Alessandro Magnoni e Francesco Schlitzer
Presentato lo scorso 5 aprile in Senato, l’EISI Empathy Index Sistema Italia, il primo rapporto che si propone di introdurre un indice per misurare il grado di Empatia all’interno dei processi decisionali e di informazione. Il commento di Alessandro Magnoni, Head of Institutional Relations EMEA Marelli e Francesco Schlitzer, Amministratore Delegato VERA Studio.
Fondazione Luigi Einaudi e Vera Studio hanno analizzato, per la prima volta, il grado di empatia nell’ambito dei processi decisionali e di informazione.
“In questo Paese dovremmo parlare di più del nostro deficit di empatia, la capacità di metterci nei panni di qualcun altro; per vedere il mondo attraverso gli occhi di coloro che sono diversi da noi. Se pensate in questo modo, se scegliete di ampliare il vostro orizzonte di coinvolgimento ed empatizzate con le difficoltà degli altri, diventa più difficile non agire e non aiutare”.
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Lo scorso 5 aprile, abbiamo presentato in Senato, con la Fondazione Luigi Einaudi, l’EISI Empathy Index Sistema Italia [1] il primo rapporto che si propone di introdurre un indice per misurare il grado di Empatia all’interno dei processi decisionali e di informazione. Spesso quando si parla di processi decisionali si pensa principalmente alle procedure, alle regole o ai tempi, quasi mai alle persone coinvolte. Raramente si valutano gli elementi psicologici che influiscono - e non poco - nello sviluppo delle relazioni e quindi nell’esito, ad esempio, di una decisione o anche rispetto al contenuto di un articolo sui mezzi di informazione. Quest’indagine mira appunto a valutare l’elemento psicologico in una sfera pubblica dove ad un bisogno diffuso si chiede una soluzione, una risposta. E dove le posizioni, e se vogliamo i pregiudizi, sono spesso persistenti. L’empatia negli ultimi 15 anni è stata molto studiata non solo dalle neuroscienze e dalle scienze comportamentali, ma anche in medicina all’interno del rapporto medico-paziente. Tuttavia gran parte degli studi hanno analizzato l’empatia all’interno delle relazioni tra due persone. Il nostro scopo era invece quello di analizzarla all’interno delle dinamiche pubbliche riguardanti i gruppo sociali e le loro interazioni. Sebbene tra gli esperti ed accademici non vi sia una definizione univoca sull’accezione del termine empatia quella maggiormente diffusa è relativa ad un sentimento non di pura immedesimazione ma di comprensione delle ragioni altrui per poi agire. Non un elemento statico, quindi, ma un sentimento dinamico che spinge a fare qualcosa. A ben vedere, quindi, l’empatia ben si adatta ad essere utilizzata come una lente per indagare se sia possibile migliorare i meccanismi di funzionamento del nostro paese. Oggetto dell’indagine sono state quindi: le Istituzioni, i Media e le Rappresentanze Sociali in quanto attori protagonisti della sfera pubblica. Sono stati individuati tre elementi specifici costituenti l’empatia e che accompagnano di norma i processi decisionali:
Ascolto: la capacità di ascoltare le ragioni altrui, di comprenderle;
Persuasione: la capacità sia di convincere che di essere convinti – competenza e autorevolezza;
Cambiamento: la risposta al bisogno, l’azione di cui dicevamo prima.
Abbiamo poi chiesto a 100 manager della comunicazione - persone che professionalmente hanno rapporti con i tre Corpi Sociali - di esprimere dei giudizi articolati su ognuno degli elementi costituenti l’empatia e per ognuna delle tre categorie. Giudizi quindi empirici, frutto delle esperienze professionali in diversi settori, sia profit che non. Un primo aspetto da sottolineare è che il panel ha condiviso il fatto che l’empatia possa essere molto utile nelle relazioni pubbliche e che meriti di essere approfondito. Il secondo aspetto è che le interviste mostrano che il panel ritiene che l’empatia sia piuttosto scarsa in tutti e tre i Corpi sociali. Naturalmente non meraviglia il fatto che il giudizio sia negativo, quello che più interessa sono le motivazioni di carattere psicologico che vengono date e che sono piuttosto comuni tra gli intervistati. Tra i tanti spunti emersi, uno dei più interessanti è stato, a nostro avviso, l’incongruenza del fattore tempo nel processo decisionale. Nel senso che il tempo della politica è sempre poco, tutto viene fatto nell’arco di pochi giorni ed è tutto già deciso. L’ascolto è solo formale. Eppure, all’interno delle stesse Istituzioni, c’è invece un altro tempo: quello della burocrazia che è invece assolutamente dilatato e indefinito. Una vera e propria distorsione interna al Palazzo. Anche per i mezzi di informazione il fattore tempo emerge come elemento distonico, peggiorativo della qualità dell’informazione. La rincorsa per contrastare il fenomeno della disintermediazione digitale ha portato infatti ad una grave approssimazione sulle fonti e sui contenuti e, di conseguenza, ad una perdita di autorevolezza. Gran parte degli intervistati ha espresso dei giudizi negativi anche sul sistema di rappresentanza, sebbene molti di essi ne facessero parte. Il panel riconosce come del tutto superato e sterile il sistema lobbistico-corporativo giudicandolo obsoleto e inefficace, dove le grandi organizzazioni datoriali o sindacali sembrano rappresentare più se stesse che i propri iscritti. In definitiva, l’Indagine sull’Empatia ci mostra quali sono le distanze: nel tempo, nei contenuti e nelle aspettative. Distanze che in alcuni casi rendono estranei o lontani i membri di una stessa comunità. Si potrebbe dire che il nostro sistema paese cerchi di agire sul presente, che nel frattempo è già passato, senza saper guardare e programmare il futuro. Gli intervistati indicano anche delle soluzioni, come ad esempio la necessità di recuperare le competenze delle strutture intermedie nei partiti politici o quella di innovare la formazione dell’alta burocrazia. Naturalmente non è questa la sede per descrivere in dettaglio il lungo lavoro di ricerca. Quello che possiamo dire oggi è che analizzare gli elementi psicologici all’interno delle dinamiche sociali può rivelarsi molto utile per capire meglio le ragioni più profonde del malfunzionamento del nostro sistema paese. Sappiamo di essere solo agli inizi di un percorso di analisi sul quale è utile continuare ad indagare e crediamo possa interessare molto chi, come la Ferpi, si occupa di relazioni pubbliche.