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I trattori, i deboli e il débat public

08/02/2024

Biagio Oppi

Un ascolto strutturato di tutta la società è sempre più urgente e necessario. Alcune domande aperte.

Un paio di giorni fa, durante la colazione mattutina, mentre scrivevo sullo smartphone mia figlia mi ha detto: "Papà, vinceresti i Mondiali di Ascolto!".

Un pugno allo stomaco. Stava parlandomi da qualche minuto di cose sue e mi ero lasciato distrarre dal telefono, per poi cominciare a scrivere un'email che avrei tranquillamente potuto scrivere più tardi. Con tutte le prediche sull'ascolto organizzativo che faccio a destra e manca, mi sentivo rinfacciare da una bambina di 9 anni il fatto di non ascoltarla.

I trattori

I trattori in marcia per l'Europa sono riusciti a portare al primo posto dell'agenda pubblica, politica e mediatica, il tema dell'agricoltura. Non solo. Sono riusciti a fare cambiare indirizzo alla Commissione Europea, sembra che abbiano trovato l'appoggio (e l'ascolto) di quasi tutti i governi europei, stanno facendo dibattere di temi che più o meno l'opinione pubblica ignorava. Senza entrare nel merito della faccenda, notiamo che sono riusciti a farsi ascoltare.

I più deboli

"I più deboli non riescono a farsi ascoltare"
mi diceva l'altro giorno Don Vinicio Albanesi, fondatore della Comunità di Capodarco. "Nella società dei diritti, che innegabilmente sta migliorando le condizioni di vita di tanti gruppi, c'è però una fascia molto debole che non riesce a farsi ascoltare. Si tratta di tutti coloro che non riescono a reclamare un diritto perché non sono in grado di bloccare le strade, non riescono a fermare i flussi di traffico materiale o immateriale, di tutti quelli che non hanno la voce per farsi sentire: i più giovani, le persone sole, gli anziani, i disabili gravi, le persone fragili, ma anche l'ampia fetta di casalinghe e di quelle categorie meno tutelate (come gli operatori sanitari che non possono interrompere le cure o i servizi)". Don Vinicio ha ragione. Possiamo ascoltare solo chi è in grado di far sentire la propria voce perché ha modo di imporsi, come gli agricoltori con i trattori o i tassisti che bloccano la città? O dobbiamo cercare di ascoltare le voci di tutta la società?

Il débat public

Credo sia un tema importante proprio per i comunicatori e per le relazioni pubbliche. Se riuscissimo a costruire strumenti strutturati di ascolto e di conversazione pubblica, non potremmo migliorare decisamente il livello del dibattito pubblico e renderlo più utile ed efficace? Non sarebbe utile istituire processi più strutturati per permettere alle opinioni pubbliche di discutere pubblicamente i grandi progetti, gli investimenti pubblici, le leggi che dovranno regolamentare la nostra comunità e disegnare il nostro futuro? E in questo caso non saremo anche capaci di ascoltare le fasce più deboli e senza voce? Qualche anno fa si annunciò che l'introduzione anche in Italia del processo di débat public per le grandi opere pubbliche.

Ma è stato introdotto il Débat public? A che punto è? 

Se sì, quale è il ruolo dei comunicatori?


Dovremmo prevederlo anche per grandi temi che riguardano il Paese, come ad esempio la gestione di una popolazione sempre più anziana e sempre meno autosufficiente?

In un contesto di calo drammatico della fiducia nei confronti delle istituzioni, di permacrisi globale e di complessità crescenti, è evidente che un ascolto strutturato di tutta la società sia sempre più urgente e necessario. Da professionisti della comunicazione e dell’ascolto poniamoci queste domande al più presto e – se vi va – cerchiamo di dare qualche risposta concreta.

 

 

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