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InspiringPR 2015: il valore della contaminazione

04/06/2015

Giancarlo Panico (su testi raccolti da Stefano Colace ed Enrico Trevi

Per oltre sei ore nei trending topics di Twitter in Italia, al secondo posto dall'inizio alla fine dell’evento, InspiringPR, l’evento promosso da Ferpi e organizzato dalla Delegazione Ferpi Triveneto, ha chiamato a Venezia, lo scorso 30 maggio, una ricca platea di professionisti, pronti a farsi “ispirare”.

“Parliamo di relazioni dove bisogna guardare lontano, dove ascoltare significa provare emozione e la mano è più della somma di cinque dita e serve per fare cose ambiziose. Dove la sharing economy corrisponde all’avere fiducia e condividere emozioni ed esperienze”. Si può sintetizzare nelle parole di Cristiano Nordio, il senso di InspiringPR 2015, un evento unico nel panorama italiano della comunicazione e delle Relazioni pubbliche che si è tenuto a Venezia il 30 maggio scorso. Per più di qualcuno “la Cernobbio” della comunicazione. Luogo d’incontro e di confronto tra comunicatori, innanzitutto, e giornalisti ma anche imprenditori, sociologi, psicologi, esperti di altri settori, professori e ricercatori universitari e studenti. Ma soprattutto luogo d’ispirazione. Dodici speaker, oltre 200 partecipanti provenienti da tutt’Italia, storie, racconti e testimonianze che ruotano attorno alla comunicazione e alle relazioni pubbliche ma che diventano inspirazione per tutti i partecipanti. Tre gli elementi che fanno da filo conduttore - come quello dei gomitoli distribuiti in sala, metafora dell’essere tutti legati – ascolto, innanzitutto, contaminazione e innovazione. E un minimo comun denominatore: le relazioni. Senza dimenticare che al centro di tutto, dell’agire di un’azienda come di una qualsiasi attività, ci sono le persone.

“Sempre di più la comunicazione è relazionale, vuole la persona al centro; la persona, sempre più, vuole essere al centro. La comunicazione non è più solo verso il fruitore ma è intessuta con il fruitore. Valorizzare è mettere la persona al centro” come ha sostenuto Massimiliano Zane in “From Audience Development to Visitor Engagement”. “C’è una differenza tra l’essere social e l’essere sociali. Non basta più avere un account Twitter o Facebook per entrare in relazione. Bisogna trovare un connubio.

Le persone sempre più reclamano un rapporto personale e personalizzato con il brand. L’integrazione del fisical & digital touch influenza l’esperienza del brand. La cultura che non si è adattata al bisogno di personalizzazione viene messa da parte”. Persone e relazioni, relazioni e persone. Un binomio che implica l’ascolto: prima, durante e dopo la relazione.

“Ascoltare non è un atto scontato. Ascoltare diventa sentire una volta che abbiamo percezione. Sentire significa avere una sensazione, essere coinvolti da quello che ascoltiamo” – ha sostenuto Riccardo Scandellari in “Ascoltare, sentire, trasmettere emozioni ed essere ascoltati” – “Ascoltare e sentire sono la stessa cosa ma comportano una cosa: l’ascolto. Che è la cosa più scarsa presente in natura in quanto, per una questione di tempo, siamo costretti a scegliere cosa ascoltare in mezzo al rumore delle cose da cui siamo circondati”

“Quanto siamo capaci di coinvolgere le altre persone e quanto grado di benevolenza abbiamo nei confronti degli altri? Queste due cose sono alla base del lavoro del comunicatore”, ha continuato Scandellari. “L’attenzione, come si desta? L’attenzione – la risorsa più scarsa della terra – è mossa dall’egoismo. Se vuoi avere attenzione devi offrire contenuti emozionali o di valore pratico. Il fulcro della tua comunicazione devono essere le persone e i loro interessi. Il contenuto è qualsiasi cosa, ma due sono quelle fondamentali: pratiche ed emozionali”.

Circa  duecento persone riempiono la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, i professionisti si mescolano spontaneamente agli organizzatori. Mani si incrociano, ci si abbraccia. Si incontrano vecchi amici e si fanno nuove conoscenze. Anche i più timidi, tra speaker, ospiti ed organizzatori, si lasciano coinvolgere nello scambio di opinioni, confronti, semplici chiacchiere. Perché l’ispirazione deriva anche da questo. Dall’incontro, dallo scambio di idee, di prospettive diverse per dare vita a nuovi pensieri. Può servire ad aprire nuove finestre nel nostro pensiero. Nell’intessere relazioni. Nel lasciarsi contaminare e contaminare a nostra volta. A vincere la paura di mettersi in gioco e di rischiare, rischiare di migliorarsi.

Che lo spettacolo (dell’inspirazione) dunque, abbia inizio. Il "la" lo ha dato Mariapaola La Caria, Consigliere Nazionale Ferpi: “Buon divertimento”. E’ stato Filippo Nani, Delegato Ferpi Triveneto, ad aprire le danze propiziatorie per invocare l’ispirazione con un consiglio di “lettura” dell’evento: l’apprendimento percettivo. Com’è possibile cercare il proprio percorso di fronte alla montagna di informazioni, di dati che ci sommerge ogni giorno? Mettendosi in ascolto, non solo al fine di apprendere ma anche di migliorarsi. Poniamoci all’ascolto della società come facevano i pittori con l’arte, cerchiamo di interpretare il quadro generale”.

Ma che cos’è InspiringPR? Lo ha sintetizzato bene il Presidente Ferpi, Patrizia Rutigliano. “InspiringPR è un happening nel quale è imprescindibile la capacità di stravolgere e personalizzare il concept iniziale mettendoci dentro le peculiarità del gruppo che lavora alla realizzazione dell’evento stesso, che lo rende di volta in volta replicabile ma allo stesso tempo unico nel suo genere”.

L’ispirazione per la comunicazione viene da grandi autori del passato come Italo Calvino, riproposto da Franca Grimaldi con un brano tratto da “Un re in ascolto” che ricorda “udire e ascoltare non sono la stessa cosa” e da Alessandro Baricco chiamato in gioco da Donato Vercellone: “se eliminiamo i fatti della realtà, quello che rimane è storytelling”. E poi ci sono le storie delle aziende. Come il Caffè Carbonelli o la Serigrafia Fallani. Per Luca Carbonelli “Non esiste marketing senza contesto sociale. Bisogna ritornare al contesto di senso, differenza, società. Un soggetto acquisisce identità nel momento in cui entra in relazione con un altro, in un determinato contesto. Le chiavi del successo? Essere rilevanti, credibili, saper comunicare la differenza ed essere customer centric. Un'azienda o si differenzia o muore”. E poi citando Leonardo Da Vinci: “Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri’. Secondo Gianpaolo Fallani “il mondo dell’arte è la più grande forma di comunicazione”.

Eppure in un mondo che va ad una “velocità pazzesca” sembra che niente abbia un senso. “Cosa sarà fare comunicazione in questo mondo?” si è chiesto Oscar di Montigny nel suo intervento dissacrante fin dal titolo, “Person you love is 72,8% water”. “E’ raro che le persone parlino di idee, più facile che si parli di persone”.“Pensare non è legale, se pensi  produci idee dai fastidio perché pensi”. E poi, provocando un sussulto della platea, a cui risponderà concludendo l’evento Toni Muzi Falconi: “Esistono ancora le pubbliche relazioni? Il pubblico e il privato sono collassati, oggi il privato è diventato pubblico. Il tuo profilo facebook sa molte più cose di te di quanto tu ne sappia di te stesso. La relazione è tutto da sempre, perché l’uomo esiste solo in relazione a…”. “Il fattore umano non è disponibile sull’Apple store e questo è ancora fondamentale. Non ci lasciamo distrarre dalla tecnologia. L’intelligenza si misura dalla capacità di comunicare; saper comunicare  significa ottenere un risultato. Tutti sanno chi sei”, la differenza è il capitale relazionale. La comunicazione sarà la nuova moneta di domani. Se vuoi fare questo mestiere da grande tieni a mente che hai un dovere sociale. I lavori del futuro saranno gli scienziati dei dati. I raccontatori di storie. I disegnatori di esperienze. Saranno psicologi dei comportamenti. Tutti mestieri che non esistono”.

Toni Muzi Falconi non ci ha pensato su un attimo e prendendo la parola ha subito replicato. “Sono Relazioni Pubbliche, ovvero relazioni con i propri pubblici”. Toni ne ha fatta una battaglia culturale che, ancora oggi, dopo 50 anni, deve rispolverare. Quel “pubblico” non si riferisce alla sfera pubblica ma ai soggetti con cui si instaurano le relazioni. Cinque i consigli del decano dei Relatori pubblici italiani, oggi professore alla New York University. “Ascoltare prima di parlare, imparare ad usare la rete, non indugiare nel sonno, contare sulla proprie forze e credere nella nostra professione”.

Come fare ad ascoltare riuscendo a discernere ciò che è importante da ciò che non lo è? Anche l’immagine conta? Sì e tanto secondo la consulente d’immagine Anna Turcato. “Con la nostra immagine comunichiamo in pochi secondi. Con la nostra immagine senza aprire bocca raccontiamo qualcosa. Il racconto della nostra persona. E solo dopo quattro incontri si può modificare questa percezione. L’immagine racconta chi sei e comunica dove vuoi arrivare. Vestirsi è una scelta consapevole che facciamo. Anche la non scelta dimostra un’intenzione, il livello di interazione e di obiettivi che hai nei confronti del tuo interlocutore”.

Se gli occhi sono il primo canale di comunicazione, lo sono anche nella veicolazione di messaggi di guerra “che tutti devono vedere”. Come ha raccontato il reporter di guerra, Fausto Biloslavo. “La mia ispirazione è la guerra. Penso che qualcuno debba raccontarla. Gli occhi della guerra è lo sguardo dei feriti, l’ultimo sguardo aggrappato alla vita che sente sfuggire via. Anche nella guerra si trovano persone che ispirano. Questo lavoro si fa bene solo se si va dove i fatti accadono, in prima linea. La guerra è sempre sporca brutta e cattiva […] ma la vita alla fine vince sempre, perché la guerra prima o poi finisce. Dopo tutto ciò che ho visto e vissuto non posso non pensare che siamo terribilmente fortunati a vivere da settant’anni in pace”.

Raccontare, raccontare, raccontare, dunque. Con le parole, le immagini, i filmati. Si parla tanto di morte del giornalismo, ma proprio la nostra epoca sta schiudendo nuovi scenari per l’informazione e per i giornalisti. Giornalismo che secondo Assunta Corbo deve essere “costruttivo” ed empatico, deve avere la capacità di coinvolgere il lettore. “Una storia raccontata può fare la differenza nel mondo. Il giornalismo deve andare oltre le cinque w, deve interrogarsi sul ‘what now?’ Giornalismo costruttivo non significa nascondere le notizie brutte, ma enfatizzare quelle positive per ispirare”.

I comunicatori e i giornalisti hanno l’obbligo morale di raccontare la “cultura del fare”, come ha affermato Stefano Micelli. “C’è un pezzo della manifattura italiana deve essere considerato cultura. Questo viene percepito soprattutto fuori dall’Italia.  Se oggi parliamo di questo è perché alcune grandi imprese hanno deciso di riproporre il valore tradizionale nelle pubblicità, di mettere a stretto contatto il rapporto tra il fare il prodotto e il prodotto stesso. Dobbiamo rivalutare il capitale culturale nostrano partendo da tecniche consolidate, rinnovandole. L’artigianato, una parte importante dell’economia italiana, non è solo delle grandi aziende ma anche e soprattutto delle PMI che hanno iniziato a reinventarsi soluzioni evocative, unendo strumenti di tipo tradizionale con elementi e tecniche all’avanguardia. Artigianato e digitale possono convivere per rilanciare il made in italy nel mondo”.

Storie che sono innanzitutto legami tra persone come ha sostenuto Giuseppe Cicchetti in “Our capital”.

“La differenza tra il dire e il fare è il fare. Internet permette a persone fisicamente distanti di rimanere in contatto e lavorare su progetti partiti online e finiti di realizzare offline, coinvolgendo chi su internet non c’è (e sono ancora tanti ). Il web è il nuovo punto di partenza; bisogna partire da Matera, Venezia, Padova, dall’Italia. Non abbiate paura di partire. Non chiedete il permesso. Mettiamoci a faccia in giù, scegliamo i nostri compagni di avventura e partiamo. Non abbiate paura di partire, perché è il modo migliore per conoscere se stessi e per magari, apprezzare molto di più il posto dove siete nati”.

 

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