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Capitale intangibile e valore: un nuovo ruolo per le relazioni pubbliche

24/01/2006

Un articolo di Giampietro Vecchiato.

Nel 2005 è entrato in vigore per tutte le società quotate in borsa, l'obbligo di redigere i bilanci consolidati nel rispetto dei principi contabili internazionali emanati dall'International Accounting Standards Committee.Gli standard emanati dallo IASC detti IAS: International Accounting Standards sono il frutto di un lavoro durato quasi quattro anni e hanno l'obiettivo di assicurare un elevato grado di trasparenza per la comunità (finanziaria e non) e comparabilità delle informazioni finanziarie (unico principio contabile valido su scala mondiale).Gli IAS aiutano le imprese ad elaborare una corretta valutazione del valore aziendale attuale e, visto che oggi la competizione si gioca sempre più su valori intangibili (la cultura d'impresa, la leadership, la ricerca e l'innovazione, l'immagine e la reputazione, il brand, ecc.), diventa fondamentale definire il valore delle attività considerate non monetarie, prive di consistenza fisica ma, in ogni caso, identificabili. (Sul capitale intangibile vedi anche l'articolo di questa settimana sulla Brembo n.d.r.).I criteri per la rilevazione delle attività immateriali rientrano fra gli scopi degli IAS e, più precisamente, sono specificati nei cosiddetti IAS 38. Questi ultimi affermano che affinché un'attività immateriale possa essere rilevata devono essere soddisfatte due condizioni fondamentali:a) l'impresa si aspetta dalle attività immateriali "messe a valore" un beneficio economico futuro;b) è possibile determinare in maniera attendibile il costo dell'attività.Sulla base di questi principi, i costi per la pubblicità ad esempio, a meno che non sia possibile dimostrarne l'utilità pluriennale, non possono essere iscritti tra le attività immateriali considerate dagli IAS 38. E' inoltre esclusa la capitalizzazione di costi sostenuti per campagne promozionali ricorrenti e per prodotti/servizi già commercializzati; è invece consentita la capitalizzazione dei costi sostenuti per il lancio di un nuovo prodotto.Come calcolare il valore delle relazioni secondo gli IAS 38?Secondo Paolo Bigotto di Summit, che ha messo a punto un sistema per la valutazione degli intangibles denominato "Intellectual Capital Value", gli asset immateriali vanno suddivisi in quattro aree.Innanzitutto il capitale umano: la formazione, l'esperienza, la motivazione del personale ecc. Fanno parte di quest'area tutte le conoscenze, le competenze ed i comportamenti del management e dei dipendenti/collaboratori dell'azienda.La seconda area è quella delle relazioni sociali interne all'organizzazione, quei legami che caratterizzano i flussi relazionali tra le persone e, soprattutto, la loro qualità, energia e competenza emotiva.Il terzo segmento del capitale intangibile è rappresentato dal capitale strutturale che, secondo la Summit, rappresenta l'insieme delle competenze distintive e della cultura d'azienda, dello spirito di innovazione e delle capacità progettuali.Il capitale relazionale, infine, "rappresenta l'insieme delle relazioni che l'organizzazione ha sviluppato o intende sviluppare con i suoi stakeholder: i clienti, i fornitori, gli operatori finanziari, le agenzie di rating, le associazioni di categoria e, più in generale, il contesto sociale ed economico in cui opera l'organizzazione stessa. Ne costituiscono parte integrante l'immagine e la reputazione aziendale, la soddisfazione e la fedeltà dei clienti e dei fornitori".L'introduzione degli standard IAS 38 rappresenta una grande opportunità, ma anche una sfida, per tutta la comunità professionale dei relatori pubblici. Un'opportunità perché consente ai professionisti del settore di ribadire il proprio ruolo per il successo delle organizzazioni e di posizionare sempre più le relazioni pubbliche in un ruolo strategico e non solo operativo.Una sfida perché, per rispondere ai criteri stabiliti dagli IAS, è necessario quantificare il costo attuale della propria attività e di determinarne con precisione il beneficio economico atteso. Come ad ogni altra funzione di management, anche alle relazioni pubbliche viene quindi richiesto di poter dimostrare di raggiungere risultati specifici e, soprattutto, misurabili.Ma per poter misurare i risultati utilizzando i quattro indicatori: OUTPUT, OUT TAKE, OUTCOME e OUTGROWTH è necessario, da una parte, utilizzare una metodologia scientifica e razionalizzare in maniera sistemica e processuale le diverse fasi nelle quali si attuano le relazioni pubbliche; dall'altra, è importante applicare strumenti di pianificazione/controllo (processi e metodologia) e di misurazione/valutazione dei risultati. Se i professionisti del settore vogliono che questo ruolo sia riconosciuto anche dalle altre funzioni dell'impresa, è quindi indispensabile che la funzione dimostri con criteri misurabili e condivisi da tutto il management la propria capacità di facilitare l'organizzazione nel raggiungere gli obiettivi prefissati.Come professionisti delle relazioni pubbliche dobbiamo operare affinché la business comunity acquisti fiducia nelle capacità professionali e manageriali del comunicatore e non lo faccia sedere al tavolo della coalizione dominante solo per condividere i piani strategici dell'impresa, ma per farlo partecipare attivamente al processo decisionale.Giampietro VecchiatoP. R. Consulting srl, PadovaConsigliere Nazionale FERPI
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