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Comunicazione Interculturale: due contributi da Il Sole 24 Ore

08/06/2004
Attraverso l'appena concluso road show "Comunicazione Interculturale", Ferpi – insieme a Unicom e a Etnica – ha intrapreso un cammino volto a sensibilizzare gli operatori della comunicazione verso la necessità di approfondire la conoscenza delle nuove realtà migranti, al fine di approntare azioni idonee e mirate a sviluppare processi efficaci di comunicazione, marketing e politiche interculturali. A rimarcare l'ancora inadeguata attenzione rivolta a questo segmento emergente del mercato italiano contribuisce anche Il Sole 24 Ore con due articoli pubblicati lo scorso 12 maggio, che vi riproponiamo.Da Il Sole 24 Ore di mercoledì 12 maggio 2004Un target da intercettaredi Luca VeroneseMILANO • "Ci sono sicuramente dei bisogni da soddisfare, ci sono anche dei prodotti, non molti per la verità: ma la comunicazione è carente, si ha quasi paura di rivolgersi agli immigrati con campagne pubblicitarie mirate".  Secondo Enzo Mario Napolitano, esperto di marketing solidale e mediazione interculturale (autore del libro "Il marketing interculturale" edito da Franco Angeli), le condizioni per trasformare in business i bisogni degli immigrati ci sarebbero tutte, e - per le imprese di molti settori - basterebbe solo avere il coraggio di puntare su questo target nella comunicazione per intercettare nuovi consumatori e nuovi mercati. "I gruppi bancari e le compagnie di assicurazioni - spiega Napolitano - hanno cominciato a proporre prodotti mirati, ma li promuovono con difficoltà, li tengono in un angolo; come se temessero di "svendersi" agli immigrati e ci fosse paura di ritorsioni di immagine: spesso purtroppo l'immigrato viene confuso con l'islamico, e poi con l'integralista e infine assimilato al terrorismo". Rispetto ad altri Paesi, siamo in ritardo nei processi d'integrazione e anche la comunicazione ne risente: "Ma i numeri ci sono, gli immigrati non si riforniscono solo nel negozietto all'angolo, ma guardano alla qualità e al costo esattamente come gli altri consumatori: la conferma viene dai risultati ottenuti dalle campagne pubblicitarie Aem, l'azienda energetica di Milano: primo caso in Italia, nel profit, di messaggi pensati per gli immigrati". Risale al 2001 il primo lancio da parte di Aem di una campagna - soprattutto affissioni ma anche stampa - rivolta agli extracomunitari: "Partita come un'operazione d'immagine per testimoniare la capacità d'integrazione dell'intera città, la campagna (e i call center attivati) - dice Biagio Longo, direttore comunicazione e relazioni esterne di Aem - sono stati poi molto utili nel supportare i servizi che offriamo: tanto che negli anni abbiamo aggiornato i manifesti rivolgendoci alle comunità più presenti a Milano, prime fra tutte quella cinese, latinoamericana e filippina". "Oggi - aggiunge Longo - gli extracomunitari fanno parte in modo stabile della nostra clientela, sia privata che business, e anzi hanno un notevole peso soprattutto nelle nuove richieste: tra il 2000 e il 2001 rappresentavano più del 60% delle nuove utenze, in seguito si sono stabilizzati su una quota che rimane comunque intorno al 30-40% degli allacciamenti che effettuiamo in un anno". Consumi, il mercato scopre gli immigrati In palio c'è un bacino di 2,5 milioni di regolari, il 6 della popolazione attivadi Marco MasciagaMILANO • Nonostante siano scomparsi dalle tavole italiane da decenni, dal banco di macelleria di Enrico Salis i piedini di vitello non mancano mai. "Quelli delle bestie che compro intere non bastano più" spiega Salis, 63 anni di cui ben 51 passati a macellare, disossare e affettare. "Da qualche anno - prosegue - devo prenderne di più. Alcuni di "loro" ne comprano anche 20 o 30 chili per volta". "Loro" sono i sudamericani e gli africani che frequentano il mercato comunale di piazza XXIV maggio a Milano, zona Navigli. Il caso del signor Salis, nel suo piccolo, è esemplificativo: il mondo delle imprese sta prendendo atto del fatto che ignorare le comunità straniere significa perdere grosse opportunità di business. Perché si tratta di "famiglie" sempre più numerose e i loro bisogni spesso non sono assimilabili a quelli degli italiani. Sono circa 2,5 milioni gli stranieri regolari in Italia. Si tratta del 4,3% del totale dei residenti. In termini di popolazione attiva, la percentuale sale al 6%. Uno dei settori più interessanti, anche perché destinato a crescere molto nei prossimi anni, è quello del risparmio e del credito. Sono oltre 600mila i lavoratori stranieri regolarmente residenti in Italia che non hanno un conto in banca. Tra i primi a mettere a punto un'offerta dedicata a loro c'è stata la Banca Popolare di Milano. "Il lancio di Extrà il nostro conto per stranieri risale al 1998" spiega Giulio Zanaboni, della direzione marketing dell'istituto di credito e "padre" dell'iniziativa. "La decisione - conferma - è stata presa in seguito a una sollecitazione "etica" da parte della Fondazione San Carlo di Milano e una di mercato: gli imprenditori delle province di Padova e Treviso incontravano grosse difficoltà ad accreditare gli stipendi di un numero crescente di dipendenti". Oggi i clienti Extrà della Bpm sono oltre 10mila. Anche Banca Intesa da qualche tempo ha un occhio di riguardo per i risparmiatori che vengono da lontano. Sono 25mila quelli che hanno scelto il conto People, "un prodotto bancario cresciuto del 50% negli ultimi 4 mesi - spiega la responsabile del segmento famiglie del gruppo Adriana Saitta - soprattutto grazie al lancio di una carta di debito pensata per i clienti stranieri". Si tratta di un bancomat legato alla disponibilità sul conto. Andare in rosso è impossibile e spedendone una copia in uno dei 204 Paesi raggiunti dal servizio, dall'Albania allo Zimbabwe, la si può "ricaricare" a distanza dagli sportelli bancomat di Banca Intesa. Pur senza promozione pubblicitaria, il conto People è di gran lunga quello con il tasso di crescita più alto tra quelli proposti dal gruppo. Le carte di debito sono prodotti pensati anche per intaccare il mercato delle rimesse di denaro. Fronte sul quale, peraltro, le novità non mancano. "Stiamo ampliando la nostra offerta" spiega Giovanni Angelini a.d. di Isi una società del Gruppo Angelo Costa, licenziataria per l'Italia della rete Western Union. "Da poco - continua Angelini - offriamo anche delle polizze assicurative dai premi contenuti pensate appositamente per gli stranieri e i mutui di Abbey National Bank". La strategia dell'Isi è chiara. L'obiettivo sono le centinaia di migliaia di stranieri che hanno già bisogno di prodotti finanziari e assicurativi, ma non sono ancora riusciti a superare il disagio di entrare in banca: sottoscrivere mutui e polizze diventa più facile se a proporli è il connazionale che gestisce il phone center da cui si telefona a casa. Ma gli stranieri residenti in Italia sono anche lavoratori e consumatori. Per i primi la Scuola Radio Elettra ha messo a punto dei corsi di formazione integrati da lezioni di italiano. "Le qualifiche più richieste sono elettricista, idraulico e tecnico informatico - spiega Mauro Corazzi, a.d. dell'istituto - e la nazionalità più rappresentata è quella rumena, ma abbiamo anche molti nordafricani e sudamericani". Ai consumatori di origine araba e di religione musulmana si rivolgono invece due società che hanno deciso di sfidare due colossi come Coca-Cola e Pepsi. La prima si chiama Melange, è di Torino, e importa in Italia la Mecca-Cola. "La distribuzione - spiega il membro del Cda Elio Limberti - verterà su kebap e macellerie islamiche. Ma puntiamo anche sugli italiani dalla connotazione ideologica antiamericana". Per il 2004 l'obiettivo di fatturato dei 21 soci della Melange (15 italiani e 6 mediorientali) è di 2,5-3 milioni di euro. Il 10% degli utili andrà a enti come Caritas e Médicins Sans Frontierès e un altro 10% a Ong palestinesi "senza legami con il terrorismo", spiega Limberti. Politica a parte, la comunità nordafricana fa gola a molti. Non a caso esiste anche un'alternativa "etnica" alla Coca-Cola, priva di connotazioni ideologiche. Si chiama Arab-Cola e la distribuisce la Centroplastica di Bernareggio (Mi).
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