La nuova normativa segna un importante cambiamento per la promozione di un ambiente online sicuro e responsabile, migliorando i meccanismi per la rimozione dei contenuti illegali. Per la prima volta un'unica serie di norme applicabili in tutta l'UE sugli obblighi e la responsabilità degli intermediari online per salvaguardare i diritti fondamentali degli utenti e fare sì che le aziende non debbano più confrontarsi con 27 diverse serie di regole nazionali.
Valentina Citati
Il Digital Service Act, già entrato in vigore il 16 novembre 2022, ha cominciato a concretizzarsi lo scorso 25 agosto dopo l’iniziale fase di raccolta dei dati dalle stesse piattaforme sulla numerosità dei propri utenti, in modo che la Commissione potesse valutare se dovessero essere designate come piattaforma o motore di ricerca di grandi dimensioni.
La nuova normativa, infatti, si applica a tutti gli intermediari online, siano essi social network, motori di ricerca, marketplace, servizi di hosting stabilendo però obblighi differenziati in base alla loro grandezza, al ruolo e al loro impatto sull'ecosistema digitale.
Si colma così una lacuna importante dal momento che la normativa precedente risaliva a prima del 2000 basandosi, quindi, su considerazioni datate e incapace di regolamentare il dilagare di nuovi fenomeni quali la disinformazione, l’hate speech e le relative questioni del controllo dei contenuti e dei meccanismi di moderazione. Oggi, infatti, gli utenti sono spesso esposti a beni, contenuti o servizi illegali, ma le decisioni a riguardo sono per lo più a discrezione delle piattaforme (1).
Sono proprio le piattaforme online di grandi dimensioni (ovvero quelle che raggiungono più del 10% dei 450 milioni di consumatori europei) che dovranno ottemperare agli obblighi più numerosi e stringenti a ragione del rischio ad esse connesse per la diffusione di contenuti illegali e i danni alla società. Ad essere chiamati in causa sono i grandi nomi del web ovvero i big dei social network come Facebook, TikTok, Twitter (ora X), Linkedin, YouTube, dei servizi di prenotazione come Booking.com, dei marketplace come Amazon, Zalando, Google Shopping, Alibaba, AliExpress, degli store per le applicazioni Apple App Store e Google Play, e poi Google Maps e Wikipedia, e per finire i due motori di ricerca più conosciuti, Google e Bing di Microsoft. Per chi non si adegua entro il 17 febbraio 2024, data della sua piena applicazione, sono previste multe fino al 6% del fatturato globale.
Ecco, quindi, alcuni dei cambiamenti più rilevanti con la nuova legge sui servizi digitali, in particolare per le grandi piattaforme online:
Le grandi piattaforme si sono affrettate a dichiarare il loro adeguamento alle nuove norme mentre si attende la designazione da parte dell’Italia dell’autorità nazionale che si occuperà di monitorarne e garantirne il rispetto (probabilmente l’AGCOM).