CSR: La nuova frontiera della certificazione sociale
20/02/2008
E' l'etica il nuovo terreno di crescita e confronto di qualsiasi organizzazione sia essa pubblica, privata o sociale.
di Aldo Daghetta
Il profitto è necessario, ma non è sufficiente per rendere un'impresa un'ottima impresa. Oggi serve qualcosa di più e all'interno del mondo imprenditoriale in questi anni si è sviluppato il concetto di sostenibilità e responsabilità sociale. Si è passati cioè dall'idea del rispetto minimo delle leggi nazionali e sovrannazionali (l'approccio minimalista) e dall'adozione volontaria di codici di condotta autoreferenziali (l'approccio filantropico-caritatevole) all'individuazione di un approccio strategico a tutto tondo che guidi e verifichi le dinamiche aziendali attraverso l'adozione di strumenti chiari e certificabili da organismi terzi indipendenti.
«La responsabilità sociale d'impresa spiega Adriano Propersi, docente di Economia e gestione delle organizzazioni no profit all'Università Cattolica di Milano può essere quel modo d'operare in grado di salvare dalle crisi del libero mercato, costruendo aziende migliori. Il profitto deve essere uno strumento, non si devono esasperare i rapporti di lavoro e questo risponde anche alle indicazioni più profonde della dottrina sociale della Chiesa». Tuttavia, per evitare l'ipocrisia dell'autoreferenzialità, servono soggetti in grado di certificare in modo rigoroso le pratiche sostenibili di un'impresa e, soprattutto, standard universalmente riconosciuti su cui basare la certificazione.
Dopo anni in cui si erano sviluppate centinaia di codici etici e certificazioni di qualità dei prodotti, nel dicembre 1997 viene introdotto lo standard SA8000 (abbreviazione di Social Accountability 8000) che oggi, a un decennio di distanza, rappresenta l'unica certificazione della responsabilità sociale d'impresa riconosciuta a livello internazionale.
Il SA8000 nasce a New York dalla Cepaa (Council of Economical Priorities Accreditation Agency), emanazione del Cep (Council of Economic Priorities), istituto pubblico di ricerca e servizio, con sede negli USA e in Gran Bretagna, fondato nel 1969 per fornire, a investitori e consumatori, strumenti informativi per analizzare le performance sociali delle aziende. La Cepaa (oggi divenuto Sai Social Accountability International) è una realtà no profit con la missione di rendere le organizzazioni 'socialmente responsabili', riunendo i principali stakeholder (soggetti sociali interni ed esterni all'azienda: azionisti, sindacati, lavoratori, clienti, fornitori...) per sviluppare standard cui attenersi su base volontaria e garantita. Il Sai accredita organizzazioni qualificate per la certificazione, promuove la conoscenza e comprensione dello standard, ne incoraggia l'attuazione a livello mondiale. L'organismo riunisce membri in rappresentanza di organizzazioni sindacali, Ong, associazioni a tutela dei diritti umani e dell'infanzia, imprese che investono in modo socialmente responsabile e società di certificazione.
Rispetto alle tipiche normative ISO con le quali ha in comune la struttura formale, SA8000 è un riferimento che per sua natura coinvolge tutta l'impresa. Il suo impatto e la profondità alla quale si spinge, rispetto ad altre norme formali, richiede attenzione e partecipazione di tutti gli stakeholder: direzione, top management, dipendenti, fornitori, sub-fornitori e clienti. La validità dello standard SA8000, inoltre, è testimoniata anche dal fatto che esso si ispira agli stessi principi che animano altri due importanti documenti come il Global Compact (il patto globale proposto dall'ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan al sistema imprenditoriale mondiale) e la Carta dei Doveri Umani (promulgata dall'ICHD, International Council of Human Duties, che sancisce il rifiuto dello sfruttamento del lavoro minorile e rivendica le pari opportunità tra uomo e donna).
«Il SA8000 dice Andrea Petrucci, avvocato e docente di Finanza aziendale e Fund raising all'Università Cattolica di Milano ha la possibilità di certificare anche la catena di fornitori e sub-fornitori, fatto molto rilevante data la globalizzazione della produzione e dei mercati, avendo un altro punto di forza nella mancanza di alternative riconosciute a livello internazionale. Le criticità sono costituite innanzitutto spiega l'esperto dall'anomala distribuzione delle certificazioni, a danno della credibilità ». Nel 2007, infatti, quelle ufficiali sono concentrate per il 45% in Italia (si era al 30% nel 2004), per il 16% in India, per l'11,5% in Cina, mentre il restante 27,5% è sparso nel resto del mondo. «Il secondo elemento negativo sottolinea Petrucci è dato dal rischio che le imprese interpretino la certificazione come semplice fatto esteriore e di immagine, perdendo la grande opportunità di interpretare la responsabilità sociale quale importante elemento strategico, il cui perseguimento permei tutta la realtà dell'aziende».
I temi del valore aggiunto economico, sociale ed ambientale, cuore della responsabilità sociale d'impresa, tendono a divenire imprescindibili ed inscindibili, tra di loro e dal profitto. La globalizzazione e la percezione della limitatezza delle risorse disponibili conclude Petrucci favoriranno sempre di più le imprese capaci di coniugare etica ed economia, utilizzando la responsabilità sociale come strumento atto a creare un sicuro vantaggio competitivo.Inoltre, è da notare che anche se il SA8000, come gli altri tipi di certificazione, è stata pensata per ogni tipo di azienda in una qualsiasi ubicazione, ad esclusione delle industrie estrattive e del lavoro domestico, le prime aziende a recepirlo sono state quelle di grandi dimensioni, per lo più multinazionali che hanno utilizzato la cosiddetta 'delocalizzazione', ovvero il trasferimento di talune attività in Paesi a basso costo del lavoro, come Cina e India. Parliamo del settore tessile, dell'agricoltura, dei giocattoli e della grande distribuzione alimentare.
In Italia, però, è avvenuto un percorso inverso che ha favorito le piccole realtà: Coop Italia ha adottato il SA8000 fin dall'inizio incentivando così la certificazione di tanti suoi fornitori piccoli e medio piccoli. «Le grosse imprese italiane conferma Adriano Propersi sono sempre più attente alla responsabilità, pubblicano bilanci sociali, ma in tanti casi siamo ancora alla fase di comunicazione. Per essere certificati, bisogna cambiare i processi interni e in questo la piccola-media impresa è più avanti. Bisogna anche dire che certificarsi non è sufficiente, è un tassello necessario, ma non è l'unica risposta alla costruzione di una impresa responsabile. Non si può prescindere dall'uomo nell'azienda, dalla governance di quell'azienda: certificarsi serve a educarsi».
COS'È IL PROTOCOLLO SA8000 L'obiettivo del SA8000 è certificare aspetti della gestione aziendale attinenti la responsabilità sociale. Essi sono: il rispetto dei diritti umani; il rispetto dei diritti dei lavoratori; la tutela dei minori; le garanzie di sicurezza e salubrità del posto di lavoro.Il SA8000 nasce come aggregazione dei principi stabiliti da altri documenti internazionali quali la Convenzioni Ilo; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo; la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia; la Convenzione Onu contro le discriminazione delle donne.Con il SA8000 un'impresa attua processi interni e verso i fornitori per promuovere salute e sicurezza dell'ambiente di lavoro; concedere libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva; contrastare il lavoro minorile, il lavoro forzato, discriminazioni e pratiche disciplinari non previste dall'art.7 dello Statuto dei Lavoratori; fare rispettare tempi, orario di lavoro e criteri retributivi. L'elenco ufficiale delle imprese certificate SA8000 è sul sito Sai (http://www.sa-intl.org/).
tratto da Avvenire del 17.02.2008