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Il nuovo ruolo delle Relazioni Pubbliche

18/03/2010

Una professione come la nostra deve sempre anticipare l’evoluzione stessa della società nella quale opera. Lo afferma Beppe Facchetti, neo presidente di Assorel, in un’intervista recente che ha rilasciato a Ferpi.

Beppe Facchetti è il nuovo presidente di Assorel, l’associazione delle agenzie di relazioni pubbliche a servizio completo. Impegnato da oltre 30 anni nella comunicazione d’impresa, Facchetti ha recentemente pubblicato assieme a Laura Marozzi la nuova guida de Il Sole 24 Ore alle Relazioni Pubbliche. Attualmente vicepresidente di Epr Comunicazione, una delle più grandi agenzie italiane, in passato è stato responsabile delle relazioni esterne de “la Rinascente”, dell’Unione Industriale di Torino, del Consorzio Replastic e consulente per la comunicazione istituzionale e politica di Presidenti di Confindustria, Ministeri, aziende e associazioni di categoria. Insegna dal 2006 “Relazioni Pubbliche” al Corso Magistrale di comunicazione politica e sociale dell’Università degli Studi di Milano. Riproponiamo una recente intervista che ha concesso a Ferpi.
Da target a partner… in oltre cento anni la funzione delle Rp e la nostra professione sono cambiati profondamente. A che punto siamo?
Una professione come la nostra deve sempre anticipare l’evoluzione stessa della società civile nella quale opera. I segnali non sono negativi. Cento anni fa, e anche prima – quando le Rp nascono in USA – può darsi che target e partner, per le prime Rp, coincidessero, ma – parafrasando Obama da Letterman – possiamo dire che così come il Presidente era nero anche prima di essere eletto, gli stakeholder c’erano anche quando non c’erano le Rp… E anche allora occorreva individuarli e conquistarne il consenso. Lo capirono per primi, figuriamoci, i padroni delle ferriere, che oggi però non ci sono più, se non altro perché da un pezzo hanno constatato che non conviene. La CSR è ormai un dover essere di qualunque impresa. Da parte loro, i relatori pubblici sanno bene che sul mercato del consenso quasi nulla si può comprare. I Tarantini hanno le gambe corte, anche se definirli uomini “di PR” fa molto male al nostro lavoro….
I relatori pubblici sono sempre stati visti come dei manipolatori, come persuasori.
C’è una bella differenza tra manipolatore e persuasore. Persuadere, cioè convincere razionalmente, è il nostro fine. Il bello del mestiere sta comunque nell’applicare bene la tecnica spin, cioè nel sapere dare un “effetto” alla comunicazione. L’effetto è ciò che ci fa uscire dall’anonimato del cluster, ci fa salire sopra il brusio di una società in cui le informazioni si contano a miliardi. Non è falsità, ma diversità creativa nelle scelte gerarchiche, finalizzata a suscitare attenzione & consenso. D’altra parte, tutta la comunicazione è cambiata. In Tv prevale il palinsesto ad personam, nei giornali si dovrà capire prima o poi che ormai la notizia è già stata data la sera prima al TG o addirittura minuto per minuto dalla rete (e, piaccia o non piaccia, i più veloci a capirlo sono stati Ferrara con “Il foglio” e Feltri con i titoli spin). Anche i media di massa devono fare offerte comunicazionali frutto di una scelta, di una selezione, di una proposta interpretativa. Questo vale ancor più per le Rp, con il solo limite del rispetto delle leggi, dell’etica professionale e della verità.
Nonostante la situazione sia radicalmente cambiata, ancora oggi, nel nostro Paese, c’è chi fa ancora molta confusione tra le diverse anime della comunicazione…
Il nostro mestiere non è ancora ben capito e conosciuto. Basta pensare a come sono fatti i bandi di gara, che confondono comunicazione push e pull.Questo vale per il bando pubblico, che vuole sempre “tutto e subito” anche per la precarietà di un mondo politico-amministrativo che ha l’ansia della prestazione elettorale ogni stagione. Anche il privato, intendiamoci, quando non ha i soldi per la pubblicità, chiede ancora ossessivamente ufficio stampa e poco più. Quasi fosse un modo per far pubblicità senza pagare una concessionaria. Campagne relazioni orientate alla persuasione, all’accettazione profonda del messaggio, e soprattutto alla reputazione, sembrano un lusso. Mentre sono la forza profonda, sul mercato.
La funzione comunicazione, come è emerso anche da una recente ricerca di Assorel, è sempre più centrale nella governance delle organizzazioni complesse e il professionista ha assunto un ruolo di primo piano. I Pr italiani sono preparati ad affrontare questa nuova situazione.
Qualcosa di importante è cambiato di recente, in linea con la crescita dell’istituzionalizzazione del ruolo, così come approfondito nel Congresso Euprera di Milano 2008. Sarà poi un paradosso, ma dobbiamo “ringraziare” la crisi economica e finanziaria. Il ruolo dell’investimento in Rp è cresciuto ancor più di quanto non sia diminuito in parallelo il ruolo dell’advertising tradizionale. I tagli agli investimenti in comunicazione pubblicitaria, dopo un momento di panico (primo trimestre 2009) non sono stati sempre tagli alla spesa complessiva in comunicazione. Si è capito che occorreva una comunicazione più riflessiva, più di lungo periodo e si sono scoperte le Rp. E’ come quel viaggiatore per il quale esiste solo l’aereo, che in un giorno di sciopero scopre che il treno può benissimo essere un mezzo alternativo, magari più comodo ed efficace per arrivare “in centro”..
Dunque, anche la crisi ha fatto crescere il settore
Un classico caso di trasformazione del pericolo in opportunità. I Pr italiani hanno dimostrato prontezza nell’affrontare la nuova situazione. Anche per noi il brivido della crisi è stato inquietante, ma – superato quel trimestre maledetto – domanda ed offerta si sono incontrate quasi naturalmente: la domanda più matura chiedeva infatti qualcosa che le difficoltà esterne hanno reso più virtuoso e più professionale.
I nuovi media e soprattutto i social network hanno spostato molto del nostro lavoro sulla Rete. Quali gli scenari futuri?
L’esplosione dei social media, la loro crescita quantitativa e qualitativa è stata proprio quel punto d’incontro nuovo tra le Rp più moderne e le persistenti esigenze delle imprese di parlare con platee più vaste. Per noi, un linguaggio nuovo, una sfida ad abitudini e conformismi tradizionali. Per i committenti un modo per uscire dai vincoli della nuova realtà di mercato. Lo spot tv sarà sempre insostituibile in alcuni ambiti, ma se in molti segmenti della platea di riferimento il web “sorpassa” la tv (tra l’altro ostinatamente generalista), sarà pur necessario modificare anche qui abitudini e conformismi. Certo che si rischia, quando si va sul web 2.0, certo che si prendono delle grandi sconfitte se non si è preparati, attrezzati e rispettosi dell’etica della rete (attenti allo spin troppo disinvolto!), ma la reputazione della professione passerà sempre più da questa strettoia.
I dati Ferpi-Assorel sulla qualità dei corsi di laurea in comunicazione parlano di un panorama formativo ancora inadeguato alle reali esigenze del mercato. Da docente universitario cosa consiglierebbe per aggiustare il tiro
La situazione sta comunque lentamente migliorando e ha torto Bruno Vespa, prigioniero della vecchia convinzione che il giornalismo non si insegna. Occorrono certo qualità caratteriali e personali, ma questo vale per qualunque professione. Anche i comunicatori della mia generazione hanno utilizzato il “fai da te” e hanno visto con sgomento iniziale le masse degli iscritti a queste nuove Facoltà. Ma una preparazione di base ci vuole. Ferpi/Assorel, grazie al lavoro di Emanuele Invernizzi e della Consulta da lui presieduta, hanno sotto monitoraggio da tempo le Università italiane e oggi siamo arrivati a superare il 50% di endorsement. Poco o tanto? Più di quello che comunemente si pensa.
Dopo oltre 30 anni di professione, quali sono, secondo lei, gli elementi caratterizzanti delle relazioni pubbliche, quelli che non cambieranno mai.
A costo di essere banale, nel rispondere a questo sono conservatore alla Vespa. La preparazione, e sopratutto la specializzazione, sono il futuro di questo mestiere, ma i fondamentali restano sempre gli stessi. Cultura, cultura, cultura del mondo contemporaneo, e curiosità come stimolo e approccio personale.
Qual’è il segreto di relazioni pubbliche efficaci?
Non c’è un segreto che risolve tutto, e tanto meno garantisce efficacia. Diciamo che conta la componente umana: bisogna sapere che al centro di tutto non sta solo il cliente, il consumatore, lo stakeholder, ma sta il singolo uomo, con la sua personalità, con le sue mille diversità. Le Rp sono un po’ come la politica, quella buona naturalmente: un mix di psicologia, sociologia, filosofia di vita, senso dell’etica civile. E di nuovo cultura. Tutti fattori che connotano l’umanesimo.
Infine qual’è il ruolo di un’associazione professionale?
Credo molto nell’associazionismo: mi sono iscritto alla Ferpi nel 1972 e ho portato Assorel in Confindustria. L’ho sempre praticato e vissuto, perché anche una piccola associazione come è Assorel, ti dà uno spaccato di vita autentica, di differenze tra Nord e Sud, uomini e donne, piccole e grandi aziende. E c’è tanto da imparare, in questo volontariato.
gp
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