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Dal Rapporto Coop le nuove sfide alla comunicazione

15/09/2016

Giancarlo Panico - @dottorg

La comunicazione è interessata da una delicata fase di disruption, di cui, i professionisti non ne sono pienamente consapevoli, legati ancora ad un approccio ormai superato. Un dato che si legge nell’ampia e suggestiva analisi della Coop. Alcune considerazioni di Giancarlo Panico.

Empatia, sostenibilità, sobrietà, innovazione, resilienza. Si possono riassumere in queste 5 parole le tendenze sociali che stanno caratterizzando i nostri tempi. Emergono dalla lettura del Rapporto Coop 2016, un documento preziosissimo per un professionista della comunicazione. Sia per la ricchezza di dati e statistiche, ma anche e soprattutto per le indicazioni su tanti e diversi aspetti del nostro lavoro: dal più ampio scenario sociale, ai trend di mercato, dalle abitudini di consumo all’uso delle tecnologie, ai principali indicatori economici. Nato come fotografia dei comportamenti dei consumatori, il Rapporto Coop è divenuto una delle più complete e interessanti analisi della società italiana. Redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di Iri Information Resources, GFK, Demos, Nomisma e Ufficio Studi Mediobanca è uno strumento immancabile per comunicatori e relatori pubblici per comprendere dinamiche e tendenze.

La geopolitica

Scorrendo il Rapporto, articolato in 5 grandi capitoli, già nelle prime pagine c’è un dato interessante che delinea il framework su cui si muove la società e, dunque, la comunicazione e le nostre attività: la geopolitica. Non è più possibile pensare ad una comunicazione avulsa dal contesto politico. La politica, come si leggerà più avanti, sembra aver perso peso e verso cui c’è una grande disaffezione, condiziona molto più che in passato l’economia e la società. Una delle conferme di questo dato, viene, ad esempio, dall’Analisi del mercato del lobbying nel nostro Paese pubblicata da Lobbying Italia: questa fondamentale attività specialistica delle Relazioni Pubbliche è in continua crescita ed è sviluppata da un numero sempre maggiore di organizzazioni.

La nuova Italia

“Sta nascendo una società nuova, sempre più liquida o flessibile dove gli italiani sono cambiati. Figli della recessione, si diversificano rispetto agli altri europei e conquistano spesso posti in cima alle graduatorie (non sempre però si tratta di primati invidiabili). I “nuovi italiani” sono certamente più vecchi e più soli, più poveri e disuguali, ma sono diventati anche più green e smart, più clean e healthy. Dopo la resilienza alla crisi sono oggi tra i più innovativi e sperimentali d’Europa”.

Siamo i protagonisti di uno dei più importanti e radicali periodi di cambiamento sociale degli ultimi decenni dopo quello apportato dalla TV. La comunicazione è uno degli agenti principali del cambiamento ma spesso non ne siamo consapevoli fino in fondo o, comunque, abbiamo difficoltà a riconoscerlo. La società e con essa la nostra professione cambia ogni qual volta facciamo innovazione. I cambiamenti degli ultimi anni, come emerge con forza dal Rapporto, stanno delineando uno scenario nuovo che obbliga a ridefinire le dinamiche relazionali. La mission delle relazioni pubbliche resta sempre la stessa ma modalità e dinamiche cambiano con gli strumenti. Fare relazioni pubbliche mediante i social non è la stessa cosa che farlo come in passato. Un crisi può nascere da un tweet. Così come una foto pubblica su Instagram può fare il giro del mondo in pochi secondi. Il tempo è diventato uno dei fattori chiave per le Rp e il management dell’attenzione la sfida di ogni attività.

Always in

La grande novità sociale è rappresentata dalla network society, ormai una realtà radicata anche in Italia. Non solo siamo sempre connessi (always on), ma siamo sempre in relazione (always in) e questa rappresenta senza dubbio, la sfida più grande per la comunicazione e per le relazioni pubbliche in particolare. I nostri interlocutori, quelli che qualcuno chiama ancora “target” che fino a qualche anno fa erano i destinatari (spesso passivi) delle nostre attività sono divenuti i veri protagonisti della comunicazione. Il paradigma non solo è cambiato, ma sta anche evolvendo. Non è più una questione di relazioni inclusive ma di empatia! Il consumatore, l’utente o il cittadino – i nostri pubblici – si sono arrogati il diritto ad essere riconosciuti come soggetti di relazione e non più oggetto di comunicazione. Il grido d’allarme lanciato qualche anno fa da Toni Muzi Falconi di passare dalla “comunicazione a” alla “comunicazione con” è divenuto la discriminante del successo di una strategia o attività di comunicazione.

Lo smartphone è il vero compagno di vita (15 milioni venduti nell’ultimo anno, +16%), nell’uso/abuso surclassiamo tutti gli altri europei e ci superano solo i giapponesi (per 2 minuti nell’accensione alla mattina mentre siamo gli ultimi a spegnerlo prima di addormentarci), uno su 10 ha al polso un dispositivo wearable tanto che solo gli Usa ci sorpassano e a seguire gli inglesi, i tedeschi e i francesi. Persino la vecchia immagine del latin lover è tramontata e anche l’amore è diventato virtuale (9 milioni di italiani si innamorano in rete). Non ha ancora sfondato, ma mostra indubbi segnali di crescita, l’internet delle cose e almeno a intenzioni l’80% degli italiani vorrebbe rendere più connessa la propria casa. Intanto solo nel 2015 sono stati 100.000 i droni venduti in Italia.

La disruption della comunicazione

Da oltre un decennio, ma soprattutto negli ultimi 3 anni, i comunicatori hanno finto che il problema non li riguardasse se non relativamente al cambiamento degli strumenti ma il vero problema è che c’è una disruption anche per la comunicazione. Che non è più quella del passato, neanche il più recente. E’ in atto un grande processo di trasformazione della dimensione comunicativa personale e sociale. Lo aveva scritto bene Bill Gates nel bellissimo libro “Il business alla velocità del pensiero” del 1999.  Oggi stiamo costruendo, anche inconsapevolmente, la comunicazione dei prossimi anni. La vera grande novità dei nostri tempi è che le attività che sviluppiamo per le aziende, i brand i prodotti, con i pubblici, hanno un risvolto comunicativo e relazionale mentre avvengono. Una capovolgimento di paradigma che obbliga a ripensare la natura stessa delle Relazioni pubbliche.  Un monito e una grande lezioni per i tanti che ancora pensano che la comunicazione non sia una scienza. Non solo lo è ma sta diventando la più importante delle discipline manageriali perché allo stesso tempo rappresenta lo strumento e lo spazio in cui avviene qualcosa: un cambiamento di opinione, il consenso, la scelta. Questo aspetto nuovo è anche inquietante. E’ ora di ripensare anche la cassetta degli attrezzi della nostra professione.

La sfida dei contenuti

Se gli strumenti sono ormai una commodity, la sfida del futuro si giocherà sempre di più su due elementi: relazioni e contenuti. Due elementi che il Rapporto affronta dal punto di vista del consumo di prodotti, in particolare alimentari, il core business di Coop, si percepisce la disruption della comunicazione.

“C’era una volta la pubblicità” – scrivono gli autori del Rapporto - “con il suo richiamo di emozioni ed esperienze. O il prezzo, come veicolo di riconoscibilità e qualità del prodotto. C’era una volta la marca, con il suo portato di valori: affidabilità, sicurezza, familiarità. O ancora le offerte e le promozioni, con le loro promesse di convenienza e risparmio.

Per non parlare della fidelizzazione nei confronti di un punto vendita o del dettagliante di fiducia, spesso convincente nel dispensare consigli e suggerimenti”.

È un fatto noto ed ampiamente documentato che il consumatore nel corso dei lunghi anni della recessione sia diventato nomade, quasi un “adultero” seriale in nome di più stringenti budget di spesa. Eppure, oggi che le condizioni economiche delle famiglie sono in lento miglioramento, appare più evidente il cambiamento nelle metriche di scelta degli italiani. Innanzitutto, contano sempre meno i classici canali di comunicazione con il consumatore ed i contenuti immateriali del prodotto. La pubblicità, la marca, le promozioni lasciano sempre più spazio all’informazione orizzontale che si diffonde soprattutto tramite web e social media. Consigli e recensioni che per quella via vengono da persone fidate o da “guru” della rete, da medici o chef stellati, da opinionisti che si sono costruiti una reputazione a suon di migliaia di like o di visualizzazioni”.

E’ quanto mai attuale la suggestione di Toni Muzi Falconi di considerare l’organizzazione, qualsiasi organizzazione, come il Dio Giano. La produzione e la narrazione divengono inseparabili e la governance non può non tenerne conto. Insomma una scelta industriale o politica non può essere presa senza considerarne tutti gli aspetti e l’impatto della comunicazione. Un’indicazione contenuta già nel Terzo King Report, in cui lo studioso Sudafricano profetizzava la necessità di portare le scelte di comunicazione in seno al Consiglio d’Amministrazione.

Investire sui giovani

Diversamente dalla direzione intrapresa dal nostro Paese negli ultimi anni c’è solo un modo per invertire la tendenza: investire sui giovani. E’ la grande sfida anche della comunicazione e delle relazioni pubbliche. Secondo il Rapporto Coop l’unica speranza per l’Italia di uscire dalla crisi.

“Siamo pronti a raccogliere la sfida dei nuovi consumatori italiani. Innoviamo in termini di prodotto (è in fase di lancio il nuovo prodotto a marchio),  innoviamo in format (dopo aver colto con successo la sfida di Expo, il Supermercato del Futuro diventa realtà a Milano zona Bicocca con un’apertura prevista a fine anno). Intendiamo mantenere la leadership in Italia, confermando l’impegno benché oneroso nel sud del nostro Paese e in contesti non redditizi, ma abbiamo mosso i primi passi anche sulle rotte internazionali. Siamo una rete di imprese cooperative e intendiamo accentuare la nostra distintività. Di fronte ai dati economici non favorevoli e in previsione di una imminente Legge di Stabilità chiediamo al Governo da un lato di evitare azioni repressive su consumi comunque in difficoltà (un intervento di aumento dell’Iva sarebbe una catastrofe) e dall’altro di varare con coraggio un insieme di azioni concrete a sostegno dei giovani che diminuiscano l’attuale drammatico divario generazionale. Investire sulle giovani generazioni è un segnale di futuro”.
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