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Vaticano: la svolta della rendicontazione

04/10/2013

La pubblicazione del primo Report annuale dello IOR, l’Istituto per le Opere di Religione del Vaticano, è un fatto epocale che la dice lunga su quanto sia cambiata la visione delle organizzazioni nel loro rapporto con gli stakeholder.

di Giancarlo Panico
Tra qualche anno il 1° ottobre 2013 sarà ricordato come una data storica da economisti, esperti di governance ma soprattutto dai comunicatori, o meglio da chi s’interessa di Relazioni pubbliche, perché rappresenta una svolta epocale nelle politiche di rendicontazione delle organizzazioni. Qualche giorno fa, infatti, per la prima volta nella sua storia secolare, lo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, cioè la banca del Vaticano, ha reso pubblico il suo primo Report annuale. La notizia non ha avuto l’eco mediatico che meritava, ma i suoi effetti non si lasceranno attendere. Per due ragioni. Innanzitutto perché con la pubblicazione del Report annuale cade un muro, molto più alto e spesso di quello di Berlino, che separava – non solo metaforicamente – il Vaticano dal resto del mondo e, ovviamente, dall’Italia. Un muro fatto di segretezza e opacità, dietro cui si sono intrecciati e celati, per troppi, tanti, decenni, interessi finanziari, economici e politici, su cui, ancora oggi, non si è fatta chiarezza. La seconda ragione è che il Report dello IOR è una conferma di quale sia la strada che le organizzazioni devono percorrere se vogliono costruire un rapporto autentico e trasparente con i propri pubblici: la rendicontazione permanente (e multistakeholder). E la Chiesa mai come in questo periodo ne aveva grande bisogno! … chissà che dietro questa novità non ci sia anche lo zampino di Francesca Chaouqui, la collega, unica italiana, che fa parte della Commissione sull’Organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede, voluta da Papa Francesco.
Il Rapporto Annuale 2012 consta di un’analisi delle operazioni svolte nel 2012, di informazioni sulla
corporate governance e sul contesto legale, di una previsione a livello operativo per il 2013 e del
rendiconto al 31 dicembre 2012, corredato dei dati del 2011 per un più facile confronto. Il rendiconto è stato sottoposto a revisione contabile e redatto in conformità ai principi contabili dell’International
Financial Reporting Standards (IFRS).
E’ un documento completo, di bilancio e di prospettiva, anche se manca di un elemento, oggi considerato fondamentale e presente in tutti i Report di qualità: la definizione delle categorie di stakeholder. Una mancanza, però, in parte colmata dalle parole dell’attuale Presidente del Consiglio di Sovrintendenza e Direttore Generale, Ernst von Freyberg, che ne ha abbozzato un elenco presentando il documento ai giornalisti.
“Con la pubblicazione del nostro Rapporto Annuale – ha affermato von Freyberg – manteniamo fede al nostro impegno di garantire la trasparenza delle nostre attività, rispondendo così alle legittime aspettative della Chiesa Cattolica, dei nostri clienti, delle autorità vaticane, delle nostre banche corrispondenti e del pubblico”.
Non è un Report sviluppato secondo lo schema classico e ormai consolidato e condiviso a livello internazionale, che ci siamo abituati a ritrovare nei bilanci delle grandi imprese, contenuto nelle Linee guida per il Report integrato dell’International Integrated Reporting Council (IIRC), di cui Ferpi in Italia s’è fatta promotrice, ma è un buon punto di partenza e ,nella lingua sobria e istituzionale della Chiesa, comunque, contiene molti più elementi d’interesse di quanti, ad una prima e superficiale lettura, possano apparire.
La pubblicazione del Report annuale dello IOR che potrebbe sembrare un fatto marginale dello Stato Vaticano, dunque, rappresenta uno spartiacque nelle strategie di comunicazione delle organizzazioni, pubbliche, private e sociali. E arriva in un periodo in cui sembrava che della rendicontazione economica, sociale e ambientale non importava più niente a nessuno. Ma è di rilevanza epocale perché diviene uno strumento di valutazione fondamentale per la licenza di operare della Chiesa intesa come organizzazione segnata, in questi ultimi anni, da episodi che ne avevano offuscato, anche in modo pesante, non solo la reputazione ma, anche e soprattutto, il riconoscimento di soggetto super partes maturato nei secoli.
Dunque la pubblicazione del primo Report annuale dello IOR rilancia la pratica della rendicontazione agli stakeholder come primo e più importante elemento di governance nella costruzione e governo delle relazioni.
Ferpi, per prima in Italia, della rendicontazione, come la prima e più importante buona prassi comunicativa, ne ha fatto una battaglia storica cominciata con l’Oscar di Bilancio nel lontano 1954 e proseguita fino ad oggi con la promozione della cultura del One Report, l’integrated reporting che ha avuto un nuovo impulso con il Mandato di Melbourne, in cui la rendicontazione, non solo economica e ambientale, a cui per molti anni siamo stati abituati, ma soprattutto sociale viene indicata come la più importante prassi comunicativa e relazionale per un’organizzazione.
Come aveva ribadito di recente Annamaria Ferrari, Segretario Generale dell’Oscar di Bilancio, “le organizzazioni che investono nella rendicontazione dimostrano di avere una chiara considerazione di un fattore strategico della governance, la comunicazione verso i propri mercati”.
Comunicazione sempre più importante in una società il cui nello spazio pubblico si incontrano e interagiscono quotidianamente le comunità economiche, culturali, sociali e politiche.
Mi auguro che chi voglia confrontarsi con e commentare queste mie considerazioni non si lasci trasportare da facili e scontate critiche alla Chiesa, agli episodi degli ultimi anni o alle persone che la rappresentano, ma colgano il senso da cui nascono e cioè di porre l’attenzione sul fatto – a mio avviso storico – della pubblicazione del Report annuale dello IOR e delle ricadute positive che esso possa avere per le Relazioni pubbliche e il riconoscimento del loro ruolo strategico nella governance delle organizzazioni, di cui la rendicontazione, non solo economica, è una prassi fondamentale.
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