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Convivere con la tv significa vivere nel nostro tempo

12/12/2012

Quali sono i confini della retorica e il ruolo della mediatizzazione della sfera pubblica? È possibile che ancora molti italiani non abbiano ancora fatto propria la rivoluzione dell’era dell’informazione, non solo del web ma anche della televisione? La riflessione di _Mario Rodriguez_ alla luce del recente caso Gori.

di Mario Rodriguez
Durante le primarie del centro sinistra, l’antipatia, se non il livore, che molti hanno scaricato su Giorgio Gori, ci dicono che una parte importante della società italiana – quella maggioritaria nel partito che potrebbe avere la responsabilità di gestire il governo del paese in uno dei passaggi più critici della storia recente – non ha ancora metabolizzato la rivoluzione indotta nelle società industriali dall’avvento dell’epoca dell’informazione, quella dei media, o, meglio, prima della tv e ora di Internet. E questo non depone bene per il futuro della società italiana. Ma questi sono problemi che vanno ben oltre il nostro ambito di professionisti della comunicazione. C’è invece una quisquilia correlata che attiene al nostro lavoro e che mi fa piacere mettere in rilievo: i confini della retorica e il ruolo della mediatizzazione (spettacolarizzazione) della sfera pubblica. Cercare di convincere con la parola scritta è accettato, è cosa buona. Cercare di farlo con la parola detta in pubblico è cosa buona. Farlo, invece, con la performance televisiva, no. Diventa berlusconismo, l’incarnazione, cioè, della lobotomizzazione delle audience! Scavando e precisando viene fuori, quindi , che la parola detta in pubblico è buona se viene detta con una forma (liturgica) della tradizione (almeno di quello che ci si racconta fosse una sorta di età dell’oro della politica; quella dei partiti di massa degli anni 60 e 70 e poi zoommando ancora, in realtà, si dice partiti ma si pensa al PCI). Ma se la parola viene detta con competenze e regole che la rendono efficace in tv, allora diventa cattiva, diventa berlusconismo. Ed ecco l’antipatia generata da Gori, il suo ruolo inquinante. Si pensa ancora che si possa evitare di utilizzare il mezzo tv? Che le persone di rilevanza pubblica, imprese, politica, cultura, possano vivere al netto della tv e della logica dei media? Pensare che chi si adatta a un mondo dominato dalla pervasività della tv sia da considerare un nemico, o una patologia da guarire, non può che portare a esiti negativi. Anche perché ora alla questione del mezzo televisivo si vanno aggiungendo quelle legate al nuovo mezzo rappresentato dalla rete Internet. Ma convivere con la tv e con le sue logiche, reagire criticamente ma governarle, significa vivere nel nostro tempo. Dopo secoli di civilizzazione abbiamo accettato che la penna (la parola scritta) è importante tanto che dedichiamo almeno 12, 13 anni per imparare a scrivere. Quanto tempo dovrà passare per comprendere che la parola detta attraverso la tv, capace cioè di interagire e non subire, la logica dei media, è la modalità normale di comunicazione a certi livelli di responsabilità?
Fonte: MR Associati
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