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Comunicazione, relazione e abilità trasversali

16/05/2012

La crescita e la diffusione di una cultura della comunicazione, trasparente, autentica ed efficace possono ridurre i conflitti, creare nuovo valore ed aumentare il capitale relazionale e sociale di tutta la comunità. Ma come si comunica con efficacia? Quali sono gli effetti di una cattiva comunicazione? La riflessione di _Giampietro Vecchiato._

di Giampietro Vecchiato
La comunicazione è un continente vastissimo e non esiste un paradigma universale che integri in una visione unitaria le varie discipline che la caratterizzano: dalla psicologia alla sociologia; dalla linguistica all’antropologia; dalla filosofia all’economia (compreso il marketing e la scienza del management).
Probabilmente ricondurre a sintesi e unità un argomento così vasto e trasversale non è neppure possibile.
Sicuramente la comunicazione – sia negli aspetti informativi (trasmettere un’informazione da una persona/organizzazione ad un’altra) che negli aspetti relazionali (il feedback e l’ascolto come motore di cambiamento nei rapporti con gli altri) – ha un ruolo fondamentale nella vita delle persone e delle organizzazioni se, come afferma la pragmatica della comunicazione umana, “è impossibile non comunicare”.
Ma perché, se la comunicazione è così importante per le persone e per le organizzazioni (pubbliche e private, profit e non profit), nessuno – scuola, istituzione, famiglia – ci insegna a comunicare con efficacia?
Come disciplina viene insegnata in alcune facoltà universitarie (lettere e filosofia, psicologia; sociologia; economia) e in alcuni corsi laurea (comunicazione e relazioni pubbliche in particolare), generalmente in modo teorico e astratto, spesso poco utile nella vita quotidiana.
Eppure, gli skills relazionali per vivere all’interno delle organizzazioni e della comunità (decision making, empatia, problem solving, ecc), le competenze manageriali per governare le organizzazioni (lavorare per obiettivi, gestire i conflitti negoziare, motivare, coinvolgere, ecc.) e le competenze personali di tipo trasversale (parlare in pubblico, presentare, esprimersi, ascoltare, ecc.), sono fondamentali per comunicare con efficacia, per formulare chiaramente i messaggi, per evitare ambiguità e incomprensioni.
Nella società post-industriale, nella società dei servizi e del terziario, le necessità di contatto/relazione con gli altri si sono moltiplicate decine di volte rispetto a 50 anni fa, quando il ruolo portante era svolto dalla società manifatturiera di stampo fordista.
Oggi, saper comunicare con efficacia e avere buone relazioni, è più che mai un fattore critico di successo per le persone (a prescindere dalla professione, dai compiti, dalla collocazione nell’organigramma aziendale) e per le organizzazioni (a prescindere dalla localizzazione, dalle dimensioni, dal settore merceologico).
Analizziamo più a fondo questo aspetto e cerchiamo di capire quali sono gli effetti – sulle persone e sulle organizzazioni – di una “cattiva comunicazione”.
Per quanto riguarda gli effetti sulle persone, un’indagine svolta nel 2000 dal Ministero dell’Istruzione USA ha rivelato che l’80% delle persone con serie difficoltà a comunicare ha molti fallimenti in campo lavorativo e i datori di lavoro, intervistati nella stessa ricerca, hanno affermato che in un candidato all’assunzione l’abilità di comunicare e di relazionarsi con gli altri viene al primo posto rispetto alle competenze tecniche specifiche (che, affermano, si possono apprendere lavorando). Altre ricerche confermano che oltre l’80% dei licenziamenti non riconducibili a riduzione di personale, sono dovuti a “problemi relazionali”, mentre la capacità di creare “buoni rapporti” è presente nel 75% delle persone che fanno carriera e hanno successo e solo nel 25% dei dirigenti che perdono il posto di lavoro. Anche secondo Justin Menkes – allievo di Peter Drucker – tra le attitudini dei grandi leader troviamo tre differenti e cruciali elementi riconducibili ad una comunicazione autentica ed efficace, con se stessi e con gli altri: la capacità di raggiungere obiettivi; l’abilità nel rapportarsi con gli altri; la capacità di autovalutazione. Si tratta, in altre parole, di competenze indispensabili per “decidere” ed essere “leader vincenti”.
In riferimento invece agli effetti sulle organizzazioni la comunicazione è uno strumento che genera e sostiene relazioni, sviluppa fiducia e conoscenza, produce credibilità strategica e reddituale, contribuisce alla costruzione e alla diffusione della conoscenza. In altre parole la comunicazione concorre alla creazione e alla diffusione di valore per i clienti, per i business partner, per i dipendenti, per la comunità e per tutti gli stakeholder (della filiera economica e non). Questi fattori hanno una forte componente intangibile e il loro reale valore dipende da come vengono percepiti dai diversi pubblici. In altre parole non è più sufficiente “far bene” per le organizzazioni: per generare nuovo valore è necessario “farlo sapere” ed essere riconosciuti per averlo fatto. “Fare e non comunicare ciò che si è fatto equivale a non averlo fatto. In termini di organizzazione è uno spreco di risorse. In termini sociali è una sottrazione di informazioni utili alla comunità”. La comunicazione è quindi essa stessa un fattore che, da una parte, crea valore perché valorizza il capitale intangibile dell’organizzazione (competenze, conoscenze, capitale relazionale, brand, reputazione, ecc.) e, dall’altra, diffonde valore perché rende esplicito ai pubblici, ai clienti e al mercato il reale valore intrinseco dell’organizzazione.
Il passaggio da un determinato livello di valore intrinseco ad un valore percepito superiore è dunque il frutto combinato di un “saper fare”, di un “far sapere” e di una consapevole e costante capacità di comunicare. Laddove questi processi si rivelassero carenti, il valore percepito potrebbe essere inferiore al valore intrinseco e si potrebbe quindi verificare una distruzione di valore potenziale.
Concludendo, il successo e la credibilità delle persone e delle organizzazioni sono strettamente legati alle competenze – il saper fare – ma è sugli skills relazionali e comunicativi che si gioca la differenza.
Costruire un forte capitale relazionale; avere la fiducia dei propri pubblici; operare per allineare identità e immagine percepita in vista di una buona reputazione; saper governare le relazioni con tutti i pubblici/stakeholder; saper comunicare con efficacia il proprio valore intrinseco, costituiscono quindi una priorità inderogabile per le persone e le organizzazioni.
Ne consegue che lo sviluppo di tali competenze non può più essere lasciato alla casualità, alla buona volontà del singolo; va inoltre reso consapevole – nel senso di far crescere la cultura della comunicazione e della relazione – e strutturato nei programmi formativi a tutti i livelli.
Da alcuni anni diversi studiosi e ricercatori, di provenienza accademica, manageriale e dal mondo delle professioni, stanno cercando di mettere a fuoco le caratteristiche e le abilità relazionali e comunicative, identificabili e misurabili, che ogni manager/professionista dovrebbe possedere per svolgere al meglio la propria attività (ma il ragionamento è centrale, come abbiamo già visto, anche per le organizzazioni).
Tra chi si occupa di queste tematiche segnaliamo anche i professionisti di Ferpi – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana; professionisti che hanno nel loro DNA e nella loro expertise questo tipo di abilità.
I professionisti di Ferpi mettono a disposizione delle altre professioni (per aiutarle a sviluppare le proprie performance) e del mondo accademico (per aiutarlo a definire percorsi di studio coerenti con le necessità appena evidenziate, che affianchino e integrino all’apprendimento tradizionale) la propria competenza ed esperienza sull’argomento.
Siamo infatti convinti che la crescita e la diffusione di una cultura della comunicazione, trasparente, autentica ed efficace – tra le persone, nelle organizzazioni e tra queste e l’ambiente esterno – possa ridurre i conflitti, creare nuovo valore ed aumentare il capitale relazionale e sociale di tutta la comunità.
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