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Ad ogni nuova disintermediazione fa seguito sempre una nuova mediazione

18/09/2023

Gloria Galluzzi e Giuseppe de Lucia

Torna la rubrica #FERPISideChat, con un ospite d’eccezione: Claudio Velardi, Presidente di FOR – Fondazione Ottimisti e Razionali, intervistato da Gloria Galluzzi e Giuseppe de Lucia.

Sono passati 8 anni dall’ ultima intervista che hai rilasciato a FERPI: un tempo relativamente lungo durante il quale sono accaduti molti eventi importanti. Come è cambiata e come si è evoluta la professione del lobbista in virtù del mutato contesto sociale ed economico, non in ultimo con il lungo periodo di pandemia?

Partiamo da un assunto, in questi anni la disintermediazione è certamente cresciuta soprattutto a fronte di una crisi delle strutture tradizionali della politica: visto che fai riferimento al 2015, all’epoca era in enorme crescita il fenomeno grillino, e si preparava il boom del 2018, che ha avuto una rilevanza mai raggiunta da nessuna iniziativa “populista” precedente.
Il punto è che ad ogni nuova disintermediazione fa seguito sempre una nuova mediazione, questo bisogna saperlo, ed è infatti ciò quello che successo ai grillini, che sono nati con l’obiettivo di disintermediare, poi sono diventati loro stessi  mediatori dentro il sistema e ne hanno pagato il prezzo. Succede sempre così nel panorama politico.
Viceversa, i lobbisti in tale contesto non sono disintermediatori ma veri, solidi mediatori su base professionale. Ed è un ruolo che aumenta in maniera esponenziale con la crisi delle mediazioni tradizionali della politica.
In questo senso, proprio a causa della crisi della politica, è cresciuto lo sdoganamento della professione del lobbista nella coscienza pubblica. Talvolta siamo più noi lobbisti a preoccuparci di non veder riconosciuta la centralità della nostra professione, bella e nobile. Dobbiamo scrollarci di dosso ogni timidezza!!

Rapporto tra le lobby media ed editori: Quali sono le sfide di questa collaborazione e come si è modificata nel tempo alla luce di un non sempre evidente ma sostanziale mutamento dei media da funzione di informazione a quella di posizionamento? 

Partiamo da un dato: nonostante i media tradizionali siano sempre più in crisi e si vendono sempre meno giornali, nascono sempre più quotidiani e ci sono sempre più editori - o supposti tali - che decidono di investire nel settore. Viene certo facile domandarsi come sia possibile.
La ragione è semplice: i giornali sono strumenti di lobby e di pressione sui decisori anche se, a differenza dei professionisti del settore, vivono una condizione di privilegio. Fanno - tutti -  lobbying ma il loro mestiere conserva ancora un’aura falsa, ottocentesca, di informazione “autonoma”, che non subisce alcuna pressione e non lavora se non nell’interesse del lettore. È chiaramente una sciocchezza.
Sono i media mainstream che definiscono l’agenda setting del sistema, portando all’attenzione della opinione pubblica temi che altrimenti sarebbero attenzionati molto meno o non lo sarebbero affatto.
Sarebbe proprio necessario squarciare il velo dell’ipocrisia. Anche i giornalisti fanno un bellissimo mestiere, ma non vengano a raccontarci che lo fanno sulla base di sacri principi e non di interessi che - per un motivo o per un altro - intendono portare avanti. 

Ragionando sul tema della trasparenza e della regolamentazione: sono questi gli strumenti necessari per garantire che l’attività sia riconosciuta ai fini del processo di policy maker? La trasparenza è un tema reale per il miglioramento della funzione del lobbista o la regolamentazione è solo esercizio di stile, insomma è qualcosa di cui abbiamo veramente bisogno?

La regolamentazione, per essere tale, prevede che soggetti operanti una determinata attività siano identificabili.  È giusto che questo principio valga per la rappresentanza degli interessi,  creando uno strumento come il registro dei lobbisti, utile ad assicurare la trasparenza nell’esercizio della professione. 
Ma il metodo della trasparenza deve essere reciproco, deve riguardare sia il lobbista che il decisore. L’essenziale - senza ovviamente entrare nel merito delle interlocuzioni che avvengono - è che si riconosca il valore dell’attività del lobbista nell’elaborazione delle politiche pubbliche, e che il decisore risponda pubblicamente e tempestivamente sulle sue interlocuzioni con i rappresentanti di interesse.
Anche qui, diciamolo con nettezza: noi professionisti del settore dobbiamo rivendicare sempre più apertamente il nostro ruolo nel policy making, non dobbiamo avere timori nel rivendicare il nostro ruolo nel policy making. Senza presunzione, ma con consapevolezza.

Siamo riusciti in questi ultimi 10 anni a modificare la narrazione distorta che si aveva rispetto la professione del lobbista? Siamo riusciti a raccontare meglio la nostra professione all’esterno?

Sì, al netto di alcune timidezze o preoccupazioni da parte della generazione senior, vedo nei giovani molta fierezza nell’esercitare questa meravigliosa professione. Si sta facendo avanti una nuova generazione di professionisti che, con alle spalle importanti processi di formazione e studio universitari, è capace di raccontare sé stessa e la propria scelta con una fierezza che ha già favorito e sempre più aiuterà il totale processo di sdoganamento di questa attività.

Rispetto al passato, il confine tra destra e sinistra nel nostro Paese è certamente più labile. Come può orientarsi il lobbista in un contesto politico così “sfumato”?

Con una battuta direi che questa è la condizione ideale per un lobbista! Il mare in cui nuota meglio il lobbista è proprio quello del superamento delle ideologie, proprio perché il suo agire non è ideologico ma entra nel merito delle questioni operando scelte che sono utili non solo ai soggetti che rappresenta, ma a favore di tutto il Sistema. 
Se il decisore non si trincera dietro steccati ideologici, è più facile che l’incontro tra gli interessi avvenga su un terreno fecondo e positivo, sviluppando sempre una logica di dialogo. D’altronde, se il lobbista arriva al risultato di far incontrare le ragioni dell’interesse particolare che rappresenta con le ragioni generali del sistema, raggiunge davvero l’obiettivo massimo che si può sperare. Per la nostra professione e per il miglioramento del sistema. 




Claudio Velardi
Presidente Fondazione Ottimisti&Razionali

Nato a Napoli è sposato con due figli. Sua madre era un’insegnante di piano e suo padre un piccolo editore: forse è per questo che ama così tanto la musica e i libri. È giornalista professionista. Si è dedicato al mondo delle relazioni istituzionali dopo una lunga attività politica (Segretario del PCI in Basilicata, capo dell’Ufficio Stampa del gruppo PDS alla Camera dei Deputati, Consigliere politico del Premier Massimo D’Alema). E’ stato anche Direttore marketing editoriale dell’Unità. Nel 2000 fonda Reti, società di lobbying e public affairs. Nel 2001 crea Running, prima società di comunicazione e formazione politica. Nel 2002 fonda il giornale Il Riformista. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui “La città porosa” (1992), “Communis patria” (1993), “L’anno che doveva cambiare l’Italia” (2007), “Come si cambia” (2020), “Impressioni di settembre” (2022). Dal 2008 al 2009 è stato Assessore al Turismo e alla Cultura della Regione Campania. Nel 2014 ha fondato il magazine Il Rottamatore.
Nel 2016 promuove la Fondazione Ottimisti&Razionali (www.ottimistierazionali.it), che svolge ricerche in campo economico, sociale e culturale, con l'obiettivo di contrastare luoghi comuni, false informazioni e bias comunicativi.
È professore straordinario di Sociologia della Comunicazione presso la Link Campus University. Insegna a contratto comunicazione e lobbying presso la Luiss.

 

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