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Censis: informazione sempre più on line

07/12/2011

E’ lo scenario poco confortante che emerge dal _45° Rapporto Censis_ sulla situazione sociale del Paese, l’analisi che ogni anno studia i più significativi fenomeni socio-economici italiani. Quasi invariata la dieta mediatica. In crescita gli utenti Internet ma ancora indietro rispetto all’Europa.

Nato nel 1967 dall’esigenza di rendere disponibile uno strumento di analisi e di interpretazione dei fenomeni, dei processi, delle tensioni e dei bisogni sociali emergenti, il Rapporto Censis torna puntuale a scattare una fotografia della situazione sociale italiana, quest’anno in una difficile congiuntura.
Le Considerazioni generali introducono il Rapporto ed evidenziano come la società italiana si sia rivelata fragile, isolata, eterodiretta. Ma al di là del primato degli organismi apicali del potere finanziario, il passo lento del nostro sviluppo segue una solida traccia: valore dell’economia reale, lunga durata, relazionalità e rappresentanza.
Nella seconda parte, La società italiana al 2011, vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell’anno: quel che resta del modello italiano, le cause del ristagno economico, come ridare forza al potenziale di crescita.
Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza, i media e la comunicazione.
Proprio per quanto riguarda i media la situazione varia di poco rispetto allo scorso anno. Nell’era della personalizzazione dei media risultano vincenti i palinsesti «fai da te». Nel 2011 l’utenza complessiva della televisione – che resta sempre il mezzo più diffuso – rimane sostanzialmente invariata: il 97,4% della popolazione. Ma è avvenuto un ampio rimescolamento al suo interno, dipendente in larga misura dalla progressiva diffusione sul territorio nazionale del segnale digitale terrestre, responsabile di un nuovo impulso impresso ai canali e ai programmi tv. Rimane costante l’ascolto della radio via Internet (8,4%) o tramite il cellulare (7,8%), ed è in lieve flessione l’uso del lettore mp3 come radio (14,8%), soppiantato in molti casi dall’utilizzo degli smartphone. Si conferma il periodo di grave crisi attraversato dalla carta stampata. I quotidiani a pagamento (47,8% di utenza) perdono il 7% di lettori tra il 2009 e il 2011 (complessivamente -19,2% rispetto al 2007). La free press cresce di poco ( +1,8%, salendo al 37,5% di utenza). I periodici resistono, specie i settimanali (28,5% di utenza), grazie agli sforzi di innovazione e di marketing, a cominciare dagli allegati venduti unitamente ai rotocalchi. Si tratta di media soprattutto per donne: più di una su tre legge i settimanali, mentre solo un uomo su cinque fa altrettanto. Tengono anche i libri, con il 56,2% di utenza, ma il dato si spacca tra il 69,5% dei soggetti più istruiti (diplomati e laureati) che hanno letto almeno un libro nel corso dell’ultimo anno, contro il 45,4% delle persone meno scolarizzate. Gli e-book ancora non decollano: 1,7% di utenza. Stabile la lettura delle testate giornalistiche on line ( +0,5%, con un’utenza del 18,2%), che però non si possono più considerare le versioni esclusive del giornalismo sul web, perché i diversi portali d’informazione on line contano oggi un’utenza pari al 36,6% degli italiani. Per l’uso del telefono cellulare si rileva in generale una flessione (-5,5% complessivamente tra il 2009 e il 2011), complici gli effetti della crisi. Ed è in atto una migrazione dell’utenza dagli apparecchi basic (-8%), con funzioni limitate alle sole telefonate e all’invio e ricezione degli sms, agli apparecchi smartphone ( +3,3%, con un’utenza che sale complessivamente al 17,6% e al 39,5% tra i giovani). È bene qui rimarcare che questi dati non rilevano il possesso dell’apparecchio, bensì ne misurano l’utilizzo effettivo. Infine, va sottolineato il dato di crescita proprio dell’utenza del web, che nel 2011 supera finalmente la fatidica soglia del 50% della popolazione italiana, attestandosi per l’esattezza al 53,1% ( +6,1% rispetto al 2009). Il dato complessivo si fraziona tra l’87,4% dei giovani e il 15,1% degli anziani (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati. Tutti i dati confermano l’affermazione progressiva di percorsi individuali di fruizione dei contenuti e di acquisizione delle informazioni da parte dei singoli, con processi orizzontali di utilizzo dei media in base a palinsesti multimediali personali e autogestiti, basati sulla integrazione di vecchi e nuovi media. È l’utente a spostarsi all’interno dell’ampio e variegato sistema dei mezzi di comunicazione per scegliere il contenuto che più gli interessa secondo le modalità e i tempi che più gli sono consoni: ognuno si costruisce una nicchia di consumi mediatici e palinsesti «fatti su misura».
Internet contro la marginalità informativa. Nel mondo dell’informazione la centralità dei telegiornali è ancora fuori discussione, visto che l’80,9% degli italiani li utilizza come fonte principale. Tra i giovani, però, il dato scende al 69,2%, avvicinandosi molto al 65,7% riferito ai motori di ricerca su Internet e al 61,5% di Facebook. Per la popolazione complessiva, al secondo posto si collocano i giornali radio (56,4%), poi la carta stampata con i quotidiani (47,7%) e i periodici (46,5%). Dopo ci sono il televideo (45%), i motori di ricerca come Google (41,4%), i siti web d’informazione (29,5%), Facebook (26,8%), i quotidiani on line (21,8%). Nel caso delle tv all news (16,3% complessivamente) risultano discriminanti l’età (il dato sale al 20,1% tra gli adulti) e il titolo di studio (il 21,7% tra i diplomati e laureati). Le app per smartphone o tablet arrivano al 7,3% di utenza e Twitter al 2,5%. A fronte della parte di popolazione che usa molte fonti informative, ci sono poi quelli che non si informano affatto (il 10,2% dell’intera popolazione), oppure ricorrono solo ai telegiornali o a un mix di media tutto affidato alla ricezione audiovisiva passiva (telegiornale, giornale radio, televideo) (10,1%). La situazione complessiva del nostro Paese può essere riassunta in questo modo: ogni dieci italiani, ce n’è uno che non si informa, uno che accede solo a tg e gr, tre che hanno un ventaglio più ampio di fonti da cui sono escluse però quelle che hanno a che fare con Internet, infine cinque che usano più o meno tutte le fonti intrecciandole in vari modi.
I ritardi della rivoluzione digitale. L’Italia continua a rimanere indietro rispetto a molti Paesi dell’Unione europea, sia per quel che riguarda la diffusione dell’accesso a Internet, sia per la qualità della connessione. Il nostro Paese si colloca al ventunesimo posto in entrambi i casi: per quanto riguarda l’accesso a Internet da casa, tra le famiglie che hanno almeno un componente tra i 16 e i 64 anni si raggiunge il 59% (rispetto alla media europea del 70%). L’accesso mediante banda larga registra invece un tasso di penetrazione del 49% rispetto alla media europea del 61%.
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