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Bilancio del latte sociale. Un articolo di Paolo D'Anselmi

09/12/2004

Il governo fa ridurre il prezzo del latte per bambini. Dove è fallito il mercato?

Bilancio del latte sociale
Don't cry for me Argentina: suona un pò Evita il recente taglio al prezzo del latte per i bambini. Riassumo la mia comprensione del problema. Qualcuno s'è lamentato che era troppo caro. Il governo ha messo intorno al tavolo tutta la filiera, case farmaceutiche, distributori, farmacisti, supermercati e consumatori. Ha fatto la voce grossa e tutti insieme hanno diminuito una fetta dei propri ricavi. In particolare le case farmaceutiche hanno detto che spenderanno meno in pubblicità e gireranno questi risparmi ai consumatori in termini di minor prezzo. Fine del racconto breve: nel seguito si presenta una bozza della relativa case history per il bilancio sociale del ministero della salute, che comparirà nel V Rapporto sull'attuazione del programma di Governo – 2001 / 2004.
Il provvedimento è venuto a valle di una istruttoria dall'esito negativo: c'è un fallimento del mercato che richiede una regolazione dal top. Dopo aver ricevuto la letteraccia dalle associazioni dei consumatori, il ministro si è attivato ed ha coinvolto le istituzioni preposte alla vigilanza sul mercato, Antitrust in testa, attività produttive, guardia di finanza, ASL. Tutti fiancheggiati da Striscia. La capofila ha svolto una doppia indagine, lato trust e lato pubblicità ingannevole.
Dal lato trust, cioè della offerta, l'autorità ha verificato che non ci sono produttori al mondo che possano inserirsi con una marca no logo e tagliare i prezzi in un mercato così redditizio. La ragione di ciò è da ricercarsi nella scarsa natalità degli italiani per cui il mercato della sesta potenza economica mondiale è piccolo e il gioco non vale la candela. Non è che i diversi villain si sono messi d'accordo in un cartello, come fu degli assicuratori. Dal lato della pubblicità ingannevole è stato verificato che non c'è terrorismo sulle mamme che le convince a comprare cose di cui non hanno bisogno. Proseguendo nella filiera: il latte si vende sia in farmacia che nei supermercati, distributori e dettaglianti sono quindi molteplici, non cartellizzati e non vittimizzati da produttori che impongano loro un prezzo al dettaglio pena la sospensione delle forniture.
Dal lato della domanda è stato verificato che l'informazione passata dagli influenzatori del consumo, i pediatri, è corretta, non c'è comparaggio tra tecnici e business, per cui le signore saprebbero discernere rapporti favorevoli tra qualità e prezzo. Ma non c'è scelta: tutti uguali, tutti allo stesso prezzo. È stato perciò assodato che il problema è nella domanda intrinsecamente rigida: le madri mediterranee vanno protette da se stesse perché tutte in blocco comprano latte "chill ‘e ccost' ‘e cchiù". Tecnicamente: effetto Veblen, conspicuous consumption. Solo che si lamentano del prezzo una volta fuori dal negozio.
Se questo fallimento del mercato ha dato l'occasione di baciare pupi davanti alle telecamere, beh, anche i politici hanno la loro stella. Ai produttori stessi non è dispiaciuto perché sedersi al tavolo del governo è meglio che ricevere l'ispezione di un oscuro funzionario. Costà qualche contropartita si porta sempre a casa. Sociale al massimo quindi la vicenda, con conseguente risultato culturale: si conferma la visione per cui il mercato è il far west e la giustizia sociale si fa con interventi di comando e controllo. Con buona pace di chi pensa al contrario che sia il mercato a fare la giustizia possibile. Esso non è rozzo, è una cosa delicata e per questo ci sono tante istituzioni e tanti lavoratori nelle istituzioni che se ne occupano. A suo modo il mercato è un pupo pure lui. Purtroppo figlio di mamma ignota.
Paolo D'Anselmi
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