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Comunicare la giustizia per costruire fiducia

#FerpiSideChat

27/04/2022

Giuseppe de Lucia

Ospite di #FerpiSideChat di questa settimana è Silvia Grassi, Responsabile Ufficio stampa Csm e consulente della comunicazione istituzionale del Consiglio di Stato e della Giustizia amministrativa, per parlare di giustizia e comunicazione.

Silvia, il tuo è un ruolo particolare. In FERPI ci siamo sempre confrontati tra comunicatori del mondo pubblico e privato - mai mi era capitato di legare le attività svolte da un professionista della comunicazione al mondo della giustizia. Sicuramente un'attività interessante.

Molto interessante, perché “Comunicare la giustizia”, come ha avuto modo di sottolineare il Presidente della Repubblica Mattarella, che del CSM è il Presidente, “non significa ricercare consenso, ma costruire fiducia”. Fiducia che i cittadini devono riporre nell’azione giudiziaria. E il primo strumento per costruire fiducia è la trasparenza. Trasparenza che cerchiamo di costruire con una comunicazione istituzionale chiara e tempestiva: tutte le delibere del Csm sono pubbliche e ricercabili sul sito csm.it, così come tutte le sentenze del Consiglio di Stato e dei Tar si possono scaricare dal sito della giustizia amministrativa.

Il rapporto tra giustizia e informazione-comunicazione è uno dei pilastri su cui si fonda la credibilità della giustizia. Da questo assunto, nel 2018, proprio il CSM, emana le Linee guida per l’organizzazione degli Uffici giudiziari. Come è cambiato il livello di consapevolezza a seguito di tale strumento di indirizzo?

Il Csm ha fatto un grande lavoro di sintesi raccogliendo le migliori pratiche organizzative in materia di comunicazione istituzionale degli Uffici giudiziari e ha istituito un gruppo di lavoro coordinato dal Presidente emerito della Cassazione Gianni Canzio, composto da autorevoli giornalisti, magistrati ed esperti di comunicazione istituzionale proprio per redigere delle linee guida che diventassero un punto di riferimento per i Capi degli uffici giudiziari che sono i soggetti che per legge “comunicano” con la stampa. Si tratta di suggerimenti e prassi virtuose offerte a tutti i magistrati, ma anche di un utile punto di riferimento per giornalisti e comunicatori per capire quali sono i paletti (di legge e disciplinari) entro cui si deve muovere una corretta comunicazione istituzionale da parte di chi esercita la giurisdizione e una corretta informazione da parte di chi ha il dovere di informare i cittadini.

Durante le mie interviste per questa rubrica, il tema della fiducia è sempre emerso come elemento rilevante nel rapporto tra l'organizzazione di appartenenza ed il proprio pubblico. Oggi, più che mai, la Giustizia ha la necessità di ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini. Come la comunicazione può supportare questo obiettivo?

La comunicazione istituzionale in questo ambito - come spiego nel saggio “Comunico dunque sono” - ha proprio la funzione di “costruire fiducia”. Per farlo bisogna avere costante attenzione alle parole che vanno sempre scelte con cura.
Ma prima ancora lo si fa puntando sulla trasparenza: il plenum del Csm è pubblico e chiunque può seguire le sedute in diretta streaming (o assistervi). Tutte le delibere sulle procedure di nomina dei Capi degli Uffici sono pubbliche, così come tutte le altre pratiche discusse in Plenum, le cui proposte si possono leggere integralmente sul sito. E poi, cosa unica, anche i processi disciplinari a carico dei magistrati ordinari sono pubblici, si può assistere alle udienze e, se c’è il consenso dell’incolpato, vengono anche trasmesse in streaming su RadioRadicale. Non è così per tutte le altre categorie di “pubblici dipendenti”.

Molto spesso assistiamo, per effetto delle tante trasmissioni televisive di approfondimento, ad una rappresentazione mediatica diversa e distante da quanto invece emerge dall'accertamento dei fatti all'interno di un processo. Come la comunicazione/informazione può contribuire a ridurre questo fenomeno, che certe volte ha prodotto colpevoli al di fuori delle aule dei tribunali?

È un tema molto complesso che andrebbe affrontato tutti insieme: magistratura, avvocatura, giornalisti e comunicatori, a partire da iniziative di formazione comune per costruire una cultura condivisa della giurisdizione. Chi comunica la giustizia non può prescindere dalla conoscenza degli atti di cui parla, ma nemmeno delle norme processuali e del rispetto della deontologia professionale. Purtroppo il tema esiste e andrebbe affrontato, anche alla luce della nuova disciplina sulla presunzione d’innocenza.

La tua è una professionalità molto specifica. Quale il consiglio per i giovani che vogliono intraprendere questa professione?

Essere giornalista professionista e laureata in giurisprudenza dà sicuramente una marcia in più nella comprensione delle dinamiche della giustizia e dei meccanismi dell’informazione giudiziaria.
Quello che posso trarre dalla mia esperienza professionale è che nella vita vi è una rarissima coincidenza tra quello che ci piacerebbe fare e il concetto di “facile”. Non esistono scorciatoie: serve impegno, costanza, determinazione e spesso anche pazienza
I giovani vanno supportati a coltivare le loro aspirazioni ma, come scriveva il filosofo Lao Tzu, bisogna ricordare loro che l’ambizione - nella sua proporzione corretta - “ha il tallone ben inchiodato a terra anche se allunga le dita per toccare il cielo”.

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