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Comunicare l'Europa: il convegno di Genova e il contributo offerto dalla FERPI

15/11/2005

Di Fabio Bistoncini

Lo scorso mercoledì (9 novembre) si è svolto a Genova un interessante e autorevole convegno sul tema "Comunicare l'Europa", organizzato dal Centro Europa e dall'Antenna Europa Direct.Obiettivo del Convegno era quella di analizzare il "piano D per la Democrazia, il Dialogo e il Dibattito" della Commissione europea e raccogliere i punti di vista delle amministrazioni pubbliche e delle associazioni.Dopo il saluto di Anna Castellano, assessore alla Comunicazione e Promozione della Città del Comune di Genova, i lavori, introdotti da Carlotta Gualco, direttore del Centro In Europa, sono iniziati con la relazione di Massimo Gaudina, della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, che ha esposto il percorso che ha portato all'elaborazione del Piano D.Il sottoscritto, grazie all'interessamento del referente territoriale Sabina Alzona, ha avuto modo di partecipare e di offrire il contributo della nostra Federazione.Il primo aspetto da sottolineare e da apprezzare è il cambio di rotta impresso dalla Commissione in tema di comunicazione. Un cambiamento forse tardivo, che trae origine:- dalla constatazione che tutti gli indicatori di Eurobarometro (fiducia, immagine, valore di appartenenza all'Unione) sono in costante calo;- dal notevole incremento del tasso di astensionismo alle ultime elezioni per il Parlamento Europeo;- dalla bocciatura del testo della Convenzione europea nei referendum di Francia e Olanda.Tutti segnali che indicavano come fosse necessaria una risposta forte e diversa rispetto alle politiche di comunicazione elaborate anche nel recente passato.l Piano D rappresenta la sintesi di questo sforzo e soprattutto il punto di partenza di una campagna di ascolto di istituzioni, organizzazioni complesse, associazioni, singoli cittadini dell'Unione.
Il mio intervento non è stato incentrato sulle "tecniche" o sugli strumenti di comunicazione individuati nel piano ma soprattutto sui contenuti e sul metodo.Partiamo da quest'ultimo.Lo diciamo ai nostri clienti, lo affermiamo nelle aule di formazione o nelle università: la comunicazione nasce dall'ascolto, dalla capacità cioè di raccogliere spunti e contributi che possano determinare politiche, strategie e messaggi coerenti con l'identità e gli obiettivi dell'organizzazione che vuole comunicare.Ad oggi l'Europa (meglio le istituzioni che la compongono) da questo punto di vista ha ascoltato (e quindi) comunicato poco e male.Per utilizzare il tema oggetto del WPRF di Trieste l'Europa si è limitata a "comunicare a".Non solo, ma spesso la comunicazione è stata mediata (e in molti casi espropriata) dalle singole istituzioni nazionali o, in molti casi, dai soggetti che partecipano alla competizione politica (associazioni, movimenti e, ovviamente, partiti) che hanno utilizzato le posizioni assunte dalle Istituzioni europee come strumento del proprio agire politico.
Si pensi, nel nostro Paese, al famoso tema dell'introduzione dell'euro o del (mancato) rispetto dei parametri economici fissati a Maastricht.Non sorprende dunque che il cittadino europeo perda fiducia, senta le istituzioni europee e le politiche da queste derivanti, come un qualcosa di astratto e lontano o peggio penalizzante.Il metodo indicato dal piano D e cioè ripartire dall'ascolto è l'unica strada possibile per riuscire a comunicare "con" i cittadini europei.
Ovviamente il metodo non basta, servono i contenuti.A mio avviso si sono persi per strada, in questi anni, i grandi valori che stanno alla base della creazione dell'Unione.Troppo spesso sono stati comunicati gli aspetti tecnico/legislativi della partecipazione al processo di unificazione europea (i già ricordati parametri economici del Patto, ma pensiamo anche alla ridefinizione della Politica Agricola Comunitaria, ecc.).E quando con la Convenzione europea si è di nuovo cominciato a ridiscutere di valori, a causa del "silenzio" delle Istituzioni comunitarie, il dibattito mediatico si è incentrato quasi esclusivamente sugli aspetti che dividevano le coscienze (su tutti quello ormai famoso delle "radici cristiane dell'Europa").
Serve invece richiamare più e meglio quei valori unificanti, alcuni dei quali sono indicati nell'Agenda di Lisbona (innovazione e imprenditorialità, riforma del welfare e inclusione sociale, capitale umano e riqualificazione del lavoro, uguali opportunità per il lavoro femminile, liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei prodotti, sviluppo sostenibile) la cui tematizzazione è quanto mai necessaria affinché tutti possano condividere un senso comune di "appartenenza".Comunicare "con" i cittadini europei direttamente, senza eccessive mediazioni delle istituzioni nazionali; comunicare valori e indicare un percorso comune di inclusione delle varie istanze e delle molteplici aspettative che troppo spesso sono state frustrate e deluse.Un percorso ancora molto lungo ma che è già iniziato con un primo importante passaggio.Fabio Bistoncini
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