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Come cambia la rappresentanza d’interessi

10/03/2011

“I modelli classici della rappresentanza d’interessi sono saltati”. E' quanto sostiene _Daniel Kraus,_ vice direttore generale di Confindustria, intervenuto alla tavola rotonda _La rappresentanza di interessi nell’epoca del Federalismo._

Il punto debole di quella che è una delle più vecchie attività di relazioni pubbliche, la rappresentanza di interessi, quella di cui nessun organizzazione può fare a meno, è la mancanza di una comunicazione adeguata in grado di far dialogare realmente le parti in gioco. E’, in sintesi, ciò che è emerso dalla tavola rotonda su La rappresentanza di interessi nell’epoca del Federalismo organizzata a Roma martedì 8 marzo in occasione della presentazione del libro di Stefano Colarieti e Marco Perazzi Comunicazione e Rappresentanza (Luiss University press, 2011).
Dopo la crisi di identità che ha coinvolto i sindacati, le più grandi e più diffuse organizzazioni di rappresentanza d’interessi, negli ultimi tempi è Confindustria a dover fare i conti con il nuovo scenario che si sta delineando. Tutte le organizzazione comunque sono alle strette sul modello e sulle modalità dell’istituto della rappresentanza di interessi di parte. Secondo il vice direttore generale di Confindustria, Daniel Kraus, “i modelli classici della rappresentanza di interessi sono saltati. Questo istituto fondamentale nella democrazia è messo a dura prova dall’elevata frammentazione delle categorie e degli interessi da rappresentare. Quello che però ha messo in crisi la rappresentanza d’interessi è la mancanza di una comunicazione adeguata, verso i soci stessi, verso i principali stakeholder e verso i media. Spesso, ancora oggi, la comunicazione e’ troppo orientata ai media, non si pensa ai pubblici più importanti”. Il manager della più grande associazione d’imprese italiana fa autocritica ma allo stesso tempo traccia una strada per il futuro che è quella della comunicazione, dell’ascolto di stakeholder e influenti, di relazioni simmetriche, a due vie tra gli attori dei negoziati. “Confindustria rappresenta una grande anomalia, se confrontiamo la nostra associazione con quelle di altri paesi del Mondo. La federazione di viale dell’Astronomia è costituita da 130 associazioni settoriali che sono tantissime. – sostiene Kraus – Altra anomalia è il sistema economico-produttivo costituito da un numero elevatissimo di piccole e medie imprese che necessitano di essere rappresentate nella loro diversità. Le nuove esigenze del localismo e del federalismo ma allo stesso tempo di rispondere alle sfide della globalizzazione impongono di ripensare il modello della rappresentanza di interessi”.
Poi sulla rappresentanza di interessi nei processi decisionali pubblici Kraus sostiene il ruolo fondamentale della comunicazione che non può e non deve ridursi a mera informazione. “Sulle provvedimento del Governo sulle energie rinnovabili abbiamo comunicato malissimo, tanto che molte imprese ci hanno criticato e hanno fatto da sole per esprimere la loro posizione acquistando pagine pubblicitarie su quotidiani e riviste. Bisogna accompagnare i processi decisionali con una comunicazione adeguata. Confindustria spesso comunica male perché deve mediare tra interessi troppo diversi tra loro. La politica che è l’altro interlocutore nella rappresentanza di interessi, anch’essa non comunica bene perché non è abituata ad ascoltare”.
Ci va giù ancor più duro il padrone di casa, Claudio Velardi, che con la sua Reti è impegnato in prima persona in questa attività professionale. “La crisi della rappresentanza d’interessi ha subito una forte accelerazione con il processo di europeizzazione da un lato e di devolution dall’altro. La rappresentanza di interessi si e’ polverizzata a causa del forte processo federalista in corso. Qualunque decisione è una mediazione o meglio una negoziazione tra interessi che devono incontrarsi. Le parti che si mettono in gioco, però, devono essere ben informate sull’oggetto della negoziazione e devono essere ascoltati, informati e soprattutto coinvolti anche i pubblici finali. Il nostro Paese vive una forte contraddizione tra la decisione su questioni complesse e la necessità di una comunicazione immediata, semplice, accessibile a fruibile da tutti”. “Mentre nel vecchio modello sociale servivano organizzazioni verticali oggi la network society richiede una sempre più forte dimensione orizzontale. Più presenza sul territorio ma leadership territoriali più forti”. Spesso il problema di attività di rappresentanza di interessi inadeguate così come la comunicazione che dovrebbe accompagnarle sta nell’impreparazione del livello manageriale delle organizzazioni. “Quello della rappresentanza di interessi è un tema centrale per il futuro del Paese – sostiene il presidente di Federmanager, Giorgio Ambrogioni – molti manager non hanno consapevolezza che il vero problema è quello della creazione di consenso. La network society, che interessa da vicino la business community, ha cambiato radicalmente le regole del gioco e anche sistemi chiusi come quello Fiat, molto autoreferenziale, che rappresenta da sempre una categoria a se, quasi autogestita. Di recente abbiamo lanciato un social network su Linkedin tra i manager italiani che nei primi tre giorni ha raccolto 16mila istanze di professionisti italiani impegnati nelle organizzazioni. La dirigenza che rappresentiamo, come associazione di categoria, si ritiene classe dirigente globale e non più di un’azienda o di un comparto produttivo”.
Stefano Colarieti, chiudendo il dibattito, ha rilanciato sul ruolo della comunicazione, intesa come capacità di creare e gestire relazioni simmetriche con gli stakeholder, coinvolgendoli nei processi decisionali. “La rappresentanza di interessi è un’attività di comunicazione in cui, per troppi anni, la comunicazione è stata messa da parte o considerata solo nella sua accezione strumentale e di relazioni con i media. Ripensare la rappresentanza di interessi delle associazioni di categoria significa mettere al centro della governance di queste organizzazioni e delle azioni la capacità di dialogare con gli stakeholder. La comunicazione serve a mettere al centro dell’agenda politica le questioni di attualità. Questo vale per le opere pubbliche come per il nucleare, ma anche per importanti riforme legislative come quella del cosiddetto federalismo municipale che è stato fatto passare in modo sbagliato”.
gp
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