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Prevenzione, emergenza e resilienza: le sfide per le Rp

11/02/2016

A margine del convegno Memoria Viva: dagli Angeli del Fango agli Angeli 4.0, organizzato dal Politecnico di Milano lo scorso 5 febbraio, le riflessioni di alcuni dei relatori: Toni Muzi Falconi, Giuliano Bianucci e Biagio Oppi.

 

Il cinquantesimo anniversario dell’alluvione diventa occasione per un confronto, oggi sempre più di drammatica attualità su prevenzione, emergenza e resilienza. Sostenibilità ambientale e culturale, incardinate sulla parola chiave solidarietà divengono i campi di investigazione tra territori, associazioni e imprese per condividere percorsi e affrontare il futuro. Se ne è parlato lo scroso 5 febbraio a Memoria Viva: dagli Angeli del Fango agli Angeli 4.0, l’incontro organizzato dal Politecnico di Milano insieme numerosi partner per parlare di resilienza con soggetti consapevoli ma anche di territori,ambiente e cultura.

Anche Ferpi ha fornito il suo contributo: tra i relatori Toni Muzi Falconi, Giuliano Bianucci e Biagio Oppi. Molte le “lesson learned” e gli spunti forniti nei loro interventi.

 

Toni Muzi Falconi

 

Le persone hanno il diritto di sapere, con modalità continuamente aggiornate, lo stato dei rischi ambientali del territorio in cui vivono; di conoscere i comportamenti ritenuti necessari a prevenire il verificarsi di quei rischi e, quando questi diventassero crisi vere proprie, le modalità più efficaci per ridurne gli impatti negativi.

La responsabilità di tutti questi flussi comunicativi spetta non soltanto alle organizzazioni pubbliche, ma anche a quelle private e quelle sociali.

Il corpo di conoscenze comunicative a livello globale afferma oggi che:

a) i flussi comunicativi sono strumenti per sviluppare sistemi di relazione resilienti;
b) la comunicazione destinata a prevenire, governare e ridurre gli impatti ambientali è efficace soltanto se e quando non è verticale (alto>basso o basso>alto) ma bidirezionale e simmetrica ( pari>pari ).

Nel loro intervento introduttivo a quattro mani, Toni Muzi Falconi - professionista, docente  e studioso di comunicazione - ha illustrato le ragioni sociali, economiche e culturali alla base di queste conclusioni mentre Bart de Vries, l’olandese presidente di IPRA  (la maggiore associazione internazionale di relazioni pubbliche) ha raccontato la lunga e diversificata esperienza dell’Olanda ripercorrendo le diverse fasi di arrivo alle stesse conclusioni.

 

Giuliano Bianucci

 

Giuliano Bianucci segue per il Comitato Firenze 2016 il progetto di comunicazione ed è affidata a lui l’illustrazione di uno dei punti chiave del progetto: la creazione di MEMORIA VIA/LIVING MEMORY.

Concepito come una esposizione con diversi padiglioni e stand in cui raccogliere testimonianze, foto, video, dal 1966 in poi con la partecipazione degli oltre 100 tutti membri del Comitato, soggetti del territorio. Una MEMORIA che diviene VIVA con l’apporto di quello che attualizza il ricordo con tutte le tematiche connesse… dalla cultura delle acque e del territorio, alla conservazione dei beni culturali, allo sviluppo della cittadinanza attiva nella prevenzione, nell’emergenza e nella resilienza. Una occasione di nuovo inizio, partecipato e virale.

La raccolta avviene in modo partecipato: a partire dai cittadini, per risalire agli Angeli del Fango del 66, alle Nazioni che aiutarono Firenze e la Toscana, alle Istituzioni e le Associazioni toscane insieme alle  Aziende protagoniste degli aiuti. Ma sarà partecipata anche l’attualità della memoria, con il coinvolgimento di Università, scuole, associazioni dei giovani, Angeli 4.0. Sono previsti anche MemoryPoint, vetrine divulgative del Museo diffuso, che raggiungeranno i pubblici in visita a Firenze e nella Toscana, porte di accesso reali a Memoria Viva. Il processo di internazionalizzazione prevede incontri in Italia e nei Paesi da cui provennero gli aiuti, Stati Uniti in Primis, che si svilupperanno nell’arco del biennio 2016-2017.

Le dodici associazioni di professionisti della comunicazione che hanno accettato di partecipare al progetto sono invitate a mobilitare i propri associati, a suggerire e realizzare iniziative coerenti al fine di indurre una mobilitazione di una intera professione intorno all’affermazione di una cultura del diritto alla resilienza.

 

Biagio Oppi

 

Oltre alla necessaria memoria dei disastri ambientali, abbiamo l’obbligo di apportare una riflessione dal punto di vista della comunicazione e delle relazioni pubbliche affinché ciò che abbiamo imparato da errori e esperienze possa essere utile in futuro a colleghi e organizzazioni.

È su questo percorso che qualche anno fa ci incamminammo quando i colleghi delle altre regioni lanciarono l’iniziativa Task Force Ferpi per l’Emilia-Romagna, proseguendo un lavoro inaugurato a L’Aquila da Massimo Alesii http://www.ferpi.it/ferpi-per-lemilia-il-punto-della-situazione. Quel percorso cominciò con uno slancio generoso, un incontro a metà luglio 2012 a Mirandola, per poi concretizzarsi nel corso del tempo in alcuni incontri di approfondimento e una serie di riflessioni: un paper, presentato nel 2014 al World PR Forum di Madrid, e un capitolo del libro “New Crisis Communication in a Digital World” con il professor Sheehan della Deakin University, esperto australiano di crisis communication; un volume che sta per vedere la sua pubblicazione (prevista per aprile-maggio 2016) curato dall’autore e professionista di comunicazione Stefano Martello, insieme al sottoscritto. Il libro vede interventi di diversi colleghi e soci tra cui Sergio Vazzoler, Luca Poma, Massimo Alesii, Monica Argilli, oltre a un lavoro molto interessante sull’innovazione generata dai disastri, a cura di un gruppo di ricerca dell’università di Modena coordinato dalla professoressa Margherita Russo.

Anche alla luce del percorso sviluppato dalla Task Force nata dopo il terremoto de L’Aquila, ecco alcuni punti chiave che abbiamo individuato: il tracciato memoria-emozione-resilienza da un lato, i modelli di comunicazione e narrazione dei disastri dall’altro e, trasversalmente, il tema di ruoli e responsabilità dei comunicatori.

All’interno del primo ambito va riconosciuta anzitutto una dimensione emozionale – giusta e necessaria – che è possibile valorizzare se si riesce a contribuire alla ricostruzione della comunità, sfruttando “l’energia eroica” degli “angeli del fango” affinché questa si trasmetta positivamente all’intera comunità: è quella dimensione emozionale a generare la resilienza delle comunità. In questo senso la responsabilità del comunicatore (descritta chiaramente nel Melbourne Mandate del 2012) non sta solo nel gestire la comunicazione per l’organizzazione che rappresenta; in contesti di disastri ambientali  è compito del comunicatore instillare nelle organizzazioni la responsabilità nei confronti della società (quindi delle comunità locali) [1] affinché queste diventino protagoniste della ricostruzione sociale e motori di resilienza.

Nel volume che pubblicheremo nei prossimi mesi, ci sono numerosi spunti di riflessione sulla comunicazione dei terremoti de L’Aquila e dell’Emilia. Abbiamo individuato e tentato di descrivere due modelli di approccio alla comunicazione decisamente diversi: anche a causa di differenze sociali, economiche, geografiche e anche più strettamente sismiche, abbiamo descritto un modello top-down a L’Aquila, molto spettacolarizzato, televisivo e mediatizzato; mentre ci sembra di avere rilevato un modello più condiviso e diffuso nel caso dell’Emilia in cui istituzioni, popolazioni e soggetti economico-sociali del territorio erano decisamente più partecipi della narrazione complessiva.

Questa differenza di approccio alla comunicazione ha determinato appunto  due narrazioni completamente differenti dell’evento sismico, che a loro volta hanno incoraggiato forme di resilienza piuttosto diverse.

Tenendo presenti alcune lesson learned in questi disastri, probabilmente noi relatori pubblici abbiamo la possibilità di giocare un ruolo rilevante: focalizzandoci su un effettivo engagement dei nostri stakeholder; scegliendo un approccio “slow communication” che non si faccia prendere dalla smania di rispondere immediatamente a tutto e tutti, ma che si ponga una visione di lungo periodo; e più in generale esercitando una “comunicazione responsabile”, consci degli effetti di lungo periodo che la nostra azione determinerà nella narrazione complessiva del territorio.

 




 

[1] Dal Melbourne Mandate, 2012, Global Alliance for Public Relations and Communication Management:

Instilling societal, organizational, individual and professional responsibility. The communicative organization understands the responsibility flowing from two core principles:


1. The organization derives its licence to operate from the value it creates for all its stakeholders, and for society at large.
2. The value of an organization is linked directly to its reputation, which in turn flows from building trust, acting with integrity and being transparent about the organization’s strategy, operations, use of capital and performance.

Public relations and communication professionals have a mandate to… Demonstrate societal responsibility by influencing decisions and undertaking action that…

1. Result from transparent - open, honest and accessible - processes and credible communication that balance public interests and organizational values.
2. Support the sustainability strategies of the communities from which the organization obtains resources and its licence to operate.
3. Define accountability metrics against which contributions to society may be proactively measured and improved.

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