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Coca Cola e il suo fake blog

14/03/2006

Da Mediazone.info un'analisi del blog marketing di Coca Cola. Risale al mese di gennaio, ma la lettura è davvero interessante. Eccolo.

Coca-Cola: non ci beviamo tuttoIL WEBLOG COME STRUMENTO DI MARKETING è una tendenza che si sta affermando negli ultimi mesi, e sembra riscuotere successo. A patto che trasparenza e fiducia siano le relazioni che leghino blogger e lettore. Coca-Cola si è resa protagonista di un'operazione commerciale che lo dimostra, con un controesempio.Tutto ha inizio in Australia con una campagna outdoor: manifesti dal sentore underground, non commerciali, che sembravano voler diffondere una nuova filosofia di vita senza regole, senza programmi, senza restrizioni. Un grande zero rosso l'unico indizio. Immediato intuire come i giovani abbiano apprezzato l'iniziativa e come abbiano usato internet per approfondire e per aderire a questa corrente di pensiero capace di farsi interprete del loro stile di vita.Risultato della ricerca, rullo di tamburi e squilli di trombe, un blog. Mai un mezzo potrebbe risultare più consono: i blog spopolano fra le nuove generazioni, consentono libera partecipazione e interattività e hanno ben poco di istituzionale. Il blog ha una cronologia che risale al giugno 2005, e propone nei post le stesse domande accattivanti che campeggiano sui manifesti. Perché le scadenze non possono essere flessibili? Perché i genitori non capiscono che il nostro cordone ombelicale è stato tagliato da un po'? Perché le discussioni non si possono risolvere con la morra cinese? Il mezzo e la filosofia non potrebbero essere più adeguati per colpire un target difficilmente raggiungibile: ragazzi e adolescenti che non vedono la tv, che non sono interessati ai giornali e che si riconoscono nella "Scultura di strada", in ciò che non è mainstream, in ciò che si differenzia dal prevedibile e spersonalizzato mondo degli adulti. Nulla era trapelato della paternità di blog e manifesti, non compariva nessun marchio, il blog conteneva commenti ed era stato addirittura linkato da ignari lettori affascinati dalla novità del messaggio propagandato dallo "Zero Movement".Finché non è stata rivelata la verità. Mediante un tool che consente di risalire a data e informazioni di registrazione del dominio, si è scoperto che il blog è ben più recente di quanto dichiari, e che il blogger che lo gestisce è Coca-Cola Company, il marchio di maggior valore nel mondo. Mainstream, che più mainstream non si può. Ora si capisce perché lo "Zero Movement" non si è manifestato su una piattaforma che offre spazio gratuito, come la maggior parte dei blog.Coca-Cola è stata smascherata, ed ecco che in homepage compare una bottiglia di Zero Coke (il nuovo prodotto della gamma), mentre la sezione Public Relation di Coca-Cola si giustifica dichiarando che la loro è stata una semplice operazione teaser, volta a tenere col fiato sospeso i consumatori. Nulla di più sbagliato: i Sconsumatori sono esseri umani e non amano farsi abbindolare, a maggior ragione da Coca-Cola, a maggior ragione se la loro fiducia viene tradita rendendo artificiale, usando a scopo commerciale, e quindi rinnegando le origini di un tipo di cultura che si avvale di blog, che si diffonde col passaparola, che si dichiara estranea a tutto ciò che serve solo a spillar soldi. Non mancano dei (fallimentari) precedenti, ma Coca-Cola ha deciso comunque di creare quel che in gergo si definisce fake blog (blog fasullo). Forse Zero Movement nasce dall'atavico spirito di competizione con Pepsi? Il blog "That Pepsi Girl" vorrebbe farci credere che esiste un tale disposto a tutto pur di conquistare la protagonista dello spot di Pepsi. Disposto anche a fare sei mesi di pubblicità gratuita. Un altro celebre esempio di fake blog arriva da McDonald's, che vorrebbe tentare di convincerci che esistano due blogger, che naturalmente non hanno nulla a che fare con l'inquietante clown Ronald, che hanno trovato una patatina fritta col profilo di Lincoln. Guarda caso lo stesso (delirante) concept scelto dalla campagna pubblicitaria di McDonald's.Bene o male, l'importante è che se ne parli: questo l'intento dei fake blog. Ciò dimostra una scarsa comprensione del mezzo e la volontà di accontentarsi di risultati mediocri e di progetti a breve termine.Per creare o consolidare una brand identity, il blog marketing (se ben praticato) è un ottimo strumento, dato che consente di affrontare tematiche che esulano dal prodotto in sé. Nel blog aziendale si può leggere la filosofia di vita del marchio, che parla al lettore come fosse dotato di una sua personalità (si veda ad esempio il blog di Miss Y, diretta emanazione di una Lancia Y fatta donna).Il blog aziendale offre l'occasione di parlare di sé, ma, a differenza di conferenze stampa e pubblicità, per la natura stessa del mezzo, si offre al giudizio dei lettori, si mette in discussione. Non è un monologo né un panegirico, ma un confronto e una conversazione con il pubblico: attraverso i commenti si ottiene un prezioso feedback che consente di conoscere meglio l'audience e le sue aspettative, e di crearne di nuove sulla base di quanto appreso.Il blog è il volto umano dell'azienda: il blogger sarà una persona che mette in gioco il suo ruolo in una rete di persone. Per questo è sconsigliabile far gestire il blog da un PR ufficiale: risulterebbe stentoreo, artificiale.La credibilità è un elemento fondamentale per una buona iniziativa di blog marketing. Non basta fare leva su un mezzo "di moda" come il blog: bisogna condividere usi e costumi con il popolo del web e avere la maturità di esporsi al pubblico e di affrontarlo, trattandolo così non come un consumatore, ma come un essere umano. Coca-Cola ha sbagliato proprio in questo: ha scelto il medium solo per colpire un target, e l'ha fatto in modo poco trasparente, dimostrando di non aver compreso quanto valga la credibilità, e dimostrando di sottovalutare gli stakeholder, trattandoli come degli inerti consumatori.Il blog è una soluzione per posizionarsi sui motori di ricerca. Per sua natura il blog è fortemente tematizzato, ciascun post è in genere "etichettato" e classificato con delle parole chiave che, se vengono scelte con criterio, potranno essere indicizzate sui motori di ricerca e potranno attirare l'attenzione degli interessati. Inoltre, se il blog risulta gradito ad altri blogger o condivide le tematiche di un sito internet, potrà godere di link che lo puntano, incrementando così la link popularity e proiettandolo ai primi posti nel ranking dei motori di ricerca.Il blog è uno strumento anomalo di marketing. Se in una campagna di marketing si inviano un numero preciso di messaggi ad un costo definito, il blog non consente di calcolare con anticipo le spese (che saranno, comunque, potenzialmente minime) e non esiste un numero stabilito di messaggi da inviare: non c'è limite ai post (sono gratuiti), e, visto che il blog è un medium bidirezionale, non è possibile prevedere le risposte dei lettori e quindi il numero di relazioni da intrattenere. Per ciò che riguarda il target, il blog può essere coinvolto nel marketing mix, andando a colpire segmento di pubblico altrimenti poco raggiungibile. Rivolgendosi agli utenti di internet che hanno compreso le potenzialità del Web 2.0, con il blog aziendale si dovrà mostrare di condividere con il target competenze e interessi, di saper usare gli stessi linguaggi e di dominare gli stessi contenuti, si dovrà essere in grado di stimolare il dialogo e di invitare al commento e alla logica del link, in modo da poter fruire di ulteriori potenziali contatti che sono interni alla rete di fiducia dei lettori abituali. Il blog si indirizza dunque ai trend setter, agli influenzatori: secondo i meccanismi del viral marketing, il passaparola può assumere proporzioni enormi, dato che le distanze fisiche e culturali in Rete sembrano essersi accorciate. Si pensi ad esempio ai giornalisti: sono molti coloro che gestiscono un blog e molte sono le visite quotidiane ai loro blog. Una ricerca condotta da Euro RSCG Magnet e dalla Columbia University rivela che il 51% dei giornalisti legge i blog e li utilizza per il proprio lavoro: il blog aziendale potrebbe addirittura, in alcuni frangenti, funzionare meglio di un tradizionale ufficio stampa: più informale, più immediato.Il blog marketing sembra essere un ottimo interprete delle tesi del Cluetrain Manifesto: si parla il linguaggio delle persone, si appartiene alla stessa comunità di coloro che potrebbero interessarsi al prodotto. Ma una conversazione che voglia coinvolgere gli stakeholder deve essere trasparente, onesta (se le massime della conversazione di Grice non mentono), a meno che non ci si voglia accontentare di rumor negativi e di una magra figura.
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