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Istat: da pubbliche relazioni a Relazioni pubbliche

10/01/2013

L’istituto di statistica, accogliendo la proposta di una ricercatrice e comunicatrice dell’Università di Salerno ha modificato la classificazione delle relazioni pubbliche. Decisione in cui il ruolo culturale esercitato da Ferpi e la tematizzazione sviluppata negli ultimi anni è stata decisiva.

Non sarà facile modificare il linguaggio comune e quel termine, pubbliche relazioni, che ha rappresentato un grande ostacolo allo sviluppo della professione in Italia. Ma la modifica della denominazione apportata dall’Istat alla classificazione delle professioni rappresenta un altrettanto grande passo avanti. Negli ultimi giorni di dicembre, infatti, accogliendo la proposta di una docente e ricercatrice dell’Università di Salerno, Daniela Vellutino, studiosa di Terminologia e socia dell’Associazione della Comunicazione pubblica, l’Istituto nazionale di Statistica ha modificato la terminologia e la relativa classificazione della professione cambiandola da pubbliche relazioni a Relazioni pubbliche.
Un traguardo storico che, se ai più potrebbe sembrare un aspetto secondario, rappresenta, invece, una svolta epocale. La decisione dell’Istat, infatti, si ripercuoterà sulla terminologia utilizzata dalla Camere di commercio per la registrazione delle imprese del settore. L’Istat ha accolto la proposta di modifica, assieme ad altre relative a professioni della comunicazione, all’indomani del XXII Convegno dell’Associazione Italiana per la terminologia (Ass.I.Term), Comunicare in Europa. Lessici istituzionali e terminologie specialistiche che, nel 2012 si è tenuto a Salerno il 25 e 26 maggio, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione dell’Università di Salerno.
A quel convegno, cui Ferpi partecipò con il suo vicepresidente, Giancarlo Panico, la discussione sulla classificazione delle professioni e l’importanza di un linguaggio condiviso, anche nella terminologia, ancor prima che nella formazione e nella prassi, ruotò attorno all’intervento di Pietro Scalisi dell’Istat sull’evoluzione delle competenze professionali e la nuova classificazione. “Le novità introdotte nell’ultima edizione della classificazione (la Cp2011) – disse in quella sede Scalisi – riflettono le trasformazioni del mercato del lavoro nel tentativo di adeguare la trama classificatoria ai settori professionali emergenti e all’innalzamento generale della complessità dei contenuti del lavoro. Necessità dettata anche dal mercato e dall’evoluzione delle competenze professionali che hanno nella comunicazione una tra le più importanti competenze trasversali”.
La modifica è stata poi materialmente effettuata dall’unità operativa ‘Rilevazione, analisi e classificazione delle professioni’ guidata dalla dott.ssa Francesca Gallo, che cura la tenuta e l’aggiornamento continuo dell’impianto tassonomico e del suo dizionario.
Nella decisione dell’Istat, oltre la richiesta di modifica, adeguatamente circostanziata, ha giocato un ruolo importante la notorietà di Ferpi, l’autorevolezza delle sue posizioni in merito alla tematizzazione della professione e la capacità di giocare un forte ruolo culturale nell’ultimo decennio, anche mediatico che ha portato un contributo determinante alla cultura della professione in Italia.
Insomma la tematizzazione sviluppata in questi anni da Ferpi, anche attraverso il sito internet e i mezzi di informazione come la newsletter e il magazine, considerati un punto di riferimento, ha avuto un ruolo fondamentale perché oggi, googlando l’espressione relazioni pubbliche, ma anche pubbliche relazioni, e le parole fondamentali della professione, i principali motori di ricerca rimandano ai siti di Ferpi e Assorel, nonché a corsi di laurea, agenzie, blog e profili twitter che ormai all’unanimità hanno cambiato la loro denominazione in relazioni pubbliche e non le ormai desuete pubbliche relazioni.
L’Istat classifica la professione delle relazioni pubbliche tra le Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (2.5.1.6) individuando una categoria dedicata che è quella di “Specialisti delle relazioni pubbliche, dell’immagine e professioni assimilate”. C’è ancora da lavorare sulla definizione, ma il risultato più importante è stato messo a segno. L’Istituto di statistica, infatti, le definisce come quelle “professioni comprese in questa unità che promuovono le relazioni pubbliche e l’immagine di un’impresa o di un’organizzazione scrivendo testi, selezionando e diffondendo materiale pubblicistico favorevole, organizzando e sponsorizzando eventi di particolare importanza e visibilità, attività benefiche a favore della popolazione e attività similari non direttamente collegate alla promozione pubblicitaria”.
Non siamo ancora ad un livello comparabile alla nuova definizione di Rp cui si è lavorato negli ultimi anni e che a Melbourne ha aggiunto un ulteriore tassello, parlando del “carattere” delle organizzazioni, ma la strada intrapresa va nella direzione del riconoscimento del ruolo e del valore delle relazioni pubbliche.
Magari ci toccherà ancora per qualche tempo raccontare la ormai famosa storiella di Toni Muzi Falconi sulla differenza tra pubbliche relazioni e relazioni pubbliche facendo riferimento alla storica lirica di Leopardi, Il passero solitario, ma il più è fatto.
Vale la pena ricordare, anche a beneficio dei tanti che condivideranno sui propri profili social questo articolo, che dire “pubbliche relazioni” è sbagliato perché quel “public” dell’espressione anglosassone non si riferisce alla sfera pubblica (e quindi all’abilità di intrattenere relazioni in pubblico) ma al sostantivo “pubblici”, i soggetti con cui si sviluppano e si intrattengono “le relazioni”. Per cui la traduzione in italiano di public relations è “Relazioni pubbliche” e non “pubbliche relazioni”.
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