Come migliorare i rapporti con gli stakeholder
23/03/2011
Grazie alle reti, alle neuroscienze e agli algoritmi è possibile gestire al meglio i rapporti con i portatori di interesse. È quanto sostiene _Toni Muzi Falconi,_ che fornisce alcuni spunti di riflessione e presenta tre casi concreti.
di Toni Muzi Falconi
La genesi dell’idea
L’attività di Relazioni Pubbliche cerca di individuare e convincere i potenziali influenzatori a sostenere idee, argomenti, prodotti e servizi in linea con gli obiettivi del cliente o del datore di lavoro. Uno degli obiettivi è di superare i limiti posti da distribuzione e di credibilità dei contenuti.
La questione delle relazioni con gli stakeholder – alimentata dalla crescente pressione delle loro aspettative sui processi decisionali organizzativi – è diventata una preoccupazione fondamentale per la licenza di operare.
Oggi questa preoccupazione risiede in ogni funzione manageriale.
Pertanto, la necessità di identificare gli stakeholder e di introdurre processi di coinvolgimento coerenti, ma autonomi, di tutta l’organizzazione, come gli Accordi di Stoccolma affermano chiaramente quando definiscono il ruolo contestuale del relatore pubblico nell’ organizzazione comunicativa.
A partire dalla tecnologia e-mail – uno con uno, uno con pochi e uno con molti – i limiti della distribuzione sono almeno in parte stati superati. Più di recente, la crescita dei social media ha alimentato un nuovo segmento di influenzatori, che ha superato in parte anche i limiti della credibilità.
Considerando misurazione e strumenti di valutazione: che dire sull’analisi del network?
Esistono strumenti operativi per identificare, qualificare e relazionarsi efficacemente con gli stakeholder in linea con gli specifici obiettivi organizzativi, necessità di integrare la misurazione/valutazione dei componenti, il cui feedback permette correzioni tempestive.
L’analisi del network (vedi il glossario degli Accordi di Stoccolma per la definizione) è uno di questi strumenti, in quanto contribuisce a migliorare la governance delle relazioni con gli stakeholder. L’analisi dei network di relazioni complesse porta a rappresentazioni grafiche in merito alla qualità delle relazioni tra i partecipanti al network, così come fra network diversi.
Questo è dove il concetto non-lineare e immateriale di value network – un altro pilastro fondamentale degli Accordi di Stoccolma – può essere efficacemente adottato.
Le scienze neuro e dei computer contribuiscono a individuare value network di relazioni tra gli stakeholder:
interni
esterni o
di confine
La scienza dei computer consente l’utilizzo di algoritmi, che riducono notevolmente la necessità di ricerche con campioni più piccoli di gruppi di stakeholder. Allo stesso modo, la neuroscienza permette l’integrazione di indicatori qualitativi e quantitativi, che sono strettamente connessi alle modalità in cui le relazioni si influenzano reciprocamente.
Ma cosa stiamo realmente cercando?
Interazioni all’interno di gruppi di stakeholder (o tra i gruppi) possono rivelare – attraverso la grafica – nodi di relazioni primarie, così come le loro interconnessioni.
Un’analisi matematica di questi network, supportato dal software guidato dal computer, offre gli elementi numerici essenziali di specifici indicatori/variabili.
Ciò fornisce un cruscotto da cui è possibile:
rafforzare
indebolire
accelerare o
ritardare
le dinamiche di questi (relazioni tra gli stakeholder) network.
Ad esempio, il cruscotto consente al relatore pubblico di individuare i partecipanti al network che godono di un maggior numero di relazioni. Allo stesso modo, coloro che – in linea con gli obiettivi specifici stabiliti – possono essere considerati essenziali gatekeeper politici.
Altre possibilità di misurazione e di analisi sono:
le diverse distanze tra partecipanti al network
la frequenza dei loro rapporti
la reciproca influenza sulla base della fiducia, impegno, reciproco potere e soddisfazione nella relazione tra i partecipanti in qualsiasi specifico value network.
João Duarte offre un approccio pratico
In una presentazione in occasione della recente conferenza annuale dei relatori pubblici sloveni, João Duarte afferma:
… quando dobbiamo risolvere un’equazione comunicativa abbiamo bisogno di identificare le variabili e scoprire i valori che possono sostituire quelle variabili per rendere l’equazione funzionante. Ad esempio, applicando questo alla negoziazione con gli stakeholder, una variabile può essere la quantità/qualità delle risorse che l’organizzazione può fornire agli stakeholder, quali:
remunerazione all’azionista
tasse pagate ad un comune
prezzo di vendita ad un cliente
reddito comune a un partner
quantità di emissioni di CO2 permesso delle autorità ambientali
numero dei licenziamenti per un sindacato, etc.
Questi a loro volta possono avere effetti su altre variabili che determinano i diversi livelli di queste relazioni degli stakeholder con l’organizzazione.
D’altra parte, abbiamo bisogno di concetti e strumenti per misurare l’interconnessione di stakeholder interni ed esterni e i processi di influenza che avvengono tra di loro… abbiamo bisogno di creare un edificio concettuale sulle teorie di supporto relative a:
pubblici e stakeholder
stakeholder management
problemi di gestione e costruzione di agenda
governo delle relazioni, etc
Tutte cose che abbiamo già nel campo delle Rp.
La limitazione principale è che molte di queste teorie non tengono conto dei rapporti e della natura del network nella nostra realtà attuale. Pertanto, ciò che noi chiamiamo un nuovo ruolo è nuovo, nel senso che deve far fronte a un contesto diverso e richiede l’uso di strumenti diversi.
Ad esempio, per misurare l’interconnessione di stakeholder interni ed esterni, i professionisti delle Rp possono ottenere un buon risultato utilizzando concetti e strumenti disponibili dall’analisi dei network.
Possiamo citare l’identificazione completa dei connettori, che collega interno ed esterno:
grado di relazione di ogni stakeholder
la misurazione della centralità della vicinanza tra specifici stakeholder (grado in cui un attore specifico è vicino agli altri stakeholder) o
l’inter – centralità (quante volte uno stakeholder specifico agisce come intermediario in un rapporto tra due qualsiasi altri stakeholder).
Come si inizia?
La prima fase consiste nel raccogliere informazioni sulle relazioni già esistenti.
Per ogni obiettivo rilevante dell’organizzazione, il relatore pubblico individua gli specifici gruppi di stakeholder e indaga le variabili definite rilevanti su campioni di questi gruppi.
Esempi,
1. Le cinque persone con le quali ci si relaziona di più.
2. La persona o le persone che danno più idee per il completamento del vostro compito.
Le informazioni trasmesse sono trattati da algoritmi specifici. Sono anche equilibrate mediante l’adozione di strumenti informatici di data-mining (per esempio gli scambi intranet tra i dipendenti nei programmi di gestione del cambiamento). Il risultato finale produce una rappresentazione grafica delle dinamiche di relazione.
La teoria in pratica: tre casi simulati e recenti
Alcuni recenti esempi simulati riguardano la mia esperienza con Methodos, società di consulenza di direzione e con la Ferpi.
Caso uno
Un cliente nei grandi magazzini con 150 principali fornitori, organizza una presentazione di cinque giorni dei prodotti e servizi di quei fornitori per i suoi seimila addetti alle vendite.
Methodos è incaricata di elaborare un programma per ridurre lo sforzo complessivo nelle relazioni con i fornitori (impegno di tempo, ma anche di risorse economiche). Viene usata questa occasione per spiegare, in via preliminare, ai 150 fornitori il nostro obiettivo e coinvolgerli in un questionario (da compilare entro la fine del secondo giorno della manifestazione), assistiti anche da un help desk.
I risultati vengono analizzati e i value network identificati. Non sorprendentemente, sono molto diversi da ciò che il cliente aveva immaginato.
Definiamo rapidamente una nuova politica di relazioni con i fornitori, la discutiamo e la modifichiamo secondo le aspettative del cliente. Presentiamo i risultati delle analisi insieme alla nuova politica appena varata in un incontro con i fornitori prima della fine della manifestazione.
Caso due
Avevamo lavorato per un anno su un programma di gestione delle modifiche relative a un nuovo modello di leadership che aveva coinvolto 40 manager. La sfida era quella di allargare il numero di manager da 40 ad 80, poi a 160, poi a 320. Infine, a tutti i 1.600 dipendenti. Un’analisi delle relazioni fra i componenti del network dei primi 40 ci ha aiutato ad identificare le caratteristiche specifiche che avremmo voluto trovare nel secondo gruppo di 40. Poi indirettamente abbiamo sondato tutti i 1.600 dipendenti scoprendo che la metà di loro aveva le caratteristiche desiderabili.
Una seconda analisi più specifica, di quei 800 ci ha permesso di identificare i 40 che avrebbero pù probabilmente partecipato al programma e ci ha anche aiutato a identificare il successivo allargamento… e così via.
Caso tre
Quando Ferpi ha diramato un appello a dei soci volontari per sviluppare il programma di attuazione degli Accordi di Stoccolma, abbiamo ricevuto 60 risposte da parte di professionisti di alto livello.
Li abbiamo divisi in cinque gruppi di lavoro e in poche settimane è stato sviluppato un vero e proprio programma di rp per le rp per il 2011e il 2012.
Abbiamo quindi deciso di creare almeno 20 sostenitori attivi. Sono state individuate le caratteristiche necessarie, ed il campione originale di 60 ridotto a 40 e messo insieme attraverso un workshop di quattro ore in cui i partecipanti hanno identificato i contenuti desiderati a seconda dei diversi stakeholder del programma. Ora sono pronti e cominciano a coinvolgere altri professionisti e, soprattutto, a interagire con le comunità di business, media, turismo e le comunità educative che abbiamo scelto come interlocutori privilegiati dei nostri sforzi di advocacy.
Conclusione
Questi sono solo tre casi di studio sulle modalità per migliorare le relazioni con gli stakeholder attraverso l’analisi del network, le neuroscienze ed algoritmi, ma le possibilità sono infinite.
Questo post deve molto non solo a João Duarte, ma anche al professor Giampaolo Azzoni dell’Università di Pavia e ad Andrea Carobene da GGL Italia, senza menzionare i molti stimoli ricevuti da David Phillips, Bruno Amaral, Heather Yaxley, Markus Pirchner e Judy Gombita.
Tradotto dall’inglese dal post originale apparso su PR Conversations