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Dell'integrazione dei sistemi di relazione

03/05/2005

Processi decisionali inclusivi anche per le organizzazioni? Una riflessione post-Torino sulle possibili future opportunità professionali. Di Fabio Ventoruzzo.

Se per processo decisionale inclusivo è da intendersi lo sforzo che una organizzazione pubblica mette in atto per cercare di sanare il naturale conflitto che esiste tra interessi collettivi e interessi particolari che in quel momento risulta irrisolvibile con i tradizionali strumenti, è evidente - riducendo questa accezione al minimo comun denominatore - e auspicabile - a maggior ragione - un analogo approccio anche per le organizzazioni private e sociali.In ogni processo che porta ad una decisione (sulle finalità, sugli obiettivi organizzativi, su quelli di comunicazione, ..) sono individuabili diversi interessi (della coalizione dominante, dei collaboratori, dei portatori di interessi particolari, delle espressioni della società civile, e chi più ne ha più ne metta) che - quasi - sempre sono in competizione.È chiaro che per cercare di migliorarne l'efficacia (misurata anche in tempo di attuazione e di legittimazione esterna) bisognerebbe assumere decisioni in grado di rispecchiare -se non tutti- almeno una parte degli interessi in gioco. È la regola della co-ompetizione, quella che postula la negoziazione fra interessi antagonisti come strumento per incrementare l'efficacia decisionale nel breve e quella organizzativa nel lungo termine e che privilegia la retorica ed il dialogo piuttosto che la semplice persuasione. È, in altre parole, il quarto modello di Grunig, quello a due vie e tendenzialmente simmetrico.Fermiamoci e analizziamo un processo di ascolto di questo tipo:- non è necessario (e nemmeno consigliabile) che tutte le decisioni siano sottoposte alle forche caudine di un processo inclusivo (immaginatevi le decisioni su sulla nuova politica di premi e bonus in una azienda..). Questa è una valutazione che deve esser fatta volta per volta, analizzando le conseguenze di quella decisione ed avendo analizzato l'ambiente in cui viene assunta e i soggetti che eventualmente parteciperebbero al tavolo;- è impensabile ascoltare tutti i portatori di interessi particolari: ci si deve limitare a coloro che sono consapevoli ed interessati (stakeholder attivi).Si tratta poi di utilizzare le tecniche e gli strumenti che permettano a questi interessi di esplicitarsi.. non si può trattare sempre e solo della solita ricerchina ad hoc sulle opinioni, percezioni e comportamenti. Si tratta di ascoltare, di entrare in relazione one-with-one.Prima conclusione: all'interno di questi processi ci deve essere qualcuno in grado di:- mettere in relazione diversi soggetti con interessi -alle volte- antagonistici;- ascoltare le diverse posizioni in gioco ed interpretarle alla luce delle diverse variabili di contesto;- riportarle ai soggetti che si sono fatti promotori e garanti dell'effettività di un processo inclusivo.L'identikit porta dritto dritto al ruolo riflettivo, quello che declina la funzione del relatore pubblico come interprete attivo dei diversi interessi.Ma non solo.Seconda conclusione: affinché un processo di tipo inclusivo sia in grado di mostrare la sua efficacia è necessario che le sue dinamiche siano comunicate, anche verso coloro che non vi hanno partecipato. Si tratta, inevitabilmente, di modalità comunicative diverse, meno pull e molto più orientate alla comunicazione che non alla relazione simmetrica. Si tratterà di:- attirare l'attenzione sulla questione oggetto della decisione;- comunicare con loro sulla decisione assunta;- aumentare (eventualmente) la loro consapevolezza affinché si sentano interessati a partecipare ad una prossima occasione di declinazione del processo inclusivo su quella decisione in modo da:

diminuire i costi (umani e finanziari) per l'ascolto delle diverse aspettative;
aumentare gli interessi ascoltati, incrementando l'efficacia decisionale e incrementando di conseguenza la legittimazione sociale 
Queste due riflessioni permettono di tematizzare il nostro ruolo professionale come relatori pubblici capaci di integrare i diversi sistemi di relazione/comunicazione che le organizzazioni sviluppano con i diversi pubblici influenti (stakeholder, influenti e destinatari), dopo aver ascoltato preventivamente le aspettative degli stakeholder attivi: è proprio la base dello Stakeholder Relationship Management o, a questo punto, Integrating Relationship Management.Fabio Ventoruzzo
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