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Quale ruolo per Ferpi nelle Litigation PR?

02/11/2017

Biagio Oppi

A partire dalla recente pubblicazione del libro "Litigation PR", a cura di Stefano Martello e Roberta Zarpellon, Biagio Oppi individua diverse modalità di coinvolgimento che Ferpi può trasformare in opportunità per le delegazioni territoriali.

In merito alla recente pubblicazione del libro Litigation PR (Litigation PR, a cura di S. Martello e R. Zarpellon, editore Pacini) intravedo diverse modalità di coinvolgimento per Ferpi che possono trasformarsi in opportunità e quick-wins per le delegazioni territoriali.

Anzitutto c’è un primo obiettivo di awareness sul tema, cui può contribuire in maniera determinante questo volume, diffondendo conoscenza e promuovendo formazione ad hoc: abbiamo il dovere, come associazione, di costruire percorsi di formazione mirati, non solo per i colleghi comunicatori, ma anche per gli altri stakeholder che possono così diventare comunicativi. Diffondere conoscenza significa anche gettare luce sul mercato delle Litigation PR di grande interesse (in particolare in un Paese così litigioso come l’Italia) per i professionisti di relazioni pubbliche e oggi spesso gestito da altri professionisti dell’informazione.

In secondo luogo occorre sottolineare il ruolo di advocacy che abbiamo nei confronti della professione, dei professionisti e dell’associazione stessa. Generare una riflessione sulle Litigation PR significa anche accreditare la comunicazione, i relatori pubblici e la Ferpi, nei confronti di stakeholder che spesso ci confondono con i giornalisti e che hanno invece un enorme bisogno di comunicare/ascoltare. Ad esempio, il recente ottimo lavoro del collega Paciello su una procura molto importante dimostra che c’è ampio spazio di lavoro su altri territori.

Infine, come terzo punto, Ferpi può farsi portatrice di un approccio di ascolto e coinvolgimento di tutti gli stakeholder, proprio per la nostra naturale vocazione a confrontarci con molteplici interlocutori e in questo senso lavorando per il bene pubblico. Mettere attorno allo stesso tavolo, su questo tema, diversi soggetti, tra cui i giornalisti, i comunicatori, gli avvocati, la magistratura, le procure, aiuterebbe i vari attori a comprendersi meglio e – nel migliore dei casi – potrebbe portarci a definire un “quadro di responsabilità nella gestione della comunicazione e dell’informazione” che farebbe bene al sistema intero, ancora oggi appesantito da oltre vent’anni di veleni post-Tangentopoli. Si tratterebbe anche di un’occasione in cui far conoscere i nostri codici di autoregolamentazione (ma anche i modelli come il Melbourne Mandate nelle sezioni più focalizzate sulla responsabilità del comunicatore); strumenti con i quali avviare una discussione sulla responsabilità del comunicatore e degli altri soggetti, cercando di adattare i principi generali al contesto attuale mediatico e tecnologico.

In passato anche la delegazione regionale Emilia-Romagna di Ferpi promosse una serie di seminari realizzati insieme alla Scuola di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna che produssero anche una breve pubblicazione degli atti del convegno organizzato nel 2015 (reperibili qui). Ora però con l’uscita di questo volume abbiamo l’opportunità di partire insieme alle altre delegazioni e alle attività del “Gruppo Comunicare le professioni intellettuali” con uno spunto operativo e un quadro di insieme ancora più ampio, se pur non ancora completo.

 
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