici chiave su cui si basa la sopravvivenza e il successo dell'organizzazione. Questo spesso crea una trasparenza negoziata in cui gli interessi personali degli addetti ai lavori vengono mediati prima degli interessi degli estranei”. La Rensburg spiega inoltre che, sebbene una menzogna per l'organizzazione e i suoi leader possa temporaneamente funzionare a vantaggio di specifici individui, gruppi e organizzazioni (e ci sono molti per i quali la vittoria a breve termine è già sufficiente), un professionista della comunicazione che mente per un'organizzazione non ha bisogno di trasparenza. Queste persone credono soltanto nel mantenere percezioni, piuttosto che occuparsi dell’origine dei fatti. Ciò implica che il professionista della comunicazione perde un giudizio chiaro su ciò che sta realmente accadendo e fa ricorso a quello che uno dei cospiratori del Watergate, John Erhlichman aveva definito “modified limited hangout” - una frase che è entrata nell'uso comune per descrivere una cinica manipolazione dei media.

Secondo la Rensburg, il professionista della comunicazione ha fondamentalmente tre opzioni al momento di decidere su come agire alla luce di quanto sopra: può argomentare contro tale menzogna; seguire la menzogna, a seconda delle circostanze; o prendere le distanze. Mentre mettersi contro l’organizzazione potrebbe effettivamente rappresentare la fine della sua carriera, seguire la menzogna potrebbe comprometterla in ogni caso se la menzogna è evidente, dal momento che il professionista della comunicazione in quanto comunicatore è un collegamento visibile nella catena di menzogne. Rinunciare significa perdere il lavoro. La Rensburg ritiene che, alla fine della fiera, ciò che conta per i professionisti della comunicazione è rendersi conto che nel loro ruolo di “voce” di una organizzazione, parlano non solo per l'organizzazione e la sua leadership, ma che diventano anche efficacemente la coscienza di tale organizzazione. É loro responsabilità trasmettere le informazioni rilevanti per tutti gli stakeholder - sia all'interno che all'esterno dell'organizzazione - in modo tempestivo ed etico.

La Rensburg ha presentato al XXII International Public Relations Symposium BledCom2015, che si è tenuto nel luglio scorso a Bled, in Slovenia, un paper dal titolo “Lying to protect the organization and CEO: an occupational hazard?”. Nel suo lavoro ha discusso i risultati ottenuti nello studio iniziale. Il suo tema di ricerca è stato ripreso da PR Week negli Stati Uniti il mese seguente e dall'International Business Times nel mese di settembre in un articolo intitolato, '”Are all publicist liars? Study ignites controversy in PR field”. Ad ottobre, la sua ricerca ha continuato a provocare scalpore nel mondo delle Rp, quando l'argomento è stato ampiamente dibattuto dal servizio di media monitoring, CyberAlert, nonché da associazioni di management della comunicazione di tutto il mondo. Tra queste si può citare anche un editoriale di Gregor Halff, attuale Presidente di Global Alliance.

La Rensburg ha portato il suo studio online e ha già ricevuto i primi risultati di un questionario distribuito a un gruppo maggiore di professionisti della comunicazione. Questo gruppo comprende professionisti di una più ampia varietà di settori in Sud Africa (compreso il governo) rispetto allo studio iniziale. Attualmente sta elaborando i risultati e spera che la sua ricerca saprà far luce sulle questioni controverse connesse con la professione.

 

Fonte: University of Pretoria
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