Ferpi > News > In vista delle conferenze di organizzazione della Ferpi

In vista delle conferenze di organizzazione della Ferpi

02/04/2009

E tu? Dove sei? Che pensi? Che fai? Domande e riflessioni di Toni Muzi Falconi... Inizia il dibattito in vista della Conferenza Programmatica del 15 aprile a Milano e del 20 aprile a Roma.

Sono proprio contento che siano state convocate le conferenze di organizzazione di Roma e di Milano e sono molto dispiaciuto di non potervi partecipare, non essendo in Italia in questo periodo.
Questa Ferpi è proprio curiosa: tutto tace per anni, solo i soliti noti che si danno da fare, suscitando le abituali ironie (nel migliore dei casi…) della maggioranza silenziosa, poi… quando si avvicina un turno elettorale le acque tornano ad agitarsi. E’ un classico.


Intendiamoci: si parla sempre di minuscole minoranze. Nel primo caso, ad essere generosi, una quindicina di persone; nel secondo caso diciamo che il numero si moltiplica per due o per tre.
Ad agitarci diventiamo una cinquantina.


E’ davvero difficile da capire, ma è sempre così. Possibile che il singolo socio non si renda conto che il nostro lavoro ci cambia ogni giorno sotto gli occhi e che soltanto se ci scambiamo idee, concetti, esperienze, relazioni ne usciamo arricchiti anziché disintermediati?
Non è chiara quale razionalità vi sia nel lasciare ad altri il compito di guidare le politiche, i servizi, i contenuti di una associazione professionale?


La maggioranza è soddisfatta di quel che il gruppo dirigente dice di fare, ma in realtà delega ai pochissimi soliti noti? Io personalmente ne dubito.
Intendiamoci bene, personalmente sostengo questa Presidenza e mi auguro davvero che abbia vita ancora un paio di anni. Non certo perché abbia fatto cose mirabolanti, ma ha fatto certamente cose utili, indispensabili e, soprattutto, ha saputo tenere in piedi la baracca nella situazione che ho appena descritto… e già per questo merita una conferma.


A proposito della nostra disintermediazione voglio farvi un esempio specifico, proprio di questi giorni.


Come qualcuno saprà, è stata aperta una procedura di infrazione (una delle tante) contro l’Italia per non avere ancora emanato il regolamento di applicazione di una Direttiva Europea approvata dal nostro Parlamento da parecchi mesi che si riferisce alla trasparenza della informazione e della comunicazione delle società quotate in borsa. Il Parlamento ha affidato l’emanazione dei regolamenti alla Consob che, a sua volta, si sta consultando con gli operatori.
Sta di fatto che, a differenza di quanto avviene in altri Paesi dell’UE, la comunicazione e l’informazione finanziaria delle società quotate da noi è parecchio meno trasparente.


Gli interessi che la ostacolano sono parecchi poiché l’applicazione della direttiva produrrebbe alcune conseguenze negative per alcuni ‘intermediari’ che dovrebbero rinunciare a rendite di posizione: borsa italiana ad esempio, oppure gli editori; ma metterebbe gli investitori in una condizione di parità rispetto a quelli degli altri paesi.
Fra questi intermediari sono anche i relatori pubblici.


Nascerebbero infatti piattaforme tecnologiche, che già esistono in altri Paesi, che mettono a disposizione degli operatori del mercato, in tempo reale e in latitudine globale, anche informazioni e servizi tipici della parte più manifatturiera del lavoro dei relatori pubblici.


A questo punto una associazione professionale – ammesso che ne sia consapevole (e già questo è un problema non da poco se nessun socio che si occupa di comunicazione finanziaria avverte la propria associazione delle questione…) – ha di fronte a sé alcune opzioni:


- ignorare la cosa;
- fare come fanno alcuni editori che battono la grancassa per impedire l’applicazione della direttiva sostenendo (la faccia è ben tosta..) che i giornali sono perfettamente in grado di tenere informati gli operatori del mercato al livello degli altri paesi. Nel nostro caso, potremmo svolgere anche noi una azione di lobby per ritardare di qualche mese il processo decisionale e vantarci con i nostri soci che avrebbero così più tempo per predisporre le contromisure;
- prendere atto della situazione, informarci bene, invitare qualcuno a spiegarci cosa succede nei paesi in cui la direttiva è stata applicata, coinvolgere altri soggetti e, comunque, invitare e aiutare i nostri soci a reintermediare la loro offerta al mercato in direzione di un maggiore valore aggiunto, esaltando la caratteristica principale della nostra specificità professionale, che è il governo delle relazioni ed utilizzando quelle stesse piattaforme tecnologiche o costruirne altre per ingaggiare i nostri stakeholder in una relazione di reciproco vantaggio.


Personalmente non avrei dubbi su quale delle tre strade intraprendere, ed è l’ultima.


Ma è giusto che una posizione sia decisa ed assunta così senza un minimo di discussione e di presa di consapevolezza degli altri soci?
E cosa ne pensano quelli che si occupano di comunicazione finanziaria?
Qualcuno ha una opinione?


Ecco, per chiudere l’esempio (che comunque dovrà pure trovare una via d’uscita..anche quella del silenzio è una via di uscita..poco raccomandabile..intendiamoci), le cose di cui una associazione dovrebbe discutere anziché dilungarsi per interminabili riunioni fra pochissimi burocrati appassionati del pelo nell’uovo sulla dizione di un articolo di un regolamento interno.
Riunioni che scoraggerebbero anche i più volenterosi dei soci.


Corrono voci, per ora solo voci, che ci siano alcuni soci insoddisfatti di questo gruppo dirigente.
Hanno perfettamente ragione.


Io, perlomeno, lo dico esplicitamente: anch’io sono insoddisfatto di questo gruppo dirigente, se per tale intendiamo le oltre cinquanta persone che hanno una qualche carica associativa, la maggior parte delle quali non ha combinato un accidenti nel biennio trascorso.


Che aspettiamo a chiedere loro sommessamente di lasciare dignitosamente un incarico che non hanno preso sul serio?
Che aspettiamo a ridurre le cariche?
Che aspettiamo ad affidarle a chi abbia dimostrato di lavorare per l’associazione?


Personalmente la mia idea ce l’ho, non è detto sia quella giusta: un consiglio nazionale di bandiera con i nomi dei soci maggiormente rappresentativi di soggetti pubblici, sociali e privati che si riunisca quattro volte l’anno (e non una di più) per approvare le decisioni dell’esecutivo già rese operative.


Un esecutivo ridotto di massimo dieci persone che ricevano deleghe operative e che abbiano già dimostrato di impegnarsi proficuamente per l’associazione.
Una forte riduzione delle commissioni e dei loro componenti.


Mi fermo qui, augurandomi che questo sito possa finalmente tornare ad essere quello che era pur stato: uno spazio di discussione, di dibattito, di cultura, di scambio.


A partire da un invito pressante agli insoddisfatti di farsi vivi, di dire la loro, di mettere chi vuole lavorare sulla giusta strada.


tmf
Eventi