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Fine corsa per le associazioni professionali?

01/08/2013

La legge n. 4 del 2013 rappresenta una svolta per i professionisti non appartenenti ad Ordini o Albi. E per le associazioni? Essere iscritti ad una associazione di primo livello che rispetti i parametri stabiliti dalla normativa può rappresentare la differenza tra una “professionista fai da te” e uno di qualità. Alcune considerazioni di _Antonio A. de Cal,_ Consigliere PIU – Professioni Intellettuali Unite.

di Antonio A. de Cal (*)
La recente legge n. 4 del 2013 in materia di «professioni non organizzate in ordini o collegi” vede la luce dopo alcuni decenni nel corso dei quali si è dibattuto a lungo di “professioni non regolamentate” e di “sistema duale”.
Con la prima espressione ci si riferisce alla condizione di chi svolge una professione il cui esercizio richiede conoscenze intellettuali e tecniche anche molto elevate, senza che però sia necessario, dal punto di vista legale, il possesso di un titolo di studio determinato o che sia comunque necessaria l’iscrizione ad un Ordine o Albo.
Con la seconda locuzione si intende un sistema che ammette la coesistenza (dualità) di Ordini ed Associazioni. Ciascuna delle due realtà ha tra i propri scopi anche quello di assicurare ai consumatori forme di certificazione dell’effettiva capacità di un professionista, della quale la sua comunità professionale si assume la responsabilità intorno al suo possesso ed al suo impiego.
La Legge n. 4 non nasce dunque come una legge per le associazioni ma per la tutela dei consumatori che si valgono delle prestazioni dei professionisti ormai non più “non regolamentati” (ora lo sono) essendo adesso definiti come “non organizzati”. Il professionista “non organizzato” è un soggetto che svolge attività economica volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi e la esercita abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo. L’esercizio della professione e’ libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica; questa attività può essere esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.
Coloro che esercitano la professione possono autoregolamentarsi volontariamente e ottenere la qualificazione della loro competenza professionale rispetto alla normativa tecnica UNI di riferimento, se esistente; al momento le norme UNI sono tuttavia disponibili solo per un numero limitato di competenze. I professionisti possono inoltre costituire Associazioni a carattere professionale di natura privatistica, ma non sono obbligati a farlo e nemmeno ad aderirvi per poter svolgere il loro lavoro.
Ecco quindi emergere l’elemento di sfida per le Associazioni professionali: per essere “professionista” non è necessario essere iscritto ad alcuna Associazione.
Fine corsa per le Associazioni professionali? No di certo. Innalzamento dell’asticella si, però.
Vediamo in dettaglio perché è opportuno e raccomandabile essere iscritti ad una Associazione di primo livello e che cosa questa sia tenuta a fare per essere full compliant alle prescrizioni che la Legge pone a carico delle Associazioni.
Intanto deve essere chiarito che c’è associazione ed associazione. Per essere aderenti al dettato legislativo occorre che l’associazione garantisca tutto quanto la Legge prescrive a carico dei soggetti aggregativi che vogliono essere iscritti nell’elenco pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico: deve assicurare l’assolvimento del compito di valorizzare le competenze degli associati e deve garantire il rispetto delle regole deontologiche; deve sostenere la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnicoscientifica adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’Associazione.
Ancora, deve assicurare e garantire l’erogazione della formazione permanente dei propri iscritti, l’adozione di un codice di condotta e la vigilanza sui comportamenti professionali degli associati stabilendo le sanzioni disciplinari da irrogare per le violazioni del medesimo codice; è inoltre tenuta ad attivare uno sportello per ricevere i reclami del cittadino consumatore.
Vediamo adesso qual è il valore aggiunto che deriva in capo al “professionista” dall’essere socio di una associazione in regola con le prescrizioni di legge.
La Legge Professioni prevede che le associazioni possano autorizzare i propri soci ad utilizzare il riferimento all’iscrizione all’associazione quale marchio o attestato di qualità e di qualificazione professionale dei propri servizi. Ovvio quindi osservare che se non si è iscritti non si può ottenere il rilascio dell’attestazione.
Per poter fare ciò occorre che il soggetto attestante possegga determinate caratteristiche: che sia innanzitutto dotato di uno Statuto e di un Codice di Etica; che sia privo di finalità di lucro; che abbia precisamente identificato le attività professionali cui l’associazione stessa intende essere rappresentante e punto di riferimento professionale e culturale; quale sia la composizione degli organismi deliberativi e chi siano i titolari delle cariche sociali; quali siano i requisiti per la partecipazione all’associazione, con particolare riferimento ai titoli di studio ed all’obbligo degli appartenenti di procedere all’aggiornamento professionale costante e la predisposizione di strumenti idonei ad accertarne l’effettivo assolvimento.
Ecco allora che l’iscritto può farsi rilasciare un’attestazione – avente validità pari al periodo per il quale rimane socio ed e’ rinnovata ad ogni rinnovo dell’iscrizione – relativa:
a) alla regolare iscrizione del professionista all’associazione;
b) ai requisiti necessari alla partecipazione all’associazione stessa;
c) agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione;
d) alle garanzie fornite dall’associazione all’utente, tra cui l’attivazione dello sportello reclami;
e) all’eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista;
f) all’eventuale possesso da parte del professionista iscritto di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformità alla norma tecnica UNI
e, elemento particolarmente importante da notare a latere, all’eventuale possesso di una attestazione di qualificazione professionale rilasciata dalla stessa associazione di appartenenza, qualora questa abbia previsto percorsi di qualificazione interni.
Sembra poco? Non credo. La differenza tra un professionista ed un professionista con attestazione di qualità rilasciata dall’associazione professionale di riferimento in possesso dei requisiti prescritti dalla legge per poterla concedere è senz’altro un plus di competitività non indifferente nel mondo del lavoro, che sia dipendente oppure consulente.
Ecco allora che la differenza tra “professionisti” comincia a delinearsi chiaramente: il “professionista fai-da-te” non si assoggetta volontariamente ad una forma di controllo sociale e professionale da parte della sua comunità di riferimento; non aderisce ad una Associazione chegli assicura formazione professionale costante e continua; si autoregolamenta autonomamente ma la sua competenza professionale non viene attestata da una associazione che fa costante ricerca scientifica in argomento.
La sfida che attende le associazioni è dunque principalmente quella di mantenere elevato il livello di autorevolezza e di rappresentatività nel mondo professionale di riferimento; di accrescere ancora di più il livello qualitativo dei servizi erogati ai soci; di garantire severamente il valore certificativo delle attestazioni di qualità che rilascia ai suoi iscritti.
Solo in questo modo il nome di ciascuna associazione continuerà ad essere riconosciuto come un marchio che rinvia a concetti quali valore professionale, principi etici, costante aggiornamento culturale, mantenendosi differenziato rispetto a quello di altre entità aggregative, soprattutto quelle appena costituite, che non possono vantare storia, esperienza, competenza, relazioni, riconoscimenti, rappresentatività e networking associativo di secondo livello, quale quello assicurato da parte di Più – Professioni Intellettuali Unite.
(*) Vicepresidente nazionale ADACI – Associazione Italiana Acquisti e Supply Management con delega alla qualificazione professionale e Consigliere nazionale PIU’ – Professioni Intellettuali Unite
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