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Elezioni 2013: la rappresentatività dei sondaggi

14/02/2013

Fino a pochi giorni fa i sondaggi sono stati protagonisti della campagna elettorale. Ma sono ancora uno strumento affidabile in merito all’effettivo risultato del voto finale? L’analisi di _Toni Muzi Falconi._

di Toni Muzi Falconi
Questa campagna elettorale è stata fino ad oggi guidata e determinata dai sondaggi. E’ arrivato il giorno in cui, secondo la legge vigente, ne sarà vietata la pubblicazione (ma ci crediamo davvero che succeda così?).
Vorrei però porre alla vostra attenzione alcune questioni che normalmente non vengono pubblicamente discusse, ma che attengono alla effettiva rappresentatività dei campioni intervistati e ad alcuni comportamenti delle persone che in questi ultimi anni sono profondamente mutati.
Tradizionalmente, secondo l’anagrafe e i correlati dati sociali della popolazione residente, il sondaggista estrae un campione strutturalmente rappresentativo dell’universo e gli intervistatori (a domicilio, per la strada, al telefono) somministravano a cittadini volontari il questionario predisposto fino a raggiungere un campione perfetto.
Oggi questo è diventato assai più complicato per diverse ragioni: l’anagrafe non corrisponde più alla realtà effettiva della popolazione; l’ondata migratoria (regolare e irregolare) di questi ultimi anni non è sincronizzata con l’aggiornamento statistico; la mobilità territoriale delle persone è perlomeno decuplicata nell’ultimo decennio, la telefonia mobile ha reso quasi impossibile la costruzione di un campione rappresentativo, perlomeno a livello territoriale.
Eppoi: il tasso di rifiuto di intervista è perlomeno triplicato rispetto a soli cinque anni fa e è molto cresciuto il numero di chi, più che rifiutare, volutamente inganna l’intervistatore.
Naturalmente tutti gli operatori sono ben consapevoli di questi limiti e, nel tempo, hanno adottato fattori di correzione che applicano ai risultati ricavati.
Ci sono però almeno altre due variabili che contribuiscono a complicare l’analisi.
La prima è determinata dallo sviluppo del digitale. Molti operatori usano nelle loro rilevazioni, perlomeno integrandolo con il rilevamento telefonico, il digitale. E fanno benissimo. Ma non esiste, che io sappia perlomeno, alcun criterio condiviso che possa far sì che un sondaggio sia comparabile con l’altro, in merito ai fattori di correzione.
La seconda invece ha a che fare con una questione più delicata, controversa nella sua dimensione di impatto, ma incontrovertibile sul piano socioculturale: ed è che nell’ultimo decennio la correlazione che è pur sempre esistita, anche se non costante, fra opinione e comportamento effettivo delle persone, si è andata dissipando man mano che sono venuti a mancare i punti di riferimento: le autorità costituite, le ideologie, le confessioni e via dicendo, in funzione dell’oggetto specifico della singola rilevazione. Solo quindici anni fa, come relatore pubblico, se un cliente mi chiedeva di modificare l’opinione di un pubblico e mi dava argomenti convincenti e risorse e tempi, variabili ma sufficienti per farlo, ci riuscivo… convinto che quelle opinioni si sarebbero in larga parte tramutati in comportamenti effettivi, che poi era ed rimane la vera finalità del mio cliente.
Oggi è sempre meno così.
Cambiare le opinioni non implica necessariamente, se non in una parte ad oggi imprevedibile, mutare i comportamenti. Un esempio di appena cinque anni fa: in questo caso, il pubblico era costituito dagli utenti di una città metropolitana, e l’oggetto dell’indagine aveva a che vedere con gli atteggiamenti nei confronti delle questioni di mobilità urbana. Ebbene, interviste fatte agli stessi soggetti nella stessa giornata a seconda del profilo diverso in un o nell’altro momento: pedone, automobilista, utente del trasporti pubblico ci hanno dato risposte diverse. Perchè? Perché gli intervistati non hanno più, come avrebbero avuto i loro coetanei di dieci anni prima, idee forti e sicure in merito al tema della mobilità, suggerite dai loro rispettivi influenzatori. Una battuta? Il sondaggio è liquido. Una dimostrazione? Basta osservare per diverse ore le dinamiche di una questione specifica su twitter per vedere che gli stessi soggetti cambiano opinione in funzione dell’ultimo intervento.
E allora?
Non voglio affermare che i sondaggi non servano, se non altro perché hanno determinato fino ad oggi ogni dinamica della campagna elettorale.
Ma quanto sono davvero affidabili in merito all’effettivo risultato del voto finale?
Nè voglio dire che i risultati saranno molto diversi da quello che ci aspettiamo (sarebbe troppo presuntuoso e soprattutto temerario affermarlo, e comunque mancano pochi giorni alla verifica).
Ma di certo mi pare opportuno che i molti che hanno passato questa campagna a sondare i sondaggi e a piegare i propri comportamenti elettorali ai loro responsi quotidiani siano consapevoli di queste limitazioni e si preparino anche a sorprese inattese.
Fonte: Huffington Post
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