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Baruffi: la vittoria della coerenza

28/06/2011

“Gentilezza, ironia e pacatezza”, i tre elementi che hanno prevalso nella comunicazione di Giuliano Pisapia, neo sindaco di Milano. Ma protagonisti chiave anche i giovani e la Rete che “ha fatto quasi tutto da sola, con la sua grandiosa sincronia con la realtà”. _Maurizio Baruffi_, portavoce di Pisapia durante la campagna elettorale e ora capo di Gabinetto, racconta a _Toni Muzi Falconi_ la strategia comunicativa che ha portato alla vittoria del candidato del centro sinistra.

di Toni Muzi Falconi
È stata l’esperienza più bella della mia vita politica, dice Maurizio Baruffi, portavoce di Pisapia durante la campagna elettorale e adesso suo capo di Gabinetto. Con la nostra comunicazione siamo stati coerenti e non abbiamo perso la calma
La funesta debàcle morattiana e l’avventuroso successo pisapiano nella corsa a Palazzo Marino hanno lasciato due scie ancora oggi ben distinguibili per le strade di Milano, città diventata – a seconda delle partigianerie – spettro di una ormai prossima catastrofe nazionale del centrodestra o promessa di una imminente resurrezione dell’esangue sinistra italiana. La strategia comunicativa dei due contendenti ha, ancora una volta, pesato moltissimo nel risultato finale.
Mentre la candidata del centro-destra sembrava divertirsi a commettere errori su errori (a partire da quello suicidiario davanti alle telecamere di Sky quando ha mosso accuse manifestamente false all’avversario) e tentava goffamente di utilizzare le qualità canore del napoletano Gigi D’Alessio e quelle non proprio freschissime di Red Ronnie, Giuliano Pisapia, fino a qualche mese fa nome piuttosto sconosciuto alla maggior parte degli italiani, riusciva a cooptare le grandi star dello spettacolo a partire dal gruppo di Zelig capeggiato da Gino e Michele, passando per Roberto Vecchioni e Paolo Rossi, Daniele Silvestri e Giuliano Palma, Serena Dandini ed Elio e le Storie Tese. L’avvocato milanese, pur senza avere a disposizione fascinose doti oratorie ma capace di imporre un tono potente e misurato, caloroso senza essere rovente, ha avuto buon gioco con una signora che non ha fatto nulla per compensare la scarsità comunicativa, la carenza di simpatia, la legnosa supponenza fino a un’imperdonabile snobberia (“I milanesi? Mai cuntènt”, si è lasciata sfuggire dopo il primo turno con un’imprudenza che le è evidentemente costata cara).
A dirigere la campagna elettorale del vincitore hanno concorso uomini che la sanno lunga: da Gianni Confalonieri, ex rifondino molto flessibile e seducente, a Roberto Basso, consigliere delegato e direttore generale di Civicom, società di consulenza strategica romana ma ormai disinvolto anche con il rito ambrosiano. Da Davide Corritore, ex consigliere Pd (e candidato a city manager) a Maurizio Baruffi, 44 anni, una compagna, una figlia, due gatti, una laurea in scienze politiche, un passato di militanza focosa prima nel Partito radicale e poi in quello democratico, tra i fondatori e tesoriere di Forum droghe e della Società della ragione, oltre che promotore dell’intergruppo degli ‘Amici della bicicletta’ a Palazzo Marino.
Abbiamo chiesto a un uomo che lo conosce bene come Toni Muzi Falconi di far raccontare proprio a Baruffi, portavoce di Pisapia e ora suo capo di Gabinetto, gli elementi che hanno contribuito alla vittoria del candidato che si direbbe abbia interrotto la maledizione di Tutankhamon della sinistra italiana, da anni messa all’angolo dalla potenza berlusconiana. È successo spesso che il percorso di Muzi Falconi, uno dei padri delle relazioni pubbliche italiane e docente alla New York University e alla Lumsa di Roma, si sia intrecciato con quello di Baruffi con il quale, tra l’altro, ha fondato Red, il comitato per la regolamentazione delle droghe. Ed è sempre stato Muzi Falconi a sostenere, insieme a Franco Carlini. la nascita di www.fuoriluogo.it, la prima web community dedicata all’antiproibizionismo e di cui ora Baruffi è direttore.
All’inizio non erano in molti a scommettere su di voi. Eppure ce l’avete fatta. E ora?
Questi mesi sono stati per me l’esperienza più bella, emozionante e gratificante della mia vita politica. Ho lavorato fino a venti ore al giorno per contribuire alla realizzazione di un progetto politico che ho sentito mio. Non ho ricevuto alcun compenso né alcuna forma di rimborso spese. Non ho chiesto garanzie per il futuro. Dopo dieci anni passati in consiglio comunale all’opposizione, ho scelto di non candidarmi ma di dare il massimo per far vincere Giuliano. Ora che ce l’abbiamo fatta un compito mi sta particolarmente a cuore: contribuire a far crescere una nuova classe dirigente del centrosinistra, rendendo protagonisti i giovani.
Quali sono stati gli elementi che hanno a tuo giudizio prevalso nella comunicazione di Giuliano Pisapia?
Sostanzialmente tre, direi: la gentilezza. l’ironia e la pacatezza.
E quali gli errori più madornali?
Da parte nostra, aver sottovalutato il modo in cui sono state scritte alcune parti del programma che prestavano il fianco a molte critiche. Da parte loro, aver tentato di cambiare natura a una persona, la Moratti, considerata e vissuta come moderata, per trasformarla in estremista, aggressiva… senza però che lei fosse capace di esserlo: una comunicazione intrinsecamente conflittuale e confusa.
Qual è, a tuo giudizio, il segno che ha più distinto le due politiche comunicative?
Noi siamo stati coerenti dall’inizio alla fine, non abbiamo mai ceduto alle provocazioni e non abbiamo perso la calma. Loro hanno modificato la linea (e lo staff di comunicazione) troppe volte e hanno fin dall’inizio speso troppi soldi favorendo un effetto di saturazione e di rigetto. E poi non hanno capito che il sindaco uscente non deve essere aggressivo ma avere la serenità e la solidità del proprio operato da rivendicare. Sempre che ce l’abbia. Altrimenti è meglio che non si ricandidi.
Parliamo di dané. Quanto è costata tutta la partita? E in quali tasche siete andati ad attingere?
Abbiamo investito poco più di un milione Giuliano Pisapia. Tantissime le donazioni private (stiamo compilando un elenco completo) e un buon contributo del Pd. Comunque il nostro bilancio è pubblicato sul sito www.pisapiaxmilano.it.
Territorio e pubblici mirati. Su cosa e su chi avete puntato?
Abbiamo riconquistato un radicamento nei quartieri, attributo che si considerava ormai patrimonio solo leghista, e abbiamo dimostrato che è possibile anche un rapporto positivo col territorio fatto di eventi culturali e ricreativi, mentre l’altra parte ha solo dato spazio ai sentimenti negativi: la paura, la sicurezza, le ronde, gli sgomberi. Dopo tanti anni siamo stati pars costruens e non destruens del senso della comunità.
Quanto ha giocato l’elettorato giovanile nella campagna elettorale?
Abbiamo avuto decine di ragazze e ragazzi protagonisti in questa campagna, abbiamo dato loro piena fiducia di gestire anche situazioni molto complesse come i concerti e la grande biciclettata con migliaia di persone senza mai porci il problema di frenare la loro creatività.
Che ruolo eflettivo hanno giocato i social media?
Abbiamo operato con una squadra di volontari e con il supporto strategico di Hagakure, il che ci ha permesso di capire tempestivamente criticità e opportunità. Poi, la Rete ha fatto quasi tutto da sola, con la sua grandiosa sincronia con la realtà.
Cantanti e comici nazionali hanno fatto il tifo per voi. Il loro è stato un contributo decorativo o decisivo?
E stato determinante. E abbiamo anche dimostrato che con mezzi ridotti e con tanta passione e buona volontà è possibile organizzare grandi eventi gratuiti. La quantità e la qualità degli artisti che si sono messi a disposizione è stata eccezionale, come avevo visto solo nelle campagne presidenziali Usa, quando le star fanno a gara per sostenere un candidato.
Beh, ho l’impressione che un ruolo non indifferente l’abbia avuto anche la vecchia, buona e solida borghesia meneghina, le grandi dame, gli industriali, l’intellighenzia produttiva. O no?
Pisapia ha intercettato molti consensi nella borghesia. D’altronde il nostro messaggio fin dall’inizio è stato rassicurante e non abbiamo mai usato toni aggressivi verso alcuna parte sociale.
Per non parlare dei comitati, dei gruppi, delle comunità.
Direi che questa è stata la chiave più importante e sottovalutata dagli osservatori. Un lavoro eccezionale svolto da tanti, ma coordinato da un Paolo Limonta, maestro elementare di notevole esperienza politica nei movimenti sociali della sinistra ‘senza partito’, e da un formatore, Federico Robbiati, che ha saputo trovare il modo di trasmettere metodo e razionalità all’onda emotiva che si andava formando. In tutti i lunghi dieci mesi di una campagna iniziata nel luglio 2010, Paolo e Federico hanno continuato a fare il proprio lavoro, dedicando tutto il tempo libero a questa avventura.
Le testate del ‘nemico’: II Giornale e Libero. Vi hanno fatto molto penare?
Il Giornale e Libero hanno avuto posizioni diverse, il primo è arrivato a pubblicare notizie completamente false tradendo ogni profilo di deontologia professionale. Tanto per farti un esempio: ha scritto che Pisapia, di notte con un megafono, arringava un gruppo di ragazzi che occupava uno stabile a Città Studi. Affermazioni virgolettate come dichiarazione di un parlamentare e riportate in un sommario con evidenza. Per non dire dell’uso sistematico della menzogna e dell’enfasi spropositata nelle titolazioni. Direi che Libero ha avuto un atteggiamento differente, sempre molto ostile e a volte sopra le righe, ma anche con elementi di approfondimento critico che mettevano a fuoco punti deboli di Pisapia.
Corriere e Repubblica ? Solo affettuosità o anche qualche problema?
Il Corriere come sempre è stato abbottonato, anche se la Moratti, sfruttando la sua posizione di sindaco in carica, ha potuto firmare in poche settimane ben tre interventi sulle pagine milanesi e nazionali. Con Repubblica c’era maggiore sintonia di vedute, ma non è stato semplice reggere la loro continua richiesta di prese di posizione del candidato sui temi più disparati. Fin dall’inizio avevamo scelto una politica di sobrietà, di misurare le uscite, evitando di fare dieci comunicati al giorno o di dichiarare su qualsiasi argomento. Ci è sembrato più coerente col nostro modello di campagna fare scelte selettive e avere magari qualche titolo e qualche articolo in meno (come pure qualche passaggio televisivo e qualche intervista in meno) e incontrare qualche persona in più nei quartieri.
Dimmi francamente, se puoi. del tuo rapporto con Roberto Basso, il responsabile della comunicazione. Ci sono state tensioni?
Roberto è stato capace di tenere assieme con grande pazienza un gruppo di persone che agivano in modo non professionale e non standardizzato. Ha ascoltato tutti e a volte perso un po’ troppo tempo con qualcuno. Ha rischiato quando ha fatto alcune scelte che potevano sembrare azzardate, a partire dal primo slogan che poi però è stato l’architrave della campagna: quella ‘forza gentile’ che richiamava Francois Mitterrand e si proponeva di sintetizzare il nostro messaggio politico: l’identità di un candidato capace di superare la storica divisione fra l’anima radicale e quella riformista della sinistra – consentendo così di recuperare i voti di sinistra e di riportare al voto gli astensionisti delusi dalle proposte politiche e umane negli ultimi anni – rassicurando al tempo stesso i moderati con uno stile e un atteggiamento, prima ancora che un contenuto. Tensioni pochissime, anche per carattere suo e mio. Forse solo una volta ho dovuto ‘marcare il terreno’ rispetto alle scelte sul tono politico delle dichiarazioni di Pisapia, ribadendo senza esplicitarlo quello che è stato il mandato ricevuto a dicembre di ‘alter ego’ del candidato, che non è proprio e solo un portavoce.
Dal punto di vista della politica di comunicazione, qual è la sfida più importante dei primi cento giorni?
Mantenere la cifra coerente di un sindaco che sta tra la gente e nei quartieri anche quando deve occuparsi di dossier scottanti come quello sul bilancio, su Expo o sul riassetto delle società partecipate e lavorare per moderare le aspettative. Non cadere nella tentazione di partecipare ai talk show televisivi privilegiando quelle tribune agli impegni quotidiani in città. Soprattutto dare concretezza a un sindaco che ha sfondato ogni barriera dell’empatia, “senza perdere la tenerezza” per citare un grande leader (Ernesto Che Guevara: ndr), senza alcun riferimento ideologico, ovviamente.
Facciamo come nelle favole: qual è la morale?
Che la politica è più importante della comunicazione. Che quest’ultima è solo uno strumento e non un fine. Che questa logica sarà il punto cardinale dell’azione di governo.
Tratto da Prima Comunicazione
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