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De Bortoli contro cantori a pagamento e spin doctors improvvisati

10/04/2009

In alcuni passagi del suo primo editoriale di venerdì 10 aprile, il neo direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, chiama in causa il lavoro dei comunicatori. Toni Muzi Falconi ha riletto il fondo dell'autorevole giornalista con gli occhi del relatore pubblico.

L’editoriale di Venerdì di Pasqua che ha segnato il ritorno di Ferruccio De Bortoli alla Direzione del Corriere della Sera, contiene un paio di periodi inusuali e importanti che ci riguardano da vicino.


”...Colpisce che spesso la classe dirigente italiana, non solo quella politica, consideri l’informazione un male necessario. E sottostimi il ruolo di una stampa autorevole e indipendente. Tutti l’apprezzano e la invocano quando i giornalisti si occupano degli altri, degli avversari e dei concorrenti. Altrimenti la detestano e la sospettano…”


“...Molti confondono l’informazione con la comunicazione di parte o la considerano la prosecuzione della pubblicità con altri mezzi. Una classe dirigente che non riconosce il ruolo di garanzia dell’informazione dimostra una scarsa maturità e una discreta miopia. La leadership nei processi globali, in particolare in questi momenti di profonda inquietudine e disorientamento, è fatta di informazioni corrette, tempestive e credibili. Il dibattito vero fa emergere le politiche migliori, quello falso o reticente solo quelle che appaiono in superficie le più percorribili e all’apparenza le meno costose. Insomma, con i cantori a pagamento e gli spin doctors improvvisati non si va da nessuna parte...”.


Credo non siano parole di circostanza, ‘lip service’ ai paradigmi retorici e classici della libertà di informazione. Sono qualcosa di più:
- esprimono sconcerto verso la consuetudine della nostra classe dirigente a esaltare il giornalismo quando espone le magagne degli altri, degli avversari, dei concorrenti…
- castigano senza compiacimento, ma anche senza remora alcuna i cantori a pagamento e gli spin doctors improvvisati.


In entrambi i casi sono concetti ricchi di senso che ci conviene meditare con un pochino più di serietà e riflessione di quanto faremmo di fronte alla solita ‘tirata’ contro chi fa il nostro lavoro, direttamente o indirettamente.


Vediamo il primo:


E’ sicuramente prevedibile e comprensibile che un Ceo, un politico, un operatore finanziario, un amministratore pubblico o un dirigente di associazione non profit si arrabbi quando un giornale espone fatti, opinioni o ‘voci’ che, vere o meno, lo mettono in difficoltà oppure, al contrario, si compiaccia quando il giornale mette in difficoltà un avversario o un concorrente.
La cosa però ci riguarda direttamente se siamo noi (o altri vicini a noi) ad essere la fonte ufficiosa o ufficiale di quei fatti, di quelle opinioni o di quelle ‘voci’ che riguardano l’avversario o il concorrente, oppure se siamo noi ad alimentare il compiacimento del nostro cliente-datore di lavoro.


Non tutti siamo consapevoli e/o convinti che le ‘black pr’ siano sempre e comunque eticamente riprovevoli.
Così come non tutti siamo del parere che quando un giornale ci mette in difficoltà, dobbiamo per prima cosa chiederci dove abbiamo sbagliato e cosa possiamo fare per rimediare e comunque evitare che succeda di nuovo.


Nella prima fattispecie, le ‘black pr’ sono quella pratica che applica le nostre competenze professionali – quasi sempre nascondendo il volto o la mano – per indebolire, denunciare, denigrare un avversario. E’ un uso perverso e distorto di una pratica che invece va applicata – sempre citando la fonte – per rafforzare, costruire, e argomentare una questione, un servizio, un prodotto, una leadership.


Nella seconda fattispecie, una fuga di notizie, una spifferata, una interpretazione sbagliata o un attacco sono quasi sempre il risultato di un nostro errore e perfino il pre-concetto di un giornalista verso il nostro cliente/datore di lavoro può essere ritenuto tale anziché come spesso facciamo considerarlo un segno del destino o un fatto inevitabile.
Invece di reagire tagliando la pubblicità, sputtanando quel giornalista con il suo editore…meglio faremmo a correggere il nostro modo di operare sforzandoci di migliorare le relazioni con quel giornalista.


Ed ora, veniamo al secondo concetto


De Bortoli, da quando lo conosco, ha sempre sostenuto con forza e convinzione l’importanza del nostro ruolo professionale e non credo che abbia cambiato idea.
E proprio per questa ragione le sue parole vanno prese molto sul serio.


Quelli che definisce cantori a pagamento e spin doctors improvvisati sono da individuare nelle molte migliaia di professionisti che si agitano a pagamento intorno ai protagonisti della nostra classe dirigente e, più o meno esplicitamente, fanno il nostro lavoro.


Molte volte, anche nel recente passato, abbiamo esposto su questo sito il valore (non mi riferisco al valore loffio della reputazione, ma a valore sonante..) che potremmo ricavare da una politica proattiva e dinamica di monitoraggio e denuncia delle malefatte di quei nostri colleghi.
Abbiamo anche più volte discusso delle esperienze di associazioni di altri Paesi, primo fra tutti la Germania. In quel Paese, da molti anni ormai, un comitato interassociativo – che lavora in pubblico, con il pubblico e per il pubblico – non si lascia scappare le malefatte di organizzazioni, imprese e professionisti, le denuncia pubblicamente e ne prende le distanze anche quando i protagonisti sono soci di una delle associazioni che partecipano a quel comitato.
L’esperienza è stata ampiamente raccontata qui con tutti i suoi elementi di rischio e di opportunità; i nostri organi associativi hanno approvato all’inizio di questo mandato una mozione che impegnava l’associazione a operare in quella direzione.
Fatti però se ne sono visti pochi, e comunque non sono stati condivisi con i soci che ne sono all’oscuro.


Certo, le cose da fare sono sempre tante… ma almeno una cosa da chiedere al comitato esecutivo di oggi (il consiglio nazionale, come ho scritto qualche giorno fa, conto poco o nulla ed è meglio così…) è di chiedere al Presidente di inviare una nota al Direttore del Corriere della Sera in cui impegna la Ferpi ad attuare proprio quella linea programmatica e in cui si invita il destinatario a rivolgersi direttamente ai nostri soci nel corso della imminenet prossima assemblea per il rinnovo della cariche associative.


E che tutto questo sia reso noto ai soci da questo sito.
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