Biagio Oppi
Libertà di parola e incitazione alla violenza, difesa della democrazia e censura: la cronaca di quanto accaduto lo scorso 6 gennaio negli USA ha messo in luce come il confine tra concetti opposti fra loro si sia fatto sempre più labile. Un tema che riguarda tutti come cittadini e che tocca da vicino il lavoro dei professionisti della comunicazione. La riflessione di Biagio Oppi che apre un dibattito sul sito FERPI.
In questi giorni, in seguito agli eventi di Capitol Hill e alla conseguente censura (presunta o meno) di Twitter e Facebook nei confronti di Trump è divampato sui media il dibattito sul potere delle piattaforme social e le contromisure che le democrazie mature dovrebbero cominciare perlomeno a definire.
Zuckerberg in un post ha spiegato i motivi della decisione presa da Facebook verso Donald Trump invocando il tema della priorità per la sicurezza pubblica. Twitter intanto ha riattivato l’account, dopo averlo sospeso e dopo averne cancellato alcuni tweet.
In ballo si intrecciano temi importantissimi in un periodo di trasformazione profonda dello scenario globale: libertà di informazione, i limiti della libertà di parola, i temi di privacy e digital control, la necessità di una critical media literacy diffusa, in generale il potere che hanno assunto piattaforme come Twitter, Facebook (con Whatsapp e Instagram), Google.
Da un lato si giustifica la facoltà di poter censurare i propri utenti in quanto i grandi network siano aziende private con un contratto che gli utenti accettano al momento dell'attivazione dell'account; dall'altro si sottolinea quanto queste piattaforme rappresentino spazi reali di potere, gestione del consenso e dibattito pubblico.
Il parallelismo con i media tradizionali, a cui viene riconosciuta l'assoluta libertà di scegliere i contenuti, fatica a tenere, perché i social network sono molto più pervasivi.
Azioni di gruppi hacker, guidati da potenze straniere, hanno configurato negli anni scorsi vere e proprie azioni di disturbo nella costruzione del consenso e nelle elezioni democratiche di vari Paesi, trasformandosi di fatto in cyberguerrilla (interessante paper di The EU Cybersecurity Agency) che ha spesso contribuito a polarizzare le opinioni pubbliche, diffondendo fake news e azioni di trolling.
Infine, non da ultimo, vanno sottolineate le differenze di approccio nelle varie aree del globo e una domanda che ritorna è: perché il social network scende a patti con regimi poco democratici e invece decide di intervenire in democrazie più mature?
Negli anni scorsi alcuni nostri colleghi hanno contribuito a realizzare un dibattito e un manifesto, "L’algoritmo come tecnologia di libertà?", disponibile su Digidig.
FERPI invita i soci e i professionisti della comunicazione a inviare una propria riflessione, per offrire a questo dibattito un contributo a più voci. Si tratta sicuramente di uno dei temi caldi che investirà informazione, società e comunicazione per i prossimi anni. A tutti coloro che volessero contribuire chiediamo un intervento (o anche più di uno) eventualmente focalizzato su uno dei temi che abbiamo citato, cercando di stare nelle 1500 battute spazi compresi, da inviare a redazione@ferpi.it. Già dalla prossima settimana cominceremo a pubblicarli sul sito FERPI.