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Reporting, una giungla da armonizzare

09/06/2016

Carrots & Sticks, report da poco pubblicato da Kpmg, Gri, Unep e Centre for corporate governance in Africa, scatta un’articolata fotografia sui trend globali della regolamentazione e delle policy sulla rendicontazione della sostenibilità, lanciando la sfida su coordinamento e armonizzazione.

Tra standard, regolamentazioni e linee guida sono ben 383 gli strumenti di reporting esistenti in 64 Paesi. Un numero che è cresciuto considerevolmente negli ultimi tre anni. Nel 2013 erano 180 in 44 Paesi. Si tratta di una media di 6 strumenti per Paese contro i 4,1 precedenti, che si articola sia tra strumenti obbligatori sia volontari. Lo rileva il report triennale “Carrots & Sticks. Global trends in sustainability reporting regulation and policy” da poco pubblicato da KpmgGriUnep e Centre for corporate governance in Africa, che scatta un’articolata fotografia sui trend globali della regolamentazione e delle policy sulla rendicontazione della sostenibilità.

«Questo trend al rialzo – rileva il report – è supportato dalla circostanza che la maggiorate dei nuovi strumenti identificati nel 2016 (circa il 70%) sono in Paesi che erano già inclusi nel monitoraggio del 2013». Risultati che hanno sicuramente una prima lettura positiva: il dato, rileva lo studio, è «incoraggiante se si pensa che solo dieci anni fa questi strumenti erano l’eccezione piuttosto che la regola» e riflette un «ammirabile sforzo da parte dei governi, dei regolatori, delle Borse e degli altri soggetti nell’implementare policy di rendicontazione della sostenibilità attraverso la regolamentazione, le linee guida e altri strumenti». Allo stesso tempo, il grande numero e varietà di strumenti pone anche delle sfide nello sviluppo di soluzioni di rendicontazione efficaci.

Europa alla guida

Il report passa in rassegna cinque tipologie di strumenti di reporting: le regolamentazioni obbligatorie o volontarie emesse da governi, regolatori finanziari o Borse; gli strumenti di autoregolamentazione emessi dalle organizzazioni per i loro associati o comunità di riferimento; requisiti, linee guida o raccomandazioni per la rendicontazione su specifici aspetti (come le emissioni di gas serra) o settori (per esempio il minerario); linee guida volontarie e standard per il reporting; standard per la verifica esterna dei dati.

I driver chiave dietro la crescita di questi strumenti sono l’attivismo di Europa, dell’area Asia Pacifico e dell’America Latina, l’aumento degli approcci “comply or explain” e delle iniziative dei regolatori dei mercati finanziari e delle Borse. In particolare l’Europa si distingue per numero complessivo di strumenti che nel 2016 sono saliti a 155 contro gli 80 del 2013. Una crescita che si spiega anche con l’impatto della Direttiva non financial (alcuni nuovi strumenti sono infatti legati al recepimento di questa normativa) e con l’introduzione di strumenti che si focalizzano sul rischio ambientale (in tema di efficienza energetica e di emissioni di gas serra per esempio) e con iniziative legate alla protezione dei diritti umani nelle catena di fornitura globali.

A livello mondiale la maggior parte degli strumenti (2/3) è obbligatoria ma si sta sperimentando una forte crescita di quelli volontari. Complessivamente, uno su dieci adotta un approccio “comply ori explain” (è soprattutto il caso delle iniziative delle Borse). I governi sono i più attivi (223 strumenti): l’80% dei Paesi studiati dalla ricerca ha infatti introdotto una qualche forma di strumento di rendicontazione della sostenibilità a livello normativo. Ma non significa che per questo si tratti di strumenti obbligatori. Più di un quarto (56) sono infatti volontari: è il caso, riferisce per esempio lo studio, del Chilean action plan on corporate social responsibility 2015-2018, oppure del South korean five year sustainable development action plan. Il report fornisce qui uno spaccato interessante dei dipartimenti più attivi a livello governativo: la maggior parte delle iniziative arriva dall’Ambiente, seguito dal dipartimento sul Business, commercio e industria, e poi da quello delle Finanze.

Il secondo soggetto più attivo sono i regolatori dei mercati finanziari e le Borse che rispetto al 2013 hanno quasi raddoppiato il numero di strumenti emessi (44 nel 2016) e che spesso si focalizzano su specifici attori, come i fondi pensione e le banche. Da notare, sottolinea il report,che sono le Borse for-profit (l’altra categoria è quella delle Borse governative o non-profit) che «tendono a essere più attive nell’introduzione di requisiti di quotazione legati agli Esg».

Quasi la metà degli strumenti si rivolge solo alle grandi società mentre un 40% si applica a tutte le aziende, senza distinzione di dimensioni o settore mentre la parte restante si focalizza su alcune categorie come le società a partecipazione statale. I comparti su cui il focus è maggiore sono l’industria pesante e i servizi finanziari. Infine, l’analisi passa in rassegna le indicazioni legate alle modalità di disclosure da parte delle società (annual report, report di sostenibilità, etc) e fa il punto sull’attenzione degli strumenti a specifici fattori ambientali e sociali (scarica il report per approfondire tutti i risultati).

Prossimo step: armonizzare

Allo stesso tempo però il quadro dipinto dal report è uno scenario frammentato in rapida crescita che aumenta di complessità. E che pone delle sfide. «Una certa duplicazione e sovrapposizione è inevitabile», rileva lo studio indicando nell’allineamento e nell’armonizzazione gli obiettivi chiave futuri per i governi, i regolatori, le Borse e tutti gli altri soggetti coinvolti. «Se il trend va nella giusta direzione – spiega il report – un importante prossimo passo per gli organi che emanano gli strumenti di reporting è focalizzarsi sul coordinamento e sull’armonizzazione. Il che richiederà maggiori livelli di collaborazione e impegni comuni tra questi organismi». L’ampio spettro di temi trattati dagli strumenti solleva infatti interrogativi sull’esigenza di dare priorità e di focalizzarsi sugli aspetti materiali. Allo stesso tempo, conclude la ricerca, la fotografia quantitativa lascia aperti altri importanti interrogativi che dovranno essere esplorati. Quanto efficaci sono questi strumenti? I governi sono riusciti nei loro intenti? Quanto valore ha l’informazione richiesta nel migliorare la trasparenza e la rendicontazione? E ancora, fino a che punto il reporting ci porta più vicini al mondo sostenibile concepito con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile?

 

Fonte: ETicaNews
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