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Essere prima di tutto noi stessi per comunicare un’organizzazione

02/02/2023

Daniela Poggio

 

Una riflessione sul futuro a seguito del dibattito tra Ilvo Diamanti e Dario Di Vico, in occasione dell’Assemblea dei soci riunitasi a Milano lo scorso 28 gennaio.

Non credo sia un caso che proprio dopo la pandemia e nel pieno di una crisi geopolitica di cui non vediamo ancora la fine, sia nata l’esigenza, promossa dalla Global Alliance for Public Relations and Communication Management di inserire la “comunicazione responsabile” tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Obiettivo al quale per l'Italia ha lavorato Biagio Oppi, come delegato #FERPI.

Quante, quante cose avrebbero potuto essere diverse se al centro della comunicazione in questi anni ci fosse stata sempre la ricerca della creazione di valore e della responsabilità?

Sabato scorso a Milano, in occasione dell’Assemblea Generale Ordinaria dei soci, siamo partiti proprio da qui, da questa promessa, che assomiglia molto a un voto.
 
“Per comunicare un’impresa, un’organizzazione, prima di tutto bisogna essere in grado di essere noi stessi” ha detto Ilvo Diamanti, sociologo, politologo e saggista, che ha anticipato i lavori di una mattinata scolpita nei sorrisi, negli abbracci, poi nello sguardo attento dei partecipanti.
Certo, rimanere fedeli a se stessi non è sempre facile, non è nemmeno sempre possibile soprattutto quando siamo alla ricerca di mediazioni necessarie in una società attraversata da fenomeni degenerativi e in costante cambiamento. Eppure, è proprio per questo che non dobbiamo mai dimenticare chi siamo e qual è il nostro obiettivo, creare valore.

Il nostro ruolo, ci ha ricordato Diamanti, sta al crocevia di cambiamenti profondi che interessano il rapporto tra i cittadini e i luoghi decisionali, uno spazio dal quale possiamo non solo osservare ma nel quale possiamo agire. Quali siano questi cambiamenti Diamanti lo ricorda ispirandosi al testo di Bernard Manin e ai modelli di democrazia: la democrazia dei corpi intermedi e del territorio, l’arrivo dei mass media e della sostituzione della ideologia con il marketing, l’avvento del digitale e dei new media, che hanno accarezzato il sogno di Rousseau di arrivare a una democrazia diretta, rendendola senz’altro quantomeno immediata.  

Qual è allora oggi lo spazio della mediazione? Qual è lo spazio delle Relazioni Pubbliche?  

Diamanti una risposta non la dà, ma la affida a Dario Di Vico, giornalista del Corriere della Sera, che prende la parola subito dopo. Di Vico inizia con una provocazione: “Se il problema sono i social, allora è semplice, spegniamoli”. Invece, affonda, le relazioni si stanno rovinando grazie a malattie intrinseche all’umano che i social hanno solo reso visibili e amplificato. L’antidoto a questi fenomeni degenerativi ai quali stiamo assistendo, l’antidoto alla democrazia senza persone, alla mediazione senza mediatori è quello di movimentare le migliori coscienze e le migliori intelligenze per costruire relazioni più ricche, come nel terzo settore, esempio positivo di luogo dove non si costruiscono relazioni in funzione del potere.  

È la prima volta che in un contesto di questo tipo sento parlare così apertamente di creazione di valore come antagonista alla creazione di potere, che a una professione non si chiede solo di fare bene il proprio mestiere ma di provare a farlo per migliorare la società.

Siamo di fronte a un nuovo paradigma per la Comunicazione e le Relazioni Pubbliche?

Sicuramente a un mandato che #lanuovaFerpi intende assolvere nei tre prossimi anni, insieme a tutte e a tutti coloro che vorranno partecipare. E che mi impegnerò a svolgere fino in fondo come consigliera nazionale e vicepresidente, insieme a persone e professionisti appassionati e competenti. 

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