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Food Speaking tra Comunicazione Cultura e Benessere

07/11/2014

Un tema estremamente attuale come quello del cibo è stato al centro dell’incontro Food Speaking tra Comunicazione Cultura e Benessere, organizzato dalla delegazione Ferpi Lazio, lo scorso 23 ottobre a Roma, nell’ambito del ciclo, Incontriamoci in Ferpi Lazio.

Programmi TV – da Masterchef alla Prova del cuoco – in cui si spadella a tutte le ore, libri di ricette, chef che diventano star e food blogger considerati opinion leader, street food in tutte le salse: mai come in questo periodo i discorsi sul cibo invadono vita di tutti noi.

Tutto ebbe a inizio verso la metà degli anni ‘80, quando il cibo entra nell‘orizzonte Main Stream degli intellettuali e lo sdoganamento del cibo non è più solo un must ma diventa cultura, business, emancipazione e forse ritorno alle origini.

E nascono le riviste come La Gola o Gambero Rosso e movimenti come Slow Food.

Anche se da Platone in poi è stato ritenuto secondario e relegato in soffitta, il cibo nel Dopoguerra ritorna sulla scena per indirizzare e soddisfare, in tutto od in parte, i nostri risvolti etici, sociali, religiosi ed anche intimi.

L’industria del gusto, per se stessa antesignana della sostenibilità, si alimenta di miti antichi, sostiene una produzione degli alimenti che non sia industriale a tutti i costi, ma, purtroppo, continueremo per necessità, soprattutto nei grandi agglomerati urbani, a comprare cibo sconosciuto e a cucinarlo di corsa. E questo toglie alimento anche all’anima, sebbene faccia crescere il profitto di qualcuno.

Oggi per cucinare e mangiare non è più sufficiente rifarsi alla lezione della nonna. Le nostre nonne da sole non avrebbero potuto sfamare il mondo intero: e il nostro prossimo Expo 2015, con il suo tema globale sul Cibo, dimostra come a partire da quella lezione antica, con l’ausilio di un’industria sostenibile e attenta, il cibo possa non solo sfamare ma rendere un servizio all’evoluzione di tutto il Pianeta.

La “nostalgia del futuro” del filosofo Vladimir Jankélévitch o il ricordo del cibo della propria infanzia del critico Anton Ego – del film –Ratatouille_ – sono piccoli esempi di come spesso la sostenibilità non è una parola complicata ma solo un sistema che ispirandosi al buon senso, riesce a far vivere meglio le persone in questo impazzito mondo globalizzato.

Già dai primi programmi televisivi degli anni ‘50 si è dato avvio alla ricerca del naturale e del km 0, a difesa della biodiversità nei confronti della globalizzazione e dell’omologazione, ma che non deve dimenticare l’eccellenza di molti prodotti, presenti anche fuori del proprio territorio. E soprattutto che la cucina, con la sua eterogeneità di piatti sapientemente composti, come il costante confronto culturale, sono alla base della crescita e dello sviluppo di un Paese.

Soprattutto la cucina, come la cultura, da sempre è sinonimo di ibridazione e che non ha senso rinchiudersi nel proprio orticello. Nella civiltà contadina non c’era separazione fra la cucina del casolare e la sala da pranzo, anzi non credo si conoscesse un luogo dedicato all’alimentazione diverso da quello dove si preparava. Poi per un eccesso di eterogenesi dei fini, nel voler a tutti i costi copiare i palazzi aristocratici (che erano stati distrutti da poco) inventammo la sala da pranzo, forse per sognare anche noi che i cibi potessero essere preparati lontano da noi. Oggi la cucina è vita, ritorna ad essere il centro, vorrebbe essere il centro di una famiglia che non ha più tempo di cucinare, di stare insieme, di viversi una litigata “sotto” l’intenso odore di porcini al balsamico, o di baccalà e di fare la pace grazie anche ad un buon bicchiere di vino delle nostre terre.

È la stessa parabola dei politici. Prima vivevano nei luoghi del potere, poi è nata la mistica del politico “uno di noi”, per finire al paradosso del politico antipolitico.

Dà fastidio l’eccesso. È come se solo il kebab o le bombette fossero degne di essere mangiati.

Ma anche e soprattutto l’assenza della tavola, ossia della convivialità.
Invece si tratta di riscoprire l’importanza della tavola come luogo di scambio sociale e culturale.

E – soprattutto – luogo di comunicazione.

Partendo da questi presupposti la Delegazione Ferpi Lazio ha organizzato, lo scorso 23 ottobre, un incontro su Food Speaking tra Comunicazione Cultura e Benessere, nel quale hanno discusso lo Che, Alessandro Circiello, protagonista di programmi televisivi su tematiche culinarie e Giuseppe Rando, Specialista in Scienza delle Alimentazione ed autore della pubblicazione Come mangiano i leoni.

Tra i vari argomenti di confronto i due relatori hanno dibattuto soprattutto su come, quando e perché è esplosa negli ultimi tempi la “cultura” del cibo e della cucina.

Se c’è sempre stata con questa forza, o solo negli ultimi anni, e soprattutto il ruolo dei social network e ai nuovi mezzi che hanno contribuito a diffonderla così tanto, così come si è effettivamente evoluto un culto/cultura del cibo ovunque e in contemporanea.

Inoltre, si è cercato di comprendere perché persone anche con alte professionalità – completamente distanti dalla cultura del cibo – abbiano avvertito l’esigenza di una qualificazione, di attestati di eccellenza in sistemi che sono poi, col tempo, diventati una sorta di ragione di vita.

Il socio Mauro Covino del Gruppo di Lavoro Relazioni Istituzionali unitamente alla Delegata Regionale, Cristina Marchegiani ed ai soci Vincenzo Manfredi, Portavoce del Gruppo di Lavoro Relazioni Istituzionali ed Irene Paximadas, Portavoce del Gruppo di Lavoro Cultura e rappresentante Gruppo Relazioni Istituzionali, hanno contribuito al buon successo dell’iniziativa che è terminata – naturalmente… – con un ricco buffet in noto locale della zona Prati di Roma.
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