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Come integrare la comunicazione corporate? Rispondono i migliori comunicatori americani!

18/04/2006

La relazione di Paul Argenti, studioso americano di comunicazione, con un commento di Toni Muzi Falconi.

Paul Argenti è uno dei più reputati studiosi americani di comunicazione.La Arthur Page Society  è la più prestigiosa 'accademia' delle relazioni pubbliche statunitensi: pochi soci di altissimo livello e inseriti nelle organizzazioni più importanti.Ogni anno, la Page convoca un Seminario a New York.Quest'anno, il 21esimo dall'avvio di questa associazione, si è svolto il 6 e 7 Aprile scorsi, vi hanno partecipato 260 persone e il tema era:Integrazione Strategica: mettere insieme i pezzi del puzzle.Fra i tanti relatori eccellenti, era anche Paul Argenti, docente di  comunicazione alla Tuck School of Business, che insieme a Harvard è forse la più prestigiosa Business School americana. Il tema del suo intervento:Creare una funzione integrata di comunicazione corporate.La relazione di Argenti (potete seguirla cliccando qui per le slidelink), a sua volta, integrava le sue considerazioni con gli interessanti dati emersi da una ricerca realizzata dallo stesso Argenti intervistando 120 soci della Page: 96 direttori della comunicazione e 24 professionisti di agenzie, tutti al vertice delle rispettive organizzazioni.Un campione sicuramente autorevole e rappresentativo a livello mondiale delle migliori relazioni pubbliche. Chiedendosi perché tante organizzazioni non riescano ad integrare efficacemente i propri comportamenti comunicativi, Argenti descrive il concetto di integrazione non come l'insieme delle sottofunzioni (es. relazioni con gli investitori, media, relazioni istituzionali, comunicazione di marketing, comunicazione interna&.); e neppure come l'assegnazione a ciascuna sottofunzione di pubblici specifici; oppure la sola centralizzazione delle funzioni in un unico dipartimento, ma come la presenza operativa di processi e di strumenti per coordinare la comunicazione attraverso tutte le sottofunzioni, insieme alla missione collettiva e condivisa di dialogare ed agire in armonia con tutti i pubblici influenti.Per Argenti vi sono oggi molte variabili che portano questa interpretazione del concetto di integrazione ad essere imperativa, e non una semplice opzione, per le organizzazioni. Fra queste i regolamenti sempre più stringenti delle autorità di controllo; la frammentazione dei pubblici che sovente vanno a sovrapporsi (dipendenti che diventano azionisti, investitori interessati alle performance non finanziare...); le dinamiche di crescita delle organizzazioni (fusioni, acquisizioni&); le tecnologie (comunicazione pervasiva, istantanea, non mediata..).Peraltro una comunicazione corporate integrata rafforza l'identità, fa crescere la reputazione, aiuta nei momenti di crisi, consente interventi rapidi e coerenti e unicità di messaggi. Ecco ora i dati più interessanti che emergono dalla ricerca:1. I professionisti delle agenzie percepiscono un livello di integrazione nei loro clienti minore di quanto non affermino i dirigenti delle aziende (slide 9). Per interpretare dobbiamo dare per scontato che l'universo di riferimento per gli intervistati non è mai lo stesso, e che i dirigenti intervistati si riferiscono alla propria azienda, mentre i professionisti più in generale ai loro clienti&pur tuttavia il divario si fa interessante guardando alle specifiche di questo divario, che risulta massimo nelle relazioni governative e in quelle internazionali, mentre è minimo nelle relazioni con la comunità e nelle attività di responsabilità sociale.2. Alla domanda  (slide 10) se l'integrazione si realizzi per atto formale o per iniziativa propria, emerge chiaro che nella maggioranza dei casi il fenomeno avviene per iniziativa propria, per collaborazione fra pari e per network informale. Naturalmente l'integrazione viene fortemente facilitata quando vi sia una unica funzione da cui dipendono tutte le subfunzioni, quando il capo azienda spinge per ottenerla, quando esistano gruppi di lavoro interfunzionali e così via.3. Alla domanda (slide 11) chi spinge di più nell'organizzazione per ottenere l'integrazione, il direttore della comunicazione precede di gran lunga tutte le altre direzioni. Interessante notare il divario nella risposta fra dirigenti e consulenti alla domanda che riguarda il direttore del marketing: mentre i consulenti attribuiscono a questa figura (assai spesso il loro cliente interno) una forte volontà di integrazione della comunicazione, non altrettanto questa qualità gli viene attribuita dai direttori della comunicazione intervistati.4. Con quali altre direzioni vi integrate più frequentemente? (slide 12) A questa domanda, i dirigenti interni rispondono nell'ordine: affari legali, risorse umane e marketing; mentre i consulenti rispondono nell'ordine il marketing, le risorse umane, gli affari legali e la pubblicità. Ancora una volta, se si sommano le risposte dei consulenti riferite al marketing e alla pubblicità, si capisce come l'area commerciale delle imprese rappresenti ancora per le agenzie la principale fonte di reddito.5. Alla domanda come integrate le vostre relazioni con le agenzie? (slide 14) le risposte si divaricano sensibilmente a seconda se a rispondere sono i dirigenti interni o i consulenti.6. I dirigenti interni sono più ottimisti dei consulenti in merito alla tendenza di accelerazione intorno alla questione della integrazione (slide 16).7. Concludendo, Argenti indica le modalità con le quali ottenere una maggiore integrazione sostenendo che i modelli di integrazione variano da una organizzazione all'altra in funzione delle caratteristiche di ciascuna e della sua cultura interna, ma che la partenza comune non può non essere la produzione di un piano di comunicazione in cui siano:°esplicitato cosa si intende per successo,°un collegamento esplicito e continuo alla strategia generale dell'organizzazione,°un sistema di valutazione e di misurazione dell'efficacia,°una chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità di ciascuna delle subfunzioni.(tmf)
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