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Prolusione alla Iulm: l'ultimo commento e una chiosa al dibattito di Emanuele Invernizzi

16/03/2004

Con questa settimana si conclude il dibattito che ci ha appassionato negli ultimi numeri del nostro settimanale. Oltre ai link ai passati commenti e alla prolusione, qui sotto trovate l'ultimo commento di Fabio Ventoruzzo e le conclusioni di Emanuele Invernizzi, autore del testo della prolusione che ha aperto l'anno accademico alla Iulm.



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INTERVIENE FABIO VENTORUZZOChapeau! Invernizzi è riuscito nell'opera cui molti hanno indirizzato i propri sforzi:


la prolusione è stata la prima tappa (fondamentale ma purtroppo sempre e solo la prima) di un percorso orientato al riconoscimento accademico delle rp intese anche come corpo di conoscenze e non solo come ‘cassetta degli attrezzi';

ha risvegliato lucide analisi, intorpidite (forse) dal freddo invernale;

ha stimolato un incontro (virtuale) tra prospettiva accademica e professionale attivando un valido e produttivo scambio di opinioni e provocazioni intellettuali;

ha osservato in maniera attenta la cultura organizzativa in cui le rp vivono, si nutrono e crescono.Tuttavia mi sembra anche il caso di evidenziare alcuni passi che mi lasciano dubbioso.


Attorno al casus belli ‘reputazione vs. relazione', mi sembra discutibile ma stimolante il paradosso di Invernizzi. Riflessiva, invece, la proiezione di Muzi Falconi.Reputazione o relazione, dunque? Tradotto: è nato prima l'uovo o il nostro ‘solitario passero'? Dopotutto, citando Alfred North Whitehead, la domanda stupida è il primo inizio di uno sviluppo totalmente nuovo. Il rischio è però quello di ‘filosofeggiare' troppo.Sia chiaro fin da subito, non si discute sull'essenza stessa delle rp. In fin dei conti le rp, direttamente ed indirettamente, concorrono alla creazione ed al mantenimento di entrambe (le sostengono, come direbbe Garbagnati).La partita si gioca, invece, a livello di contesto nel quale operiamo: cosa ci chiedono i nostri stakeholder? Mi sembra che possiamo concordare sul fatto che l'accountability (sociale e manageriale) è una delle loro più pressanti aspettative. Se questa è la prospettiva, allora, si rende necessario trovare un risultato, un obiettivo delle rp che possa essere misurabile e, soprattutto, attribuibile alle stesse in maniera verosimilmente abbastanza univoca.


La reputazione, in questa prospettiva, non mi pare essere il cavallo vincente. Si basa infatti su ciò che i pubblici di un'organizzazione pensano della stessa. Si basa su dimensioni ‘esperienziali', tanto dirette (le informazioni ed i comportamenti che vengono comunicati dall'organizzazione) quanto, e forse soprattutto, indirette (le informazioni che vengono trasmesse ai pubblici da coloro che sono entrati in contatto precedentemente con l'organizzazione). Nel primo caso, dunque, occorre esaminare sia la credibilità del messaggio quanto quella della fonte in termini di integrità (-credo che l'organizzazione sia giusta e onesta-), competenza (-credo che l'organizzazione sa fare quello che dice di voler fare-) e affidabilità (-credo che l'organizzazione faccia quello che dice di fare-) Nel caso di fonti informazioni indirette, tuttavia, si dovrà porre maggiormente l'attenzione sulla credibilità della fonte. È difficile, tuttavia, sovrintendere la credibilità delle fonti in maniera piena e consapevole, soprattutto di quelle secondarie poiché sfuggono dal ‘governo possibile' dell'organizzazione.

Le rp rendono le organizzazioni efficaci nel momento in cui pianificano, implementano e valutano programmi di comunicazione al fine di costruire relazioni simmetriche, misurabili e valutabili, con i pubblici.

Invernizzi cita il modello di Grunig (interattivo e simmetrico) come quello che ‘massimizza il tornaconto per entrambe le parti nel lungo periodo'. Perché poi, allora, dobbiamo accontentarci della reputazione che è un concetto eteroprodotto, autoriferito, poco interattivo e ad una via (-cosa gli altri pensano di me-)?Alla luce di queste considerazioni mi sembra, quindi, maggiormente plausibile la chiave relazionale di Muzi Falconi (con cui ho avuto la fortuna di discutere spesso su questo argomento). La relazione dunque, sembra essere maggiormente appropriata, se non altro, con la prospettiva di accountability, soprattutto quella sociale.

Sull'evidenza che le rp stanno assumendo sempre più un ruolo strategico all'interno delle organizzazioni concordo, ma ad una condizione. Non si è strategici per il semplice motivo di ‘stare a tavola' con la coalizione dominante per poter prendere le decisioni avendo anche ascoltato gli stakeholder. Lo si è e lo si diventa nel momento in cui si è in grado di coordinarne i sistemi di relazione. E questo avviene solo nel momento in cui si è in grado di dimostrare, qualitativamente e quantitativamente, l'efficacia delle rp. Non si tratta dunque, sebbene fondamentale, solo e principalmente di influenzare in senso ‘etico' i comportamenti dell'organizzazione. Si fa riferimento al cosa e come comunicare. Non vorrei che stanchi di sentirsi frustrati nel venir considerati tattici abusassimo della parola strategico, come affermato da un operatore con cui mi scuso per l'essermi appropriato di una sua brillante intuizione.

Last but not least, raccolgo la provocazione di Guzzi prendo l'accetta, provo ad abbozzare una definizione e rilancio: io credo che la formula corretta sia proprio ‘governare le relazioni'.Il termine gestione, implica una posizione sovraordinata in cui si possono condurre delle attività di comunicazione influendo in modo determinante sul loro svolgimento, con funzioni gerarchiche e di controllo. Governare (nella sua accezione autentica), viceversa, sottende una grande capacità di raccogliere ed interpretare gli stimoli esterni e di attivare un'interazione/relazione con gli stessi, negli stessi e per gli stessi. Fondamentale in questa azione è la legittimazione ad operare che deriva dall'esterno tramite un'attenta opera di negoziazione delle aspettative. ‘Aveva ragione quella postulante che m'ero rifiutato un giorno d'ascoltare quando esclamò che se mi mancava il tempo di ascoltarla mi mancava anche il tempo per regnare' (da Memorie di Adriano).
Fabio VentoruzzoCONCLUDE EMANUELE INVERNIZZIUna chiosa al dibattito sulla prolusione Ho iniziato la prolusione all'apertura dell'anno accademico dell'Università IULM dicendo che ero onorato di tenerla, e di tenerla proprio sul tema delle relazioni pubbliche in occasione della celebrazione del decennale del corso di laurea in relazioni pubbliche. Vorrei concludere questo dibattito, originato dalla mia prolusione, dicendo che sono altrettanto onorato dell'interesse che ha suscitato e ringraziando tutti coloro che sono intervenuti. Ringrazio tutti, dai padri nobili della professione al giovane da poco laureato che ha firmato l'ultimo intervento, da chi ha sottolineato gli aspetti importanti da sviluppare a chi ha evidenziato quelli criticabili.Credo che il dibattito sia stato utile e interessante in se stesso e, proprio perché è stato così ricco e variegato, vorrei evitare di ridurlo intorno a pochi temi e a poche battute. Cosa che avverrebbe inevitabilmente se io mi proponessi di riassumere le argomentazioni salienti che sono state avanzate. Anche perché, se mi proponessi di farlo seriamente, come dovrei per rispettare l'impegno che ci ha messo chi è intervenuto, temo che mi troverei a scrivere un testo più lungo della prolusione stessa: il che sarebbe certamente inappropriato e irrispettoso per chi deve leggere un testo elettronico.Mi limito dunque a tre considerazioni. Le prime due riguardano il passato, cioè la prolusione e il dibattito che ne è scaturito. La terza riguarda solo il futuro: magari un prossimo dibattito.


Il testo della prolusione era scritto, ma in realtà è stato pensato e svolto per essere orale e per essere tenuto in un contesto particolare come quello dell'inaugurazione dell'anno accademico. Questo non significa certamente che io abbia detto cose che non pensavo. Significa tuttavia che ne ho dette di meno e che le ho dette in modo molto diverso da come le avrei scritte per un'occasione e per un pubblico diversi, di professionisti per esempio. In quel caso per me il parlare di reputazione (che pure è un tema ampiamente trattato nelle scienze dell'economia, della sociologia, della psicologia e del marketing) è stato solo un modo di far sapere a chi sa poco di rp, quanta strada la  professione di rp ha compiuto in questi ultimi dieci anni. Come? Facendo capire che la componente tecnica professionale delle rp si è arricchita di altre importanti componenti sia specialistiche sia manageriali.

Sono pertanto interessato ad approfondire i temi salienti cui ho accennato nella mia prolusione, come per esempio le relazioni e (e, non versus) la reputazione o le componenti manageriali della professione o le competenze tecniche relazionali, sia di base sia specialistiche. Potremmo così affrontare temi particolarmente rilevanti, per la professione in generale e anche per il settore education di cui mi sto occupando. Al fine di operare questi approfondimenti tuttavia mi sembra che il contesto più adeguato non sia un dibattito elettronico bensì quello proposto da Consonni: un seminario di discussione e di approfondimento dal quale tutti potremmo uscire arricchiti.

Concludo con una notazione di metodo che, circa dieci anni fa, uno dei miei maestri mi ha insegnato, che ho imparato sempre più ad apprezzare e che quindi mi permetto di  ricordare qui. Esistono almeno due modi di criticare. Il primo è quello che, pur in presenza di qualche componente positiva, mette in evidenza i difetti, le mancanze e gli aspetti negativi: il fine di chi lo adotta è di mettere in guardia gli altri in modo che evitino di incorrere in quegli errori che la persona criticata sostiene. Un secondo modo di criticare è quello di evidenziare, magari reinterpretandolo opportunamente, qualche aspetto utile e interessante che la persona criticata propone tralasciando quelli ritenuti sbagliati: il fine è di rafforzare i primi e di togliere peso ai secondi. Quest'ultimo modo di criticare veniva proposto a tutti quelli che, come me, eravamo impegnati in quel periodo a rafforzare un gruppo professionale. Posso assicurare che, almeno in quel caso, ha funzionato creando un clima di cooperazione, anche competitiva, molto fruttuoso!
Grazie a tutti e alla prossima ... magari dopo il 29 marzo!Emanuele Invernizzi
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