Carlo Maria Martini: addio all’uomo che sapeva comunicare l’anima
05/09/2012
Un riferimento religioso ma ancora prima etico. E’ _Carlo Maria Martini,_ lo storico Cardinale di Milano, scomparso il 31 agosto scorso. Un uomo che ha saputo superare le differenze culturali e che ha saputo utilizzare, da vero maestro, la comunicazione per parlare una lingua universale.
“I media, la comunicazione, sono importanti nella misura in cui creano ponti tra la gente”. Era una delle frasi più care al Card. Martini, un credo più che un’intuizione su cui ha costruito tutto il suo mandato pastorale nella Diocesi più grande d’Europa. E’ difficile sintetizzare in poche parole quanto Martini credesse e investisse nella comunicazione dal momento che è stato considerato, ancor prima che prete e cardinale, uno dei grandi comunicatori del secolo scorso. Comunicazione che per lui significava innanzitutto mettersi in ascolto, di tutti, indistintamente; dialogo; confronto; ma anche racconto e rendicontazione. Un’impronta distintiva che si è trasformata da subito in uno stile di gestione della Diocesi di Milano e del suo rapporto con la città.
Quando muore un personaggio famoso, soprattutto nell’era del web 2.0, parte un tam tam di addii commossi, di ripresa di frasi celebri presto trasformate in aforismi, di “beatificazioni” postume e celebrazioni delle doti incomprese, spesso da parte di persone che fino a pochi giorni prima mai si sarebbero interessate a quella persona o al suo operato. Ma il caso di Carlo Maria Martini, quello che per molti milanesi ha continuato ad essere il cardinale di Milano anche quando non lo era più è diverso, è senza dubbio una storia di vita da rileggere. Uno stimolo per i professionisti della comunicazione da cui prendere spunto, a cui guardare con interesse, precursore di temi, idee e concetti che oggi animano il dibattito sociale e culturale. Il ruolo dei media, la società della conoscenza, l’accessibilità agli strumenti della comunicazione e ancora la formazione, l’importanza della relazione e più recentemente la creatività, la condivisione, la cultura dei nuovi media e della Rete. Martini, come si può ascoltare anche da questa bella intervista di Gianni Riotta, sembrava essere un passo avanti.
Martini è stato un punto di riferimento e una guida spirituale per i cristiani ma soprattutto è stato un Uomo. Non è un errore di battitura la maiuscola. E’ un modesto riconoscimento dell’enorme merito da parte di chi scrive. Un uomo che ha saputo parlare al cuore delle persone, quale che fosse la fede religiosa, la razza o gli orientamenti. Un uomo tra gli uomini, consapevole della realtà del mondo in cui viviamo, diversa dalla tradizionale dottrina della Chiesa. Un uomo che non voleva fare un minaccioso proselitismo ma che viveva per diffondere quello che da oltre 2000 anni è il cuore del messaggio di Cristo: l’amore.
L’ultima intervista, rilasciata l’8 agosto scorso a Georg Sporchill SJ e Federica Radice Fossati Confalonieri, ormai anziano e malato, è un vero testamento spirituale. Parole che esulano dalla fede religiosa ma che parlano all’anima. Parole d’amore per una Chiesa in difficoltà e di sofferenza per l’istituzione per cui ha creduto e vissuto e per l’umanità intera.
La lingua di Martini è una lingua universale. Parla di amore, pace, fiducia e coraggio. Di principi vitali in una società che sta attraversando una delle peggiori crisi non solo economiche ma anche identitarie che la storia ricordi. Come Karol Wojtyla, un profeta della comunicazione. Oltre vent’anni fa, l’allora cardinale di Milano scriveva, nella Lettera Pastorale (1990 – 1991), Effatà, apriti, dedicata alla comunicazione: “Comunicare è difficile, richiede un va e vieni dialogico, interlocutori pazienti, benevoli e attivi. […] Babele è il simbolo della non-comunicazione della fatica e delle ambiguità a cui è soggetto il comunicare sulla terra. Babele è anche il simbolo di una civiltà in cui la moltiplicazione e la confusione dei messaggi porta al fraintendimento. Nasce di qui la domanda angosciosa: come ritrovare nella Babele di oggi una comunicazione vera, autentica, in cui le parole, i gesti, i segni corrano su strade giuste, siano raccolti e capiti, ricevano risonanza e simpatia? E’ possibile incontrarsi in questa Babele, inserire anche in una civiltà confusa luoghi e modi di incontro autentico? è possibile comunicare oggi nella famiglia, nella società, nella Chiesa, nel rapporto interpersonale? come essere presenti nel mondo dei mass-media senza essere travolti da fiumi di parole e da un mare di immagini? Come educarsi al comunicare autentico anche in una civiltà di massa e di comunicazioni di massa?”. Parole moderne, temi d’attualità, descritti con la lucidità di chi davvero possedeva il dono di guardare al mondo con doti introspettive non comuni.
Di grande attualità il testo sull’etica pubblica e il ruolo delle professioni, tra cui quelle della comunicazione, del 1992 riproposto domenica 2 settembre da Il Sole 24 Ore.
In un messaggio alla Curia di Milano la Presidente Ferpi, Patrizia Rutigliano, ha espresso il sincero cordoglio dell’associazione, sottolineando tra l’altro che: “Il Cardinale Carlo Maria Martini è stato una guida spirituale per i credenti , ma anche un carismatico interlocutore per i non credenti. Un grande indispensabile Maestro la originale e continua riflessione hanno saputo illuminare anche la difficile attività di quanti, con tutti noi di Ferpi, hanno trovato nella Comunicazione e nelle Relazioni, la propria vocazione professionale. Ricorderemo il Cardinale Martini come un maestro dell’anima ma anche dei valori fondamentali della nostra professione, valori che Ferpi è impegnata a custodire e a far germogliare”.