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Sempre più green: il futuro sostenibile della comunicazione

28/04/2016

Simonetta Lombardo

A fronte dell’effetto Expo, che ha reso aziende e cittadini più sensibili a tematiche ambientali, va ripensata la comunicazione che deve puntare al coinvolgimento, al divertimento e alla partecipazione dell’opinione pubblica. Questi i temi centrali del Corso organizzato da Ferpi, a cura di Simonetta Blasi e Simonetta Lombardo in programma il prossimo 13 maggio a Roma.

 

In tempi di crisi economica, la sostenibilità pare sorprendentemente essersi trasformata in un asset irrinunciabile. A pensarla così non solo le imprese ‘core green’ – quelle che mettono prodotti ecocompatibili al centro del loro business – e ‘go green’ – le aziende che si stanno muovendo in direzione di produzioni e processi rispettosi dell’ambiente -  ma i cittadini. Nell’ultimo anno la percentuale di italiani convinti che della sostenibilità non si possa fare a meno anche e forse soprattutto in tempi di vacche magre è salita dal 27% al 37%, un aumento tanto consistente da far parlare di un vero e proprio “effetto Expo”. A raccontare questo balzo in avanti, l’Osservatorio Nazionale sullo stile di vita sostenibile, un’indagine qualitativa condotta congiuntamente da LifeGate e dall’istituto di ricerca sociale Eumetra Monterosa, giunta alla seconda edizione.

Da anni ormai i sondaggi rivelano la presenza di quote crescenti di consumatori europei che si dicono sensibili alle tematiche ambientali. Interessante, nella ricerca condotta dall’Osservatorio, proprio la possibilità di un approfondimento sulla comprensione stessa dei vocaboli della sostenibilità. Cinque punti percentuali marcano la differenza tra il pre-Expo e il post sul livello di dimestichezza con parole come sviluppo sostenibile, sostenibilità ambientale, energia sostenibile, sostenibilità sociale, sostenibilità economica, mobilità sostenibile, città sostenibile, turismo sostenibile, alimentazione sostenibile e casa sostenibile. “L’energia rinnovabile è il concetto più popolare, con il 40% del campione che ne ha sentito parlare e saprebbe descriverne il significato (+8% rispetto alla prima edizione dell’Osservatorio”), si legge nella presentazione della ricerca.

Dati che stimolano i comunicatori a porsi domande sul ruolo che i grandi eventi hanno – in senso sia negativo che positivo – sulla percezione di temi eticamente importanti. Expo ha messo in movimento grandi quantità di investimenti, e questi investimenti hanno probabilmente generato anche informazioni e conoscenze. A prevalere, sulle polemiche che pure si sono susseguite e che con tutta probabilità continueranno nei prossimi mesi, è stato l’aspetto della comunicazione attiva e positiva, quella di una grande kermesse popolare. La comunicazione è quindi riuscita a parlare alla pancia del pubblico, direttamente coinvolto e non, una volta tanto non spingendo sul tasto più immediato della ‘paura’ ma evidentemente misurandosi con sentimenti come coinvolgimento, divertimento, partecipazione.

Da diverso tempo chi si occupa di comunicazione ambientale in senso vasto si trova nella forbice della scelta tra correttezza del messaggio ed efficacia della drammatizzazione. L’ambiente, soprattutto a livello di informazione, è direttamente recepito e accettato in quanto elemento di narrativa della catastrofe e direttamente legato a racconti millenaristi: il cambiamento climatico, soprattutto, appare e viene descritto come una moderna apocalisse. Ma il racconto che per coinvolgere alza i toni pare aver perso la sua efficacia: la predizione – seppure ampiamente verificata e veritiera – appare tanto grande, violenta e preoccupante da necessitare da parte di chi ascolta di una pausa nell’attenzione, una distrazione, se non un vero e proprio allontanamento. I comunicatori di ambiente hanno imparato a temere quest’effetto, l’effetto del “non sono in grado di occuparmene, quindi preferisco ignorare” che in un certo senso guida il sentiment dell’opinione pubblica su temi così ingestibili, sia a livello di azione che a livello di comprensione, nell’ultimo decennio.

Di fatto, il ruolo di Cassandra– sempre tenendo a mente che Cassandra aveva ragione e bene avrebbero fatto i Troiani a darle retta prima che la loro città finisse bruciata – che la comunicazione ambientale si è assunta a partire dagli anni Ottanta ha probabilmente fatto il suo tempo. L’allarme non funziona più in quanto tale, almeno non come tasto predefinito della scelta del mood. A cambiare sono stati in questi 30 anni anche i protagonisti e gli emittenti della comunicazione green; nel ‘900 la parte del leone era fatta dalle associazioni e dalle organizzazioni - a cominciare dai partiti verdi europei- che hanno di fatto posto il tema all’ordine del giorno, da alcuni grandi organismi internazionali e da una pare avvertita del mondo scientifico. Oggi una frazione consistente della green communication proviene da aziende e associazioni di impresa, fondazioni economiche, ed è tema ritualmente ricorrente di gran parte delle formazioni politiche. Una percentuale ampia di questa comunicazione si può senza dubbio far rientrare nella categoria dell’ormai conosciutissimo greenwashing, il lavarsi l’immagine se non la coscienza di gruppi che potrebbero prendere ben altri impegni sia sul piano ambientale che sociale.

Anche il greenwashing però comunica e fa opinione. Possiamo non credere – anzi cinicamente alzare un sopracciglio – alla pretesa di un colosso dell’auto di fornire un motore che rispetta le farfalle o un freno apposito per permettere l’attraversamento della strada a una simpatica lumaca. Ma sta di fatto che i costruttori di auto, uno dei principali driver dell’inquinamento, dei danni sanitari e della difficile vivibilità delle città, se vogliono rendere accettabili i loro prodotti devono passare sotto le forche caudine di quella che oggi ha assunto l’aspetto di una ‘moda’. Una moda che proprio in quanto tale fa opinione e contribuisce a costruire la sensibilità della pubblica opinione in un affascinante intrecciarsi di vero e falso.

In questo contesto, a evolvere deve appunto essere la cassetta degli attrezzi di chi si occupa di comunicazione ambientale: un neanche troppo piccolo manipolo di cui fanno parte le agenzie specializzate, ma anche i comunicatori delle associazioni, delle aziende e dei gruppi di pressione e anche delle organizzazioni internazionali.

Queste tematiche verranno affrontate in occasione della giornata di formazione organizzata dalla Commissione di Aggiornamento e Specializzazione Professionale (CASP) di Ferpi “Green Different. Le risorse, le politiche, le relazioni che fanno la differenza per il futuro sostenibile dell’impresa” che si svolgerà il 13 maggio a Roma dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Il Corso a cura di Simonetta Blasi, Pubblicitaria Professionista e Socio Ferpi e Simonetta Lombardo, Giornalista professionista e ambientalista, già coordinatrice della comunicazione della prima Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici del 2007 e consulente del Ministero dell’Ambiente per la comunicazione sul clima, si propone di stimolare una riflessione articolata sulla green economy e sul ruolo strategico che ambiente, innovazione e comunicazione giocano nel futuro del Paese, offrendo spunti e strumenti utili a ripensare la propria visibilità in una logica integrata tra informazione e comunicazione, mirata a valorizzare un approccio (eco)sostenibile.

Per parafrasare l’indimenticabile scritta sulla maglietta di Madonna, “Gli italiani lo fanno meglio”, i comunicatori che vogliano efficacemente far parlare di ambiente lo devono fare – il più possibile e quando è possibile – sexy, divertente, personale. Oppure devono avere a disposizione un evento vitalista e popolare da 2 miliardi e mezzo di euro, com’è stato Expo 2015. A quanto pare, la scelta è obbligata.

L’incontro formativo è rivolto professionisti, manager, consulenti, giornalisti, Soci Ferpi e iscritti esterni interessati al tema e darà diritto al riconoscimento di 100 crediti ai soci Ferpi ai fini della qualificazione professionale.

Per esigenze di natura organizzativa e logistica, il seminario si svolgerà solo al raggiungimento di un numero minimo di iscritti.

Per ulteriori informazioni e iscrizioni: casp@ferpi.it

 

 

 

 
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