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Relazioni istituzionali: rotta burn-out

19/05/2015

Toni Muzi Falconi

Organizzazioni e  istituzioni, in Italia come altrove, hanno innescato un rapido processo di burn-out dei rispettivi processi di relazione e, per rimediare ai danni, diventa importante che i relatori pubblici, innovino e operino per le istituzioni. L'analisi di Toni Muzi Falconi.

Da quando, ormai da molti anni, ho imparato a intercambiare il termine lobby, un po’ decotto, con quello di processo decisionale pubblico, mi sento molto meglio. Suona bene e dà l’idea di uno che ha studiato...

Con tale processo, ciascuno di noi - ndividuo e/o organizzazione - è inestricabilmente indotto a interfacciarsi. Ma nel 2015 tutto questo che significa?

Che ne pensa il collega Francesco Simone, direttore delle relazioni istituzionali di CPL Concordia?

Lobby, da almeno 100 anni, è l’azione consapevole di un professionista della comunicazione per modificare, accelerare o ritardare una  decisione pubblica in senso più favorevole o meno dannosa agli interessi che rappresenta.  Processo decisionale pubblico implica invece una costante analisi, ascolto e comprensione delle dinamiche relazionali fra le istituzioni, con le istituzioni e per le istituzioni.

Ovviamente le due attività sono correlate: tanto più efficace l’azione di lobby quanto più sarà attenta l’analisi del processo decisionale pubblico.

Sappiamo, e non da oggi, che ciascuna organizzazione (sociale, pubblica, privata che sia) ha caratteristiche “specifiche” che la rendono unica,  così come sappiamo che anche ogni territorio presenta “specifiche” dinamiche relazionali che intercorrono fra e con le istituzioni che lo governano e che lo rendono unico. Sappiamo anche che insieme alle applicazioni specifiche caratteristiche dell’organizzazione e territoriali, vi sono anche principi “generici”  (nel senso farmacologico del termine) secondo i quali le organizzazioni sviluppano modalità operative che contribuiscono a produrre effetti efficaci in organizzazioni e territori diversi, purché tengano conto di quelle applicazioni specifiche .

In particolare, questo mio intervento argomenta che organizzazioni e  istituzioni, in Italia come altrove (sia pure con modalità differenti) hanno innescato un rapido processo di burn-out dei rispettivi processi di relazione, e che, per rimediare ai danni, diventa importante che i relatori pubblici, più ancora che analizzare e operare per ascoltare le dinamiche relazionali fra e con le istituzioni, dovrebbero invece innovare e operare per le istituzioni.

Mi spiego:

  • la progressiva vaporizzazione e disintermediazione delle organizzazioni sociali intermedie

  • il travolgente fenomeno del sé in qualsivoglia ambiente relazionale

  • l’immenso impatto del digitale e del sistema dei media sulle agende delle leadership di ogni organizzazione (sociale, politica, privata o pubblica)

  • l’abolizione di spazio e tempo che obnubila la comprensione del passato e la proiezione verso il futuro

  • la competizione globale senza regole condivise fra individui, imprese, istituzioni pubbliche

  • le ignoranze e le indifferenze che inducono violenze inaudite e ineguaglianze sociali mai rese così visibili da un sistema mediatico globale e individuale, privo di ogni possibile intermediazione…


Sono tutti fenomeni che lasciano intuire un rapido viaggio verso il “burn-out” delle nostra società così come le conosciamo oggi.

Alcuni di questi segnali, e soprattutto quelli riferiti alla vaporizzazione e alle disintermediazione dei corpi sociali intermedi,  erano ben visibili già molti anni fa e ricordo bene gli sforzi continuati di un piccolo pugno di relatori pubblici (italiani e non) per re intermediare una professione che per decenni si era soprattutto distinta nel proteggere gli interessi forti dalla società, ma che allora (parlo del periodo 2000/2008) si proponeva piuttosto di applicare le competenze e le capacità di analisi acquisite focalizzando soprattutto sulle relazioni per le istituzioni.

Purtroppo si è trattato di un breve periodo travolto da una generale percezione di inutilità  (penso, per capirci meglio, al lavoro di Ferpi, della Global Alliance e di alcuni professionisti).

Succede oggi che le relazioni istituzionali vengano interpretate e professionalmente praticate come relazioni con le istituzioni, e sempre finalizzate a proteggere interessi forti.

Si fa un gran parlare in molti ambienti di “morte delle relazioni pubbliche”, di una sua piena integrazione nel marketing che, a sua volta, fatica a  riconoscere una propria distintività.

Todos Caballeros. Peccato davvero.

 

 

 

 
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