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L’UE verso il Digital Markets Act

#TaccuinoDigitale

30/03/2022

Lo scorso marzo l’Unione Europea ha annunciato di aver trovato un accordo sul Digital Markets Act (DMA), il più grande sforzo legislativo per regolare il mercato digitale. Anche se il voto è previsto non prima dell’autunno l’annuncio di Margrethe Vestager ha già creato non pochi malumori tra i Big del mercato digitale per l’accento su uno degli aspetti della futura normativa: la spinta verso l’interoperabilità degli instant messenger.

L'annuncio della conferenza stampa convocata nei giorni scorsi infatti affronta proprio la tematica della interoperabilità delle app di messaggistica come WhatsApp, Facebook Messenger e iMessage in base alla quale l'UE richiede ai fornitori di "aprirsi e interoperare con le piattaforme di messaggistica più piccole, se lo richiedono". Secondo l’UE questo principio dovrebbe dare agli utenti più scelta nel modo in cui inviano i messaggi, senza doversi preoccupare di quale piattaforma utilizzi il destinatario. Altra richiesta agli operatori è di rendere gli utenti liberi di "scegliere liberamente il loro browser, assistenti virtuali o motori di ricerca".

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L’obiettivo, secondo il commissario UE per la concorrenza, Margrethe Vestager, sarebbe rendere il settore tecnologico più "aperto e contendibile".

Il DMA è di ampia portata e destinato a consentire una serie di azioni antitrust future, ma contiene anche una serie di richieste specifiche per le aziende tecnologiche. Queste includono:

Interoperabilità. I gatekeepers dovrebbero permettere alle loro piattaforme di lavorare con servizi simili di terze parti più piccole. Esattamente come questo sarà interpretato non è ancora chiaro, ma potrebbe significare permettere agli utenti delle grandi piattaforme di messaggistica come WhatsApp di contattare gli utenti su altre piattaforme. Detto questo non stupisce che Google ed Apple abbiano già espresso le loro riserve in merito. Inoltre si sollevano questioni legate alla privacy nel momento in cui Whatsapp dovesse ad esempio accettare la ricezione di messaggi anche da app che non applicano la cifratura e tecniche (come mantenere la cifratura tra app diverse).

Il diritto di disinstallare. I consumatori devono avere più scelta su software e servizi, in particolare nei sistemi operativi mobili come iOS e Android. Dovrebbero essere in grado di disinstallare qualsiasi software precaricato, e avere la possibilità di scegliere quando si imposta un nuovo dispositivo quale servizio vogliono utilizzare per applicazioni come la posta elettronica e la navigazione web.

Accesso ai dati. Le aziende dovrebbero essere in grado di accedere ai dati che generano per piattaforme più grandi. Questo significherebbe, per esempio, permettere alle aziende che vendono beni su piattaforme come Amazon di accedere alle analisi di Amazon sulle loro prestazioni.

Trasparenza pubblicitaria. Se un'azienda compra pubblicità su Facebook, per esempio, dovrebbe avere gli strumenti per verificare in modo indipendente la portata dei suoi annunci. Alle aziende tech sarà anche vietato di "combinare i dati personali per la pubblicità mirata" senza un consenso esplicito.

La fine dell'auto-preferenza. Le aziende non possono usare le loro piattaforme per mettere i loro prodotti al primo posto. Questo significa che Google, per esempio, non può mettere il suo servizio di shopping in cima ai risultati di ricerca a meno che non ci sia una sorta di gara competitiva per quel posto.

Si tratta in parte di temi già portati avanti singolarmente dalla legislazione europea negli ultimi anni ma che andranno a confluire, ulteriormente rafforzati, in questa unica legge futura. Interessante seguire gli sviluppi, quindi, di questo percorso che vede sempre più fronteggiarsi il tentativo della legislazione europea di “imbrigliare” e porre limiti allo strapotere dei big del tech per uno spazio web che sia veramente aperto, partecipativo e competitivo come ha promesso di essere fin dalle origini.

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