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Facebook: collasso dei contesti o mutamento della natura della piattaforma?

15/04/2016

Le condivisioni di dati e aggiornamenti personali su Facebook sono in calo del 21% in un anno. Lo stesso Zuckerberg ha utilizzato la definizione di "context collapse". Ma di tratta di un declino o di un mutamento di natura della piattaforma dovuto all'incremento dei contenuti editoriali? La riflessione di Valentina Citati.

 

Di recente alcuni dati interni resi pubblici da The Information e Bloomberg rivelano un calo delle condivisioni di dati e aggiornamenti personali su Facebook del 21% in un anno. Gli esperti dell'azienda e lo stesso Zuckerberg pare abbiano usato il termine "context collapse" per definire la situazione. Il termine, noto più ai sociologi dei nuovi media, in realtà è stato coniato dalla ricercatrice Danah Boyd, proprio studiando Friendster e Facebook, già nel lontano 2008. Forse, quindi, più che a questo il declino (se reale è) potrebbe essere imputato ad un mutamento di natura della piattaforma online più popolata al mondo: l'incremento enorme dei contenuti editoriali e delle news pubblicate (che Facebook ha favorito in tutti i modi) produrrebbe un cambiamento nella percezione che ne hanno i suoi utenti, sempre più come luogo di informazione e divertimento e meno di condivisione e interazione personale. Ciò ne  indebolirebbe la funzione social originaria, facendola migrare ad altri siti ( app soprattutto) più "privati" .
Calo delle condivisioni su Facebook:  solo "collasso dei contesti"?

Un report aziendale interno, ripreso dai due siti di news americani, sembra rilevare come, tra la metà del 2014 e la metà del 2015, le condivisioni siano calate del 5,5%, in generale, quelle riguardanti contenuti personali però ben del 21%. Quindi ad essere diminuite più vistosamente non sono tanto le condivisioni di news e di contenuti esterni quanto proprio gli aggiornamenti personali. Se questo dato fosse vero indicherebbe un cambiamento di approccio degli utenti verso la piattaforma che Zuckerberg e colleghi avrebbero imputato al fenomeno noto come "collapsed context" (collasso dei contesti). Con questo termine si riferirebbe alle modalità in cui gestire la propria identità in spazi sociali 'mediali' in cui contesti normalmente tenuti separati vengono a trovarsi improvvisamente insieme.  Questo fenomeno, che risale agli studi sull'identità dei sociologi Erving Goffman e Joshua Meyrowitz, è stato ripreso dalla sociologa e studiosa dei social media Danah Boyd fin dalle sue ricerche nel 2008 su Friendster (l'antenato di facebook) per definire la situazione presente sui social networks*. In altre parole gli utenti perderebbero il controllo sul contesto a causa della mancata sovrapposizione tra  l'audience immaginata (da loro nel produrre il messaggio) e quella reale (cioè quella più ampia che potenzialmente potrà vederlo). Da questo fenomeno discenderebbero, ad esempio, le difficoltà dei giovani che si ritrovano parenti, genitori e magari professori tra gli 'amici' e che, quindi, vedono 'collassare' contesti (scolastico, familiare, dei pari) che nella vita reale tengono accuratamente separati. L'ignoranza delle conseguenze negative derivanti dalla pubblicazione sul social di informazioni personali può provocare, inoltre, danni alle relazioni personali e professionali (dalla perdita di amicizie fino agli atti di bullismo, perdite finanziarie e del posto di lavoro).

Tuttavia questo fenomeno era presente, come si è visto, fin dalla nascita dei social networks in quanto insito nella loro stessa natura che spinge ad accrescere i contatti e, quindi, l'estensione del mondo sociale di ogni iscritto. Facebook sta già cercando di reagire continuando a stimolare le condivisioni e le interazioni degli utenti (si pensi alle recenti introduzioni della funzione Accadde Oggi, delle Reactions o dei Live Video). Tuttavia quello che è cambiato è proprio il panorama della comunicazione online. Mentre Facebook cresceva sempre di più sono nati e hanno acquisito sempre maggiore popolarità e successo molti altri siti e applicazioni basate sulla condivisione e sull'interazione. Whatsapp, Instagram (entrambe acquisite non a caso da Zuckerberg), Snapchat, Vine, Tumblr, Pinterest sono solo alcuni dei tanti siti e app che consentono agli utenti di scambiare contenuti e informazioni personali in maniera istantanea e, soprattutto nel caso della messaggistica istantanea, più privata. I messaggi di testo, foto e video inviati su Snapchat sono visualizzabili solo per un certo numero di secondi e poi vengono cancellati e non è un caso se anche il gigante Whatsapp abbia da poco introdotto la crittografia dei messaggi intercettando il bisogno di privacy dei suoi utenti. Pertanto, forse, i naviganti iniziano ad utilizzare strumenti differenti in grado di garantire un controllo maggiore sui destinatari dei messaggi per la condivisone dei contenuti e delle informazioni più personali. In un mondo che comunica sempre di più e in ogni momento stiamo imparando, e dobbiamo imparare, a gestire e a proteggere meglio la nostra identità e le nostre informazioni.

 

(*) Boyd (2008) parla di mancata sovrapposizione tra l’audience immaginata e quella reale (invisible audience); di “collasso dei contesti” (Collapsed Context) e di perdita di distinzione tra pubblico e privato causata dal mancato controllo sul contesto (The blurring of public and private).

 

 

 
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