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Canova: l’economia comportamentale come strumento per tessere la complessità delle RP

19/04/2023

Irene D’Agati

Luciano Canova, economista, divulgatore scientifico ed esperto di economia comportamentale, parteciperà alla IX edizione di InspiringPR con uno speech dedicato all’uso delle emozioni per impiegare l’umiltà come strumento con l’obiettivo di evitare che l’eccessiva fiducia in sé si tramuti in un disastro decisionale. Questo risulta essere molto utile sia per i professionisti della comunicazione e delle relazioni pubbliche che per le aziende.

Di che cosa si occupa l’economia comportamentale? Come si differenzia dall'economia tradizionale?

L’economia comportamentale mette insieme la letteratura dell’economia e della psicologia per comprendere e spiegare le motivazioni alla base delle decisioni che prendiamo.
L’economia riguarda tutte le nostre decisioni, ogni volta che noi soppesiamo costi e benefici quando dobbiamo fare una scelta. Quindi chi studia e insegna economia sa che il pensiero economico interessa tutti. Dalla persona che deve decidere quante risorse stanziare per finanziare un progetto, alla persona che deve decidere a quale azienda mandare un curriculum vitae per cercare un lavoro.
L’economia comportamentale è una branca dell’economia che combina economia, psicologia, sociologia con gli strumenti degli economisti, ma non è in contraddizione con l’economia come noi la intendiamo, è l'uso di una specifica metodologia per studiare le decisioni.

Il tema della IX edizione di InspiringPR è “Emozioni” e tu porterai sul palco uno speech dal titolo “Umiltà per superare l'hangover da overconfidence”. Quali argomenti toccherai durante il tuo intervento?


Voglio partire dalle emozioni come driver fondamentale delle nostre decisioni ed è bellissimo che sia così, noi esseri umani siamo intrinsecamente connessi alle emozioni che ci guidano insieme alla razionalità più cognitiva nel processo decisionale, tuttavia le emozioni possono essere un driver negativo che ci può spingere a fare degli errori sistematici che poi possono portare a conseguenze molto negative.
Il tema sarà proprio quello dell'overconfidence e cioè che l’eccessiva fiducia in sé può portare a commettere errori. D’altro canto non bisogna andare nemmeno all’estremo opposto risultando perciò remissivi. Io faccio quello che sono in grado di fare, ma devo stare attento a non pensare di essere troppo capace. L’umiltà epistemica, la saggezza intesa come consapevolezza dei limiti della propria conoscenza, è il principio. E l’umiltà nasce dal sapersi immedesimare, dall’empatizzare con le persone che hai di fronte e quindi dal mettersi in discussione.
Il grosso del tema è saper combinare, mettere in infusione l’umiltà per evitare che l’eccessiva fiducia in sé si tramuti in un disastro decisionale.

L’economia comportamentale può essere declinata nelle relazioni pubbliche?

Altroché se è possibile farlo: perché nelle relazioni pubbliche l’essere umano entrando in relazione con gli altri è vittima, lo siamo tutti, di quelle trappole mentali che ci portano a commettere degli errori di valutazione e di giudizio. Come i bias di conferma, il fatto che cerchiamo sempre qualcosa che confermi già quello che pensiamo perché facciamo molta fatica a mettere in discussione ciò che nega le nostre convinzioni; insieme alla trappola dell'overconfidence.
Nelle relazioni pubbliche questa combinazione può portare a degli errori perché di fatto tu potresti imboccare una strada, non perché sia necessariamente quella giusta, ma perché in qualche modo è più vicina a quello che già pensi. Da questo punto di vista eccome se serve l’economia comportamentale, perché essere consapevoli di come il contesto sociale guida le nostre percezioni credo possa essere proprio una scuola di approccio alla realtà che sempre più nel mondo della comunicazione è fondamentale. L’economia comportamentale ci aiuta a sposare la complessità che però banalmente significa non usare mai l’accetta nel dare un giudizio. E nel mondo della comunicazione questo è fondamentale: riuscire a far diventare normale il fatto che le persone si approccino alla realtà con il “dipende”. Questo è un aspetto fondamentale della comunicazione e delle relazioni pubbliche, cioè tessere la complessità delle relazioni e non la modalità binaria con cui affrontiamo la quotidianità.

In che modo può essere utile per le aziende?

Oggi tantissime aziende, soprattutto nel mondo dell’accelerazione digitale, hanno nel loro organico il behavioural designer, un designer comportamentale che architetta le piattaforme su cui noi interagiamo e prendiamo delle decisioni. Dal  marketplace dove facciamo acquisti, al sito dove un’azienda presenta ai suoi collaboratori il welfare aziendale.
L’economia comportamentale è già integrata, infatti tantissime aziende grazie all’esperto di behavioural science, che sta attento a scomporre il processo attraverso cui noi facciamo delle scelte, aiutano l’utente a sentirsi il più possibile a suo agio di fronte alla scelta stessa usando precise strategie di customer experience, di UX design e molto altro.

È possibile per i comunicatori impiegare i principi dell’economia comportamentale nella propria strategia? In che modo e con che esito?

Parto da un esempio: la pandemia ha determinato uno shock esogeno che ha portato all’attenzione di tutti il modo in cui ci comportiamo o prendiamo delle decisioni. Magari prima non stavamo attenti al contesto, invece adesso sì.
Io parlo da docente, ma questo vale per tutti gli ambienti dove è stato necessario riprogettare le modalità lavorative, come ad esempio passare dalle riunioni fisiche a quelle online, quindi incentivando le persone a utilizzare mezzi che prima erano restii ad usare. Oppure nello stabilire delle regole: ad esempio una riunione non può avere più di 7 partecipanti, non può durare più di 30 minuti, dev’esserci un’agenda condivisa; così si va a definire il contesto comportamentale, organizzativo e architetturale all’interno del quale si lavora. E qui c’è appunto l’economia comportamentale: come rendere queste decisioni il più possibile semplici per chi le prende. Anche qui interviene l’architettura della scelta e in tantissimi contesti, in cui si deve definire la struttura organizzativa, entrano in gioco questi meccanismi.

Quali sono i principali vantaggi per le aziende nel comprendere le dinamiche economiche e comportamentali ed integrarle nella propria strategia?

Il pensare da economista comportamentale vuol dire essere capaci razionalmente di valutare tra le alternative disponibili. In economia si parla di costo-opportunità cioè quando io prendo una decisione valuto le alternative che scarto e sono in grado di elaborare una scelta che sia efficiente. Questo è pensare da economista: prendere delle decisioni in modo il più possibile razionale.
Il grande vantaggio è quello di partire dall’evidenza fattuale, cioè il fatto di raccogliere dati ed evidenze e sulla base di quelle evidenze testare delle ipotesi se i dati confermano quelle ipotesi validarle oppure cambiare idea. Questo significa assumersi la responsabilità del processo decisionale con strumenti quantitativi.
Sapere perché un’idea non è scalabile è fondamentale per un’azienda perché aiuta a non sprecare soldi.

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