Ferpi > News > Arthur Yann: Rp all’insegna della trasparenza

Arthur Yann: Rp all’insegna della trasparenza

28/07/2011

Un’approfondita intervista con un veterano delle Rp, _Arthur Yann,_ vice presidente di PRSA, la più grande organizzazione mondiale di professionisti delle relazioni pubbliche. In esclusiva per _PR Conversations,_ Yann affronta i temi più importanti della professione e la realtà associativa americana. Un interessante confronto e alcuni spunti di riflessione per Ferpi.

Arthur Yann è vice presidente e responsabile delle relazioni pubbliche per PRSA – Public Relations Association of America, dove lavora per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi stabiliti nel piano strategico e sostiene il ruolo strategico della professione e dei professionisti delle Rp. Per alcuni anni ha lavorato a titolo volontaristico per PRSA, prima di entrare a far parte del suo staff. E’ membro della sezione newyorkese di PRSA e sella sezione associazioni/non-profit. Il suo curriculum comprende più di 20 anni di esperienza in diverse agenzie di New York, il lancio e il rilancio di prodotti consumer e business, la gestione della reputazione aziendale e di crisi e la costruzione di brand, tra cui il suo mandato pluripremiato (Gold SABRE, Silver Anvil e Big Apple) come vice presidente senior di HealthStar Public Relations. All’inizio della sua carriera, dopo aver venduto la sua piccola società di Rp a Cramer-Krasselt di Chicago, è stato direttore della sede di New York di CKPR, dove ha guidato un team di professionisti. Ha conseguito una laurea in giornalismo presso la Ohio University. Arthur Yann è raggiungibile via LinkedIn, Twitter, email o attraverso la pagina Facebook di PRSA.
di Judy Gombita
C’è un’ironia di fondo nel fatto che le relazioni pubbliche come disciplina fatichino a gestire la propria reputazione. Perché secondo te?
C’è qualcosa di vero nel proverbio che dice che “il calzolaio va con le scarpe rotte”, ma le radici di ciò sono molto più profonde e vanno ben oltre. Per prima cosa, la professione non si è fatta alcun favore quando si è trattato di gestire la propria reputazione. Trasgressioni etico di alto profilo vanno dal non rivelare gli interessi rappresentati, a creare falsi blog, a postare recensioni fasulle di prodotti, fino allo scambio di valore per i media “guadagnati”. Inoltre, è difficile difendere i professionisti che lavorano per conto di dittatori o terroristi; tutti hanno il diritto di far sentire la propria voce ma il nostro lavoro deve servire l’interesse pubblico prima di tutto.
Le relazioni pubbliche non sono nemmeno riuscite a costruirsi una “pubblica benevolenza” che avrebbe potuto aiutare la professione a superare queste storie. Quasi nessuno parla del bene pubblico tutelato dalle Rp, ma siamo tutti testimoni dell’enorme quantità di copertura mediatica generata da scandali di relazioni pubbliche. La realtà è che le relazioni pubbliche hanno cambiato atteggiamenti e comportamenti verso alcuni dei problemi sociali più urgenti del mondo, ma il nostro comportamento complessivo ne ha compromesso la brand equity. Per non parlare di una generale mancanza di comprensione di ciò di cui i professionisti delle relazioni pubbliche effettivamente si occupano. E cosa riempie questo vuoto? Spettacoli televisivi come Kel on Earth, The Spin Crowd e PowerRGirls, che hanno ulteriormente rafforzato la percezione che tutto quello che facciamo sia intrattenetere personaggi famosi, organizzare feste e fare propaganda.
Cosa sta facendo PRSA per gestire la reputazione ed il ruolo del settore?
PRSA ha tre specifiche iniziative di sensibilizzazione, volte a migliorare la reputazione del settore.
La prima è il nostro Codice Etico e, con esso, uno sforzo per educare i professionisti su cosa costituisce o non costituisce un comportamento etico. PRSA non ha l’autorità legale o normativa di sanzionare gli operatori delle relazioni pubbliche – oltre 32.000 soci tra professionisti e studenti – che non rispettano questo codice, ma possiamo richiamare l’attenzione su comportamenti non etici, condannare tali azioni e spiegare perché non sono accettabili.
La seconda iniziativa è The Business Case for Public Relations, un insieme di risorse e punti fondamentali per i professionisti da utilizzare per costruire una percezione del ruolo e del valore delle Rp più accurata più accurate e precisa. Contiene utili informazioni utili su molti aspetti, dallo standard di misurazione fino alle modalità per comunicare il valore delle relazioni pubbliche.
L’ultimo programma, introdotto quest’anno (2011), si chiama PRServing America. Si tratta di un premio creato per evidenziare il lavoro pro bono intrapreso dai professionisti e dagli studenti membri di PRSA per rafforzare e preservare le comunità locali in cui vivono e lavorano (tutte negli Stati Uniti, da cui il nome).
Sempre più spesso, c’è concorrenza per l’autorevolezza nel settore delle relazioni pubbliche. Quali sono i competitor di PRSA?
Alcuni prodotti e servizi PRSA affrontano una crescente concorrenza in questi ultimi anni. I primi tre che mi vengono in mente sono la nostra offerta di sviluppo professionale, i Silver Anvil Awards di PRSA e il nostro Jobcenter.
Certo, i blogger forniscono informazione gratuita o a basso costo per dimostrare la propria preparazione. Alcune di queste informazioni sono state diffuse in precedenza proprio da PRSA, attraverso seminari, teleseminari e webinar. Detto questo, crediamo che la nostra formazione offra vantaggi unici, come la possibilità di fondare la nostra consulenza sull’esperienza dei nostri membri.
Sembra inoltre che la maggior parte delle pubblicazioni sulle Rp abbiano una sezione di lavoro, organizzino conferenze o premi di vario genere. Inoltre, molte grandi agenzie offrono programmi di formazione che riassumono le opportunità di sviluppo professionale a disposizione attraverso PRSA.
Come organizzazione, viviamo la concorrenza dei club di pubblicità locale o di organizzazioni che si rivolgono ai professionisti della comunicazione e delle Rp in settori specifici, ma non esistono altre organizzazioni di professionisti delle relazioni pubbliche negli Stati Uniti che siano in grado di combinare abbinare i prodotti, i servizi, i vantaggi, la portata e l’influenza di PRSA.
Abbiamo membri che provengono da tutti i settori: da agenzie, aziende, governo, istituzioni sanitarie, militari, imprese di servizi professionali, associazioni, organizzazioni non-profit e dal mondo accademico, così come gli studenti.
Con quali organizzazioni PRSA ha le alleanze più forti?
Siamo disposti a collaborare con tutti. Abbiamo alleanze formali con AMEC e AJEMC. PRSA ha anche avuto aree di cooperazione con NBPRS, HPRA, IPR, WOMMA, CIPR, PRCA e The Global Alliance for Public Relations Communications Management. Ammiriamo molto anche il lavoro svolto da CPRS e vorremmo avere opportunità di partnership in futuro.

Come possono le associazioni di settore a rimanere rilevanti per le nuove generazioni di professionisti abituate a vivere in un ambiente di social media ad accesso libero? In particolare, in che modo possono sviluppare i propri network personali?
Questa è un’ottima domanda. È una mentalità che vediamo sempre più spesso: giovani professionisti che credono di poter sostituire i rapporti e l’apprendimento faccia a faccia con la partecipazione a comunità virtuali. Siamo consapevoli che talvolta i più giovani devono lottare con la difficoltà di affrontare delle spese per aderire ad un’associazione di categoria. Affrontiamo questa sfida in due modi diversi.
In primo luogo, attraverso la nostra sezione studenti, PRSSA. Gli studenti possono aderire gratis in uno dei più di 300 college e università negli Stati Uniti e ricevere l’accesso a molti prodotti e servizi di PRSA che aiutano a migliorare la loro educazione, ampliare le loro reti e avviare la loro carriera.
Successivamente, con uno sconto sul costo di iscrizione per giovani professionisti. Chiunque abbia meno di due anni di esperienza può associarsi con uno sconto sulla normale quota di iscrizione. Questo ovviamente vale anche per i neo laureati. Infine, offriamo una nuova sezione denominata New Professionals, una delle 14 micro-comunità, organizzate attorno a nicchie specifiche del settore. Questo offre ai giovani professionisti la possibilità di fare parte di un network ed imparare dai colleghi ed è guidata da giovani in grado di focalizzare la propria agenda su questioni di importanza per i giovani stessi.
E’ meglio incoraggiare le comunità di pratica flessibili come strumenti per accrescere la formazione nelle Rp o sono preferibili gli approcci tradizionali con corsi di formazione e qualifiche?
Credo che entrambe le modalità abbiano un valore, dato che gli individui imparano in modi diversi.
Personalmente, ho sempre pensato che uno dei più grandi vantaggi di essere un membro PRSA fosse l’apprendimento collettivo e la condivisione di esperienze tra i membri, con lo scopo di confrontarsi per affrontare i problemi comuni o individuali.
Per esempio, la mission della sezione di interesse professionale dei nostri Counselors Academy (di cui ero membro quando lavoravo presso agenzia) evidenzia che: "Il nostro scopo è quello di consentire la collaborazione tra pari, nelle quali vengono condivise e acquisite le consulenze aziendali, le migliori pratiche operative da apportare ed in ultimo, le tendenze del settore.
A volte è difficile credere nella vera condivisione di informazioni che avviene in occasione della Conferenza della Counselors Academy — o qualsiasi conferenza PRSA per quella materia — ma lo spirito di cooperazione è palpabile.
Ognuno è disposto a offrire il suo tempo per condividere intuizioni pratiche che sono state tradotte in un successo. Penso che questo vada di pari passo con il fatto che la migliore educazione viene raggiunta non in aula, ma sul campo.
Detto questo, vorrei anche sottolineare che sono orgoglioso di essere ricondotto tra le credenziali per l’accreditamento in pubbliche relazioni (TAEG). Il processo di raggiungimento di accreditamento mi ha fatto diventare un professionista più consapevole e sicuro di sé, per questo io credo fortemente in esso e nella formazione continua, quali lo sviluppo professionale di PRSA.
Dopo tutto, il vero apprendimento avviene quando si combinano la teoria e la pratica.
La vera forza di una grande comunità professionale, come PRSA, risiede nella condivisione di varie tipologie esperienziali per tutti i membri.
C’è una crescente convergenza tra le competenze di Rp e marketing. I professionisti dovrebbero cercare di costruire una carriera sulla base di maggiori competenze di general management, piuttosto che rimanere soltanto legati alla comunicazione aziendale?
Certamente, ma credo che siamo già sulla buona strada.
Il marketing risulta già strettamente legato alle PR, in quanto, attraverso l’analisi delle due cose insieme, si giunge ad obiettivi importanti: la comprensione di come il brand influisca sulle vendite.
I commerciali di conseguenza, comprendono che è necessario avere una visione globale della propria organizzazione, non solo attraversi il rapporto diretto con i loro clienti ed i loro dipendenti.
Richard Edelman, durante la Rally Leadership PRSA del 2011 (un week-end di formazione per i leader PRSA), ha offerto un grande esempio di come le pubbliche relazioni siano la disciplina più preparata a gestire le innumerevoli sfide delle aziende di oggi. Indicò la decisione della Germania di eliminare gradualmente le sue centrali nucleari entro il 2012. “Che problemi ha questo rilancio?” Chiese. "E ’un problema di ecosistema? È un problema di posti di lavoro, un problema economico, un problema di azionisti? "La risposta è che si tratta di ciascuno di questi… e forse più.
A questo proposito, i professionisti delle relazioni pubbliche sono già a cavallo, sulla linea tra consulenza e comunicazione.
Questo significa che dobbiamo possedere competenze di gestione più generali, ed essere in grado di identificare tutte le parti interessate ad un problema in modo analitico, anche attraverso l’analisi dei dati. E, naturalmente, essere anche in grado di unificare i risultati.
In una nota correlata, potreste aver letto il recente articolo su Marketing Week, dal titolo, It’s a Fallacy that Marketers Can’t be Good CEOs.?
È stato scritto in risposta alle caratteristiche menzionate in quella rivista, di cui si evidenzia che il 73 per cento degli amministratori delegati in questo campo, siano “poco credibili” per condurre in modo adeguato le imprese; secondo il pensiero di Nick Varney, amministratore delegato della Merlin Entertainment, il quale sostiene che i protagonisti del marketing siano troppo “grezzi” per essere amministratori delegati.
In merito ai punti citati sopra, la nostra risposta ha fatto notare che molti dirigenti con le medesime caratteristiche si sono dimostrati abili nella gestione delle imprese. Sir Martin Sorrell di WPP non è che un esempio.
Professionalmente, che cosa trovi più frustrante? Per esempio, i pregiudizi che faticano ad essere abbandonati o le continue maldicenze?
Recentemente ho scritto a riguardo di una delle mie più grandi frustrazioni per il blog PRBreakfastClub. E riguarda il numero di sedicenti esperti di comunicazione che si millantano tali su Twitter o altri social media.
Voglio dire chi o cosa si qualifica queste opinioni? Su quali basi vengono fatte queste affermazioni? Questi “osservatori” sanno qualcosa di quello che commentano? Hanno letto e capiscono quello che stanno twettando, dando l’impressione a chi legge di avallarne il contenuto?
Quasi 16.000 utenti di Twitter si descrivono come guru di qualcosa. E, non voglio nemmeno pernsare a quanti blogger o altri si vedano sotto una luce altrettanto autorevole. Come ho sottolineato su PRBreakfastClub, almeno alcuni di questi individui hanno bisogno di superare se stessi. La maggior parte non sono gli esperti ma solo persone normali con le proprie opinioni, alcune intelligente e ben motivate, altri -ad essere sinceri – sono semplicemente ignoranti.
Come professionisti delle relazioni pubbliche, siamo arrivati a comprendere (purtroppo) che la velocità, il tono e lo stridore dei social network spesso contano di più di approfondimento, equilibrio, fatti e competenza. In altre parole: non si può sempre credere a tutto ciò si legge nella blogosfera. Oppure, se è per questo, anche altrove. Per quanto riguarda le concezioni erronee, credo che la più grande è che il ruolo di PRSA sia quello di far rispettare l’etica in tutto il settore. Noi siamo tra le poche, se l’unica organizzazione di professionisti delle relazioni pubbliche che parla regolarmente di questioni di etica professionale, ma, la gente ci accusa di essere tutto, dall’”essere inefficaci” ad “irrilevanti” perché non sanzioniamo o “de-certifichiamo” i professionisti che commettono trasgressioni etiche.
In poche parole, quelle stesse persone (la maggioranza dei quali non soci) non apprezzano né comprendono la mission di PRSA. Chiedono a PRSA di risolvere un problema che non abbiamo l’autorità o la propensione a risolvere.
Ad un livello più elementare sono questioni di cooperazione, costi, personale e competenze (l’intero settore o solo i membri PRSA?) e, naturalmente, un fondo legale per difendere PRSA contro chiunque ritenga si stia sbagliando nel “de-dertificarlo”. Anche l’ American Society of Association Executive (ASAE) invita alla prudenza in materia di codici applicabili.
Così, se da un lato sarebbe interessante esercitare tali poteri, e forse anche divertente, è francamente impossibile in un settore non regolamentato negli Stati Uniti, che gode dell’ampia protezione del Primo Emendamento. Inoltre, assicurare il rispetto degli standard etici di condotta è responsabilità di ogni individuo che lavora nelle Rp, non solo di PRSA.
Ad oggi, quali sono i vostri apporti al lato positivo del bilancio del mandato di PRSA?
Il nostro programma di Rp per PRSA supporta il raggiungimento dei principali obiettivi organizzativi, come previsto nel piano triennale strategico della società. Un modo in cui determiniamo nostra efficacia è fissando obiettivi specifici e misurabili per unità di misura che impattano direttamente sul raggiungimento di questi obiettivi. Così, per esempio, i dati degli ultimi due anni mostrano che abbiamo avuto un impatto positivo nel cambiare gli atteggiamenti e le percezioni nei confronti di PRSA in diversi ambiti, come ad esempio “Il riconoscimento di PRSA come opinion leader”, “Comprendere di cosa si occupa PRSA” e “Trovare le offerte di PRSA rilevanti per lo sviluppo dei professionisti”. Inoltre – e si può discutere se questo sia un bene o un male – io faccio parte soltanto di una piccola parte dei professionisti delle Rp che costituiscono lo staff di PRSA. All’inizio della mia carriera, ho trascorso 20 anni lavorando per diverse agenzie di New York, tra cui una boutique di cui avevo una quota di partecipazione, e questo mi ha fatto guadagnare diverse attitudini professionali. Su questa base, sono in grado di basare la mia consulenza su conoscenze ed esperienze pratiche e concrete, integrate da un background teorico manageriale che molti dirigenti possiedono.
E’ utile per capire i problemi, gli attori in gioco e la mentalità. O, per essere in grado di dire: "Ehi, lo conosco e credo che dovrebbe parlare o scrivere per noi”.
Tratto da PR Conversations

Per continuare a leggere l’intervista (in inglese) ad Arthur Yann, clicca qui.
Eventi