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Il Branded Content una disciplina in crescita

19/09/2014

Ancora poco conosciuto in Italia, il Branded Content rappresenta una grande novità che scompaginerà gli assetti esistenti nel mondo della comunicazione. Ne abbiamo parlato con _Paolo Bonsignore_ e _Joseph Sassoon,_ autori di un recente libro sul tema, che hanno evidenziato come ogni azienda “debba diventare una media company”.

Il Branded Content rappresenta una grande novità nel mondo della comunicazione d’impresa. Come le aziende possono diventare (con successo) produttrici di contenuti?
La condizione è quella che ha messo in evidenza Michael Brito fin dal titolo del suo ultimo libro Your Brand: The Next Media Company: ogni azienda o marca deve diventare una media company. L’esempio più chiaro, che abbiamo posto all’inizio del nostro testo, è quello di Red Bull, un’azienda che ha interpretato questo concetto così a fondo da creare la Red Bull Media House, una struttura in cui lavorano oltre 500 esperti di contenuto. Detto in altri termini, per aziende che vendono prodotti e servizi d’altro tipo (non mediali) fare Branded Content e diventare una media company significa: assicurare flussi continuativi e aggiornati di contenuti di qualità su temi pertinenti alla marca (ma non incentrati sui prodotti); sviluppare contenuti che la gente voglia recepire e condividere spontaneamente; proporre una brand story coinvolgente che mantenga la sua coerenza attraverso molteplici canali e piattaforme; introdurre nuove competenze e skill nell’organizzazione; e varie altre cose ancora, che spieghiamo in dettaglio nel libro.
Cosa differenzia il Branded Content dallo storytelling?
Lo storytelling può essere una componente molto importante del Branded Content, ed è cruciale quando questo ha finalità di intrattenimento. Tuttavia non sempre il Branded Content ha questo scopo. Come chiariamo nel nostro volume, vi sono altre due finalità principali: quella informativa e quella educativa. In queste due dimensioni il racconto di storie può essere ancora utile o può non esserci affatto, se l’informazione e l’aspetto educativo vengono proposti in altre forme. Tornando ai casi di Branded Content con scopi di intrattenimento, nel libro facciamo vari esempi in cui lo storytelling ha un ruolo essenziale. Peraltro ne facciamo anche uno in cui, pur essendo lo scopo di entertainment, non si tematizzano tanto racconti quanto una forma particolare di esperienza. È il caso dell’iniziativa Re:Generation di Hyundai, un progetto nel quale a cinque DJ di fama mondiale è stato richiesto di ideare soluzioni musicali innovative con artisti di generi musicali diversi da quelli in cui ognuno di essi è specializzato. Ne sono uscite performance straordinarie che hanno molto giovato alla marca, ringiovanendone l’immagine e rendendola più cool.
Quali sono gli sviluppi e le applicazioni future?
Nelle nostre conclusioni sottolineiamo che il Branded Content è ai suoi inizi e ha davanti a sé potenzialità formidabili e confini tutti da scoprire. L’implicazione più grande è che il Branded Content sta rimescolando parecchio le carte nei rapporti tra aziende, agenzie (di pubblicità, PR, media), case di produzione, broadcaster, istituti di ricerca. L’azienda diventa molto più protagonista della produzione di contenuti. Certo, questo non significa che le agenzie non avranno più un ruolo da giocare. Ma la loro capacità di restare rilevanti dipenderà da quanto in fretta comprenderanno il senso e la portata della trasformazione in atto, e si organizzeranno per supportare il lavoro sui contenuti svolto direttamente da marche e aziende.
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