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Lo spin doctor di Dio

26/01/2011

La Chiesa non è solo una questione di fede: è una formidabile macchina di comunicazione che parla a nome di Dio. Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato il primo pontificato mediatico della storia. A dirigere abilmente il successo del Papa più amato di sempre, un fuoriclasse della comunicazione: _Joaquìn Navarro-Valls._

di Gabriele Cazzulini
Nel nome del Padre, del Figlio e… della Comunicazione Santa. Della serie: gli spin-doctors lavorano anche per Dio. Perché la Chiesa non è solo una questione di fede. E’ una formidabile macchina di comunicazione che parla a nome di Dio. Sbagliare il messaggio è un.. peccato.
Il più antico potere dell’umanità. Un patrimonio incalcolabile. Milioni di membri. Una struttura di potere che ha sfidato due millenni e ha vinto. Più forte dell’impero di Roma, più griffata di Apple, più eterna di Andreotti. Ecco la Chiesa cattolica. Quindi, anzi “ergo”, dato che il latino è un “must”, il valore assoluto della comunicazione della Chiesa. In pratica pensare alla comunicazione ecclesiastica è un po’ come pensare ad un’azienda che si auto-proclama unico intermediario di Dio. Fare comunicazione della Chiesa è essenzialmente fare comunicazione di Dio. Ecco perché negli ultimi decenni, specialmente dal pontificato del beato Giovanni Paolo II, la Chiesa è diventata sempre più una forza mediatica planetaria. Ma non è stato un miracolo. E’ stato, anche, il frutto del duro lavoro di un fuoriclasse dello spindoctoring che, come sempre in questi casi, non era nato per fare questo lavoro, per curare cioè le parole, quanto piuttosto per curare le menti.
Joaquìn Navarro-Valls, nato nel 1936 nella Castiglia spagnola, si fa subito notare per le sue nobili fattezze da hidalgo. In gioventù si lascia tentare dalla Corrida, ama il tango ma aderisce all’Opus Dei e fa voto di castità. Imbocca la serissima professione medica ma è appassionato di giornalismo e comunicazione. A leggere il suo profilo, sembra di leggere una versione ridotta di Dr. Jekyll e Mr. Hide: da una parte una brillante carriera in medicina; dall’altra un’incredibile vocazione per la comunicazione. Chi è veramente Navarro-Valls? La risposta decisiva arriva nel 1984, quando papa Giovanni Paolo II lo nomina direttore dell’Ufficio Stampa della Santa Sede. E’ l’inizio del primo pontificato mediatico nella storia del Vaticano.
Il crollo del muro di Berlino, le Giornate Mondiali della Gioventù, i viaggi in Terra Santa e a Cuba, il Giubileo del 2000: non solo grandi eventi religiosi, ma grandissimi eventi mediatici da “one man show”. Lui in primo piano, Giovanni Paolo II. Ma lui nel backstage informativo, Navarro-Valls. Come un ottimo direttore d’orchestra, Navarro-Valls dirigeva all’uniscono giornali, radio e televisioni che trasmettevano l’unica, granitica immagine di un Papa adorato, rispettato, desiderato.
Eppure non erano anni totalmente limpidi per il Vaticano. Gli scandali finanziari del cardinale Marcinkus, la scomparsa di Emanuela Orlandi, il triplice omicidio-suicidio del capitano delle Guardie Svizzere, di sua moglie e dell’amante di lei, le fughe di notizie catastrofiche sulle condizioni di salute del Papa. Ma la sua etica di ferro, insieme ad una spregiudicata capacità di estinguere alla velocità della luce ogni possibile focolaio crisi, facevano di Navarro-Valls il perfetto spin-doctor in completo grigio e basso profilo, un professionista della salute del corpo e della comunicazione.
Dopo di lui il diluvio. Dopo Navarro-Valls, che smonta dal suo incarico nel luglio 2006, il nuovo pontefice, Benedetto XVI, inizia la sua carriera sotto due condizioni avverse. La prima è la totale carenza di carisma. Sarà pure un teologo con le palle quadrate, ma in fatto di personalità Benedetto XVI è lontano anni luce dal suo predecessore. La seconda è sostituire Navarro-Valls e sostituirlo con Padre Federico Lombardi, che era il responsabile di Radio Vaticana nonché nipote di quel Riccardo ribattezzato “il microfono di Dio”. E’ un uomo d’apparto, un fedelissimo bastone del Papa. Ma non è uno stratega della comunicazione.
Secondo il vangelo di ogni spin-doctor, esiste solo il successo. Altrimenti ci sono solo guai. Infatti Benedetto XVI, in soli cinque anni di pontificato, ha già stabilito un primato di clamorosi errori nella sua comunicazione. Dal discorso di Ratisbona, in cui l’Islam veniva blandito come una religione di violenza, alle parole contro il preservativo, fino all’esplodere dei casi di pedofilia dei sacerdoti.
La Chiesa di questo papa bavarese, dal nome aspro e gutturale, ha sposato Internet, va su Youtube, ha le sue belle applicazioni religiose per Iphone. Ma si è perso l’amore popolare per il pontefice, che invece al tempo del papa polacco andavano oltre le mura di qualunque chiesa. Navarro-Valls aveva fatto del Papa un messaggio continuo. Ora invece la comunicazione della Chiesa è una continua difesa da attacchi che provengono da molte, troppe direzioni.
L’ortodossia teologica è il pallino di Benedetto XVI, che vuole mettere ordine nel pericoloso sincretismo culturale sollevato dal ciclone-Wojtyla. Papa-boys, “volemose-bene”, le folle oceaniche. Nein! E’ troppo per un tranquillo curato tedesco educato all’ordine e alla sobrietà. Ma il Papa è un personaggio e una potenza globale. E deve comunicare “urbi et orbi”. Coraggio, Santità, assuma un vero spin-doctor – potrà fare… miracoli.

Tratto da Spinning Politics

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