La nuova sfida? L’economia della felicità
19/04/2011
Il wellness è uno dei segmenti con le più forti potenzialità di sviluppo per la nostra economia. E' un mercato in crescita, fortemente legato a quello del turismo e della promozione del territorio. Sugli scenari di questo interessante settore, anche per i professionisti della comunicazione, _Il Sole 24 Ore_ ha chiesto un’analisi a _Filomena Rosato,_ fondatrice di FiloComunicazione e Vicepresidente di Assorel.
di Filomena Rosato
Sulla bellezza siamo tutti d’accordo: può migliorare il mondo, migliorare noi stessi. La bellezza è la property dell’Italia. È il senso di armonia che abbiamo negli occhi, per la natura ci circonda, per l’arte come abitudine in un paesaggio mai banale. E’ anche per questo che siamo in grado di riprodurre e riproporre la bellezza in un lavoro creativo di qualsiasi tipo – il design, la moda, l’artigianato – e lo esportiamo come cultura del vivere. La bellezza è dunque soltanto il primo passo. Passare dalla contemplazione astratta alla sensorialità, al benessere fisico che diventa psichico è un’arte che può certamente diventare impresa. E sostenibilità, eccellenza, qualità, ingegno i principi cardine di ciò che oggi impropriamente si definisce wellness.
E’ un termine che indica molte cose: la cultura del benessere, le tecniche, i luoghi di un business che oggi vale 4 miliardi (Istat 2009) dà lavoro a trentamila imprese e fa registrare quindici milioni di presenze alberghiere. E le vacanze-benessere sono soltanto il 4,2 per cento del totale.
L’Italia ha nel suo Dna lo sviluppo di un’economia del wellness e può farlo meglio di altri perchè ha un patrimonio di natura, cultura e storia senza rivali, eppure non è ancora riuscita a esprimere un progetto complessivo, un’idea forte che faccia emergere la sua meravigliosa diversità. Si sorvola sulle competenze specifiche. C’è talvolta improvvisazione e approssimazione (non si distingue tra centri estetici, centri benessere, beauty farm, spa, terme) e non c’è ancora un’agenda nazionale di valorizzazione delle risorse. Perciò è arrivato il momento di decidere che il 2011 è l’anno zero e, da adesso, si mette ordine, si fa un elenco delle priorità e ci si impegna sul serio. Obiettivo: trasformare l’idea del benessere in uno stile di vita che riguarda tutti, un po’ come nell’antica Roma l’abitudine delle Terme. Non un lusso, ma un elemento della quotidianità, un luogo di normale aggregazione sociale, quasi una routine. E’ la direzione giusta: tra il 2004 e il 2008 l’incremento del settore è stato del 24 per cento, con la nascita di seimila nuove aziende. Concentriamoci su questo segnale positivo.
E ripartiamo dall’acqua. Italia è mare, fiumi, laghi, una risorsa invidiabile. Eppure, con 1800 chilometri di costa non abbiamo il primato della talassoterapia. Le sorgenti termali non sempre sono ben sfruttate e zone a forte vocazione turistica focalizzate su altri modelli di sviluppo stanno segnando il passo ma l’economia insegna che le riconversioni sono sempre possibili. Prendiamo atto di un dato importante: il concetto di turismo si evolve con l’individuo e ha bisogno del suo riconoscimento. E’ un complesso culturale di elementi intangibili nel quale convergono la vacanza, il viaggio, la scoperta, la rappresentazione, la libertà. Per poter rispondere ai bisogni dell’individuo deve essere in grado di innovare se stesso continuamente. Non basta più il sole (che a molti adesso fa paura), una bella spiaggia o la bellezza del territorio perché il teorema sia perfetto. L’offerta deve essere coinvolgente, deve suggerire un percorso personale, un’emozione, deve essere integrata dai servizi, comunicata adeguatamente e il benessere è al primo posto delle richieste. Una grande chance: le possibilità di sviluppo dell’economia non sono legate alle stagioni, né a un particolare tipo di paesaggio, ma alla capacità di rispondere a suggestioni, a desideri, a bisogni.
Rimettiamo al centro la professionalità. Le regole sono ancora molto vaghe, nel mondo del wellness c’è di tutto e non tutto garantisce livelli alti di qualità. Invece bisogna procedere come in una vera azienda, con standard certificabili, regole, valutazioni e garanzie. Soltanto così potremo essere scelti come meritiamo.
Contestualizziamo la questione dell’ambiente. Wellness significa guardare al futuro, significa sostenibilità, strategie che valorizzino le nostre risorse: il sole e il vento per l’energia, i fanghi e le acque termali per trattamenti di bellezza e comfort, i prodotti a chilometro zero, l’artigianato. Significa promuovere, insieme con il benessere personale, una visione del mondo legata allo stile di vita, capace di innescare un circolo virtuoso. Come sostiene James Lovelock, la terra è il pianeta vivente, e noi possiamo respirare la sua energia. Anche questo è benessere.
Abbiamo un traguardo ormai vicinissimo, l’Expo 2015 a Milano e il suo simbolo è l’Uomo di Leonardo. Dobbiamo avere una nuova ambizione. Nutrirci della bellezza per nutrire l’economia e il ‘Pianeta Italia’ con i suoi tanti territori. Business e armonia possono andare d’accordo. E’ la sfida di una nuova impresa, di una nuova forma di industria, responsabile, etica. Che cosa c’è di più etico che tornare alle radici dell’uomo, all’equilibrio tra il dentro e il fuori? Al di là dei numeri, dei timori di crisi e dei rischi che ogni crescita comporta, il traguardo è questo: aiutare gli altri a star bene e star meglio anche noi. Con il filosofo Christophe Andrè, ma anche Amartya Sen o il Dalai Lama, potremmo chiamarla economia della felicità.
Tratto da Il Sole 24 Ore