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Web-biz, web-privacy o web-democracy?

11/02/2016

Mauro Covino

Lo scorso 4 febbraio a Roma l’incontro “Microfoni spenti” dedicato a “L’informazione al tempo di Internet tra tutela della Privacy e sviluppo dei New Media” organizzato da Mauro Covino, nell’ambito del Gruppo di lavoro Ferpi Lazio ‘Relazioni Istituzionali’ capitanato da Vincenzo Manfredi, per fare il punto sull’impatto della Rete nella vita sociale, politica e culturale.

 

La conoscenza di per sé è potere.
Francesco Bacone


 

Sappiamo che il potere si sta spostando: da Ovest a Est e da Nord a Sud, dai palazzi presidenziali alle piazze e al cyberspazio, dai formidabili colossi industriali alle agili start-up e, in modo lento ma inesorabile, dagli uomini alle donne. Chi oggi si trova in posizioni di potere è più vincolato, ha meno margini operativi e rischia di perdere il posto come mai prima d'ora. Il potere sta diventando più debole ed effimero: è divenuto più facile da conquistare, ma più difficile da esercitare e più semplice da perdere. Ne "La fine del potere", Moisés Naím, giornalista ed ex direttore di "Foreign Policy" illustra la lotta tra i grandi protagonisti un tempo dominanti e i nuovi micropoteri che li sfidano in ogni ambito dell'azione umana. Una contrapposizione, quella tra micropoteri ed establishment, che può sfociare nel rovesciamento dei tiranni o nell'eliminazione dei monopoli, ma anche condurre al caos e alla paralisi. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, nell'ambito degli affari come in quello della religione, dell'istruzione o della famiglia, in pace come in guerra: nel 1977, ottantanove paesi erano governati da autocrati, mentre oggi oltre la metà della popolazione mondiale vive in regimi democratici; nella seconda metà del 2010, i primi dieci fondi speculativi del mondo hanno registrato profitti superiori a quelli complessivi delle sei banche più importanti; gli amministratori delegati sono sottoposti a maggiori vincoli...

A miglior garanzia di un Mondo senza Potere ma – anche per questo motivo – con un Potere più diffuso anche grazie ad Internet  è sorto il concetto di “privacy” applicato ai new media.

Come dice però Martha Nussbaum, in “Nascondere l'umanità “  l'idea che un concetto unitario di "privacy" e una distinzione netta tra pubblico e privato ci diano una valida linea da seguire in questo campo rappresenta in realtà un'illusione che dovrebbe essere abbandonata.

Anche per questo il 2016 sarà l’anno della privacy europea. Non che le regole che finora hanno disciplinato la riservatezza dei nostri dati personali non abbiano avuto una matrice comunitaria. Essendo, però, discese dalla Direttiva 95/46, ogni Paese membro le ha poi declinate come meglio credeva. L’Italia le ha recepite nel 1996 con la legge 675, poi riversate nel Codice della riservatezza, il d.lgs. 196/2003.

Regole che, così come quelle adottate nel resto dell’unione, sono prossime alla pensione, perché la riforma della privacy in arrivo si compone di due provvedimenti: una Direttiva che interessa l’uso di dati personali nell’ambito della sicurezza e dell’attività di polizia e di giustizia che avrà bisogno di essere recepita per diventare operativa nei vari Stati; un Regolamento che interesserà tutti i soggetti privati (persone fisiche ed imprese) e parte di quelli pubblici  e che sarà immediatamente applicabile .

Questo vuol dire, in buona sostanza, che il codice della privacy italiano dovrà uscire di scena per fare posto al Regolamento. E così dovrà avvenire per le normative sulla riservatezza finora applicate nel resto dell’Unione. La strada scelta dalla Commissione Europea nel 2012 – entro marzo 2016 - deve essere recepita anche in Italia.

Il Regolamento risponde all’esigenza di omogenizzare l’approccio normativo per quanto riguarda l’utilizzo della rete, il continuo sviluppo delle sue applicazioni, la globalizzazione dei dati.

Il Regolamento disciplina altresì il diritto all’oblio, cioè ad essere dimenticati da Internet, riconosciuto dalla Corte U.E. nella primavera del 2014, con una sentenza che ha imposto a Google di rimuovere le informazioni personali vecchie e non aggiornate.

Oppure il diritto alla portabilità dei dati, cioè la possibilità al cittadino di chiedere l’elenco delle informazioni personali che lo riguardano.

Cosi come la necessità per chi gestisce le informazioni personali di effettuare una valutazione dell’impatto che l’utilizzo dei dati può avere, in particolare quando si verificano condizioni che possono presentare un rischio significativo per i diritti e le libertà delle persone.

C’è poi l’introduzione del Data Protection Officer (DPO), un professionista che deve controllare e coordinare l’attività di quanti – all’interno di un’azienda o di un ufficio pubblico - utilizzano i dati personali.

Si tratta di una figura già prevista da alcune legislazioni europee che il Regolamento estende a tutti i Paesi.

Infine, il Regolamento ridisegna compiti e poteri delle Autorità Nazionali, chiedendo maggiore cooperazione tra gli Stati membri.

Per questi motivi oggi ci troviamo  a discutere ben consapevoli che nel settore della Comunicazione  e della “sua” Privacy un ruolo rilevante è sicuramente quello delle Authorities come l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) che come sappiamo  svolge funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle Telecomunicazioni, dell'Audiovisivo, dell'Editoria e, più recentemente, delle Poste.

Di sicuro interesse dunque per tutti i professionisti del settore un confronto tra Antonio Martusciello - Commissario Agcom - e alcuni autorevoli esponenti di aziende "controllate" dalla stessa Autority. Assieme al dott. Martusciello, sono intervenuti Gianluca De Matteis​ Tortora - Responsabile Relazioni Istituzionali Centrali e Locali RAI nonché socio Ferpi Lazio;​ Francesco Nonno  Responsabile Regulatory Wholesale & Antitrust Telecom Italia e Stefano Selli​ - Direttore delle Relazioni Istituzionali Italia Mediaset.

Dopo i saluti di Cristina Marchegiani , Delegata Regionale Ferpi Lazio, Mauro Covino, promotore dell’incontro, è partito dalla considerazione del Consiglio d’Europa che afferma che i diritti, "offline che valgono anche online", e che essi sono "una parte fondamentale del contesto di riferimento che non si deve mai dimenticare". E temi come quelli della "libera concorrenza fra operatori e della parità d'accesso", come anche il  ruolo del Regolatore (come nel caso di AGCOM), che "non deve farsi carico della politica industriale, compito del governo, ma deve dare a tutti la possibilità di investire" e non deve essere "indebolito agli occhi del mercato e del pubblico".

Da queste considerazioni è iniziato l’intervento del Commissario Martusciello che ha posto comunque  l’accento sulla necessità di definire un Codice per l’Utente Digitale e l’urgenza di un nuovo quadro normativo che aggiorni quanto definito nel 1997 quando il mondo dell’informazione e dell’editoria era completamente diverso.

Soprattutto tenendo presente il ruolo degli Over The Top, ovvero imprese che forniscono, attraverso la rete Internet, servizi, contenuti (soprattutto video) e applicazioni di tipo "rich media" (per esempio, le pubblicità che appaiono “sopra” la pagina di un sito web mentre lo si visita e che dopo una durata prefissata scompaiono). Il loro business proviene, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali (ad esempio nel caso di Apple e del suo iTunes) o di spazi pubblicitari, come nel caso di Google e Facebook. Tali realtà, prive di una propria infrastruttura, agiscono al di sopra delle reti, da cui il termine over-the-top. Sono realtà imprenditoriali inimmaginabili venti anni fa e che pertanto vanno regolamentate anche su base comunitaria.

Gianluca De Matteis​ Tortora ha ribadito la specificità del servizio pubblico che deve garantire l’utente televisivo nella sua qualità di cittadino e non solo  di mero consumatore, rivendicando il comportamento corretto della Rai e del Governo nazionale anche in rapporto di quello che accade all’Estero come nel caso della TV Polacca, citata in ambito comunitario come modello da non seguire.

Stefano Selli ha menzionato lo studio nato dalla collaborazione tra IULM, Mediaset e Confindustria Radio-Tv, presentato lo scorso 13 luglio 2015 e intitolato "New Media e Privacy", che esamina  l paradosso della privacy nel mondo digitale: “Non voglio cedere i miei dati. Anzi, sì... Dipende”.

Nello studio si sottolinea come ormai i grandi colossi di Internet, fanno il bello e il cattivo tempo anche nella gestione dei dati personali. Social network e motori di ricerca hanno reso così difficile capire cosa ne è della nostra riservatezza che si è arrivati a un paradosso nel quale gli utenti – letteralmente – non sanno che comportamento tenere, stretti tra la necessità di accedere ad alcuni servizi e l’esigenza di farlo nel rispetto della privacy.

E, soprattutto, sono disponibili a concedere i propri dati per avere in cambio anche un semplice omaggio promozionale!

Appare dunque indispensabile regolamentare questo settore alla stregua di quanto avviene nel mondo radio televisivo.

Francesco Nonno ha evidenziato come sia necessaria e urgente una profonda revisione del quadro normativo, che consenta da un lato di avere un level playing field tra gli operatori e, dall’altro, di garantire adeguate ed effettive tutele per l’utente digitale, oggi poco protetto e spesso male informato in merito ai dati che mette a disposizione degli operatori commerciali.

Un altro argomento affrontato riguarda l’esigenza di trovare soluzioni pragmatiche per l’utilizzo dei Big Data, in particolare nella direzione di consentire in modo esteso la cosiddetta pseudonomizzazione dei dati richiesta da Grandi Operatori che operano in questo campo.

Si è anche evidenziato come l’utilizzo dei Big Data possa avere importanti ricadute positive per la collettività, illustrando come i dati anonimizzati sui flussi di spostamento cittadini siano stati utilizzati per ottimizzare percorsi e frequenze del trasporto pubblico locale di un importante capoluogo di Regione, con un possibile miglioramento dei flussi e un conseguente incremento della qualità della vita.

Infine si è rilevato dal caso di ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), un ente statunitense che gestisce la definizione dei nomi a dominio su Internet (istituito il 18 settembre 1998), come il ruolo degli USA si stia affievolendo in favore del maggiore peso dei Paesi Europei

Nel corso del dibattito pubblico con i soci e gli ospiti presenti si è anche citata l’esperienza del Marco Civil, la legge che “garantisce la neutralità del Web e che è fondamentale per mantenere la natura libera e aperta di Internet”, approvata nell’aprile del 2014 e stata definita la carta brasiliana dei diritti del Web.

Il Marco Civil “stabilisce principi, garanzie, diritti e doveri per l’uso di Internet in Brasile“, con “il rispetto della libertà di espressione” (art. 2).

Principi cardine da tutelare sono anche la neutralità della rete, la protezione dei dati personali, la “preservazione della natura partecipativa della rete“.

Tra gli obiettivi vi sono poi la promozione del “diritto universale di accesso” a Internet, dell’accesso all’informazione e della partecipazione alla vita politica e culturale del Paese, così come la diffusione delle nuove tecnologie e dell’innovazione, l’adozione dell’open data e l’interoperabilità delle banche dati .

Probabilmente un modello difficile da esportare nel Mondo della Rete ma che rimane come riferimento normativo per tutti quelli che ritengono indispensabile un miglior Governo della Rete.

In conclusione l’incontro è stato occasione per esaminare lo stato della Rete nei confronti dei New Media, con particolare riguardo alla tutela della Privacy e ai diritti di espressione di cittadini e consumatori.

Un “work in progress” che andrà analizzato attentamente per tutti quelli che operano nel campo della comunicazione e delle relazioni pubbliche.

 
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