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L'associazione comunicazione pubblica contro gli ordini professionali!

29/11/2005

Un commento di Toni Muzi Falconi

Interessante la presa di posizione dell'associazione comunicatori pubblici a sostengo delle tesi di Catricalà per la liberalizzazione delle professioni. Vale anche per l'ordine dei giornalisti di cui Gavazzi ha chiesto l'abrogazione dalla prima pagina del Corriere? Se la risposta fosse positiva, forse ci avviciniamo dopo cinque anni a riconoscere che la 150, almeno nel suo articolo 9, e' corporativa?Ecco il testo della dichiarazione dell'associazione:
La Riforma delle professioni è necessaria: l'Antitrust boccia gli OrdiniL'Antitrust boccia gli Ordini professionali italiani. Nessun appello: sono davvero troppi e in molti casi ingiustificati i privilegi previsti. Privilegi che imbrigliano la concorrenza, distorcono le regole del mercato transnazionale e creano danno ai consumatori e ai cittadini.Il monito del Garante è espresso nero su bianco in una relazione resa pubblica una decina di giorni fa, frutto di un lavoro durato due anni, basato su numerosi incontri con i rappresentanti degli Ordini proprio per analizzare le situazioni specifiche in cui viene a mancare la proporzionalità tra la tutela dell'interesse pubblico e i limiti al mercato, troppo spesso imposti solo per mascherare rendite di posizione.Ancora una volta piovono critiche a un sistema  ipergarantito: alcuni codici deontologici, secondo il Garante, contengono disposizioni che rendono la concorrenza un disvalore e niente di più. Gli Ordini oggi sono solo roccaforti di privilegi mentre dovrebbero essere uno strumento per "promuovere la formazione e per vigilare sulla correttezza dei comportamenti degli iscritti".Insomma la conclusione è chiara: la riforma delle professioni è necessaria per aggiustare un sistema troppo orientato a tutelare posizioni conservative. Il ripensamento degli Ordini deve seguire il principio per cui il legislatore ha il potere di disapplicare le norme nazionali quando queste violano apertamente i principi di concorrenza del diritto comunitario.Ma non è solo questione di tutela della concorrenza e di rispetto della normativa comunitaria in materia di libero mercato. Si tratta anche della necessità di rendere meno rigido un sistema molto chiuso, che sbarra l'accesso e crea danni al settore pubblico e ai consumatori. Non a caso i comunicatori pubblici richiedono il riconoscimento di un profilo professionale, non di un Albo vero e proprio. La posizione scelta dall'Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale - come ribadito in diverse sedi e in altri editoriali - è il linea con il Colap: sostanziale adesione all'ipotesi di una certificazione, ma chiusura verso la nascita di nuovi Ordini che finiscono per irrigidire le professioni in dannose chiusure corporative.Pieno consenso, quindi, alle conclusioni del rapporto presentato dal Garante: la riforma delle professioni è ormai "improcrastinabie".
(tmf)
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