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Garbagnati sulle professioni

08/03/2007

Il disegno di legge del ministro Mastella rappresenta indubbiamente un deciso passo in avanti in merito al tema del riconoscimento professionale con riferimento alle professioni che non coincidono con quelle già svolte tipicamente dagli ordini riprendendo il cammino, malauguratamente interrotto, dal disegno di legge Vietti e riprendendone lo schema duale.

Il disegno di legge del ministro Mastella rappresenta indubbiamente un deciso passo in avanti in merito al tema del riconoscimento professionale con riferimento alle professioni che non coincidono con quelle già svolte tipicamente dagli ordini riprendendo il cammino, malauguratamente interrotto, dal disegno di legge Vietti e riprendendone lo schema duale.  Plauso quindi al ministro. E' importante che una professione come quella dei comunicatori, e particolarmente in questo ambito, quella delle relazioni pubbliche, trovi, anche a livello normativo, uno status giuridico definito e connesso al ruolo sempre più strategico che la professione sta assumendo nelle organizzazioni pubbliche e private.
Personalmente ma anche a nome della associazione che rappresento debbo dire di essere contrario agli ordini professionali. Lo stesso disegno di legge definisce nei suoi primi capoversi  il sistema ordinistico quale un "sistema predisposto a tutela dei propri iscritti" quindi un sistema di natura corporativa e sottolinea più avanti come la scelta sia quella di conferire agli ordini  una fisionomia organizzativa  priva appunto di connotati autoreferenziali e corporativi ma proiettata nell'interesse del mercato. Su questo punto francamente non mi è chiaro con quali strumenti il disegno di legge possa intervenire per modificare i caratteri di autoreferenzialità propri degli ordini. Sono invece le associazioni professionali riconosciute, a mio parere, che garantendo il libero accesso alle professioni ma nel contempo definendo parametri di qualità e di deontologia propri delle associazioni stesse tutelano in primo luogo le scelte dell'utenza e quindi agiscono nell'interesse prioritario del mercato e non, come invece scritto nel disegno di legge, dei propri associati.
L'esercizio della attività professionale rimane libero per chiunque ma l'appartenenza alla associazione riconosciuta avrà valore erga omnes di tutela  e di garanzia sulla qualità delle prestazioni professionali erogate. è il modello del licensing che nell'ambito della professione delle relazioni pubbliche è stato adottato in numerosi paesi prima fra tutti il Regno Unito, ma anche la Svizzera, il Brasile, la Nigeria e sta per essere adottato da paesi quali la Russia ed il Canada. Ciò deve presupporre, a mio parere, il fatto che le relazioni pubbliche impattino sul pubblico interesse e pertanto debbano essere regolate a protezione del pubblico interesse e quindi la comunità dei relatori pubblici debba essere riconosciuta come portatrice di un significativo contributo allo sviluppo della società. E' questo un punto sul quale il Disegno di Legge non esprime alcuna indicazione ma anzi sembra presupporre che l'interesse pubblico sia appannaggio esclusivo degli ordini lasciando alle associazioni una natura per così dire esclusivamente privatistica e non ponendo alcuna distinzione fra le diverse tipologie di associazioni professionali. Il principio ispiratore di ogni associazione riconosciuta deve essere quello della tutela dell'utenza che si manifesta attraverso la presenza di codici deontologici di appartenenza, attraverso, come giustamente sottolineato, il concetto di rappresentatività e gli strumenti di formazione professionale.
L'offerta formativa. Nell'ambito del nostro settore assistiamo ad un proliferare per certi versi sconcertante dell'offerta formativa. Una quarantina di corsi di laurea in relazioni pubbliche e scienza della comunicazione, una stima di oltre mille laureati all'anno, un numero imprecisato di master, decine di migliaia di iscritti... ben venga certamente la scolarizzazione dei comunicatori, è un'altra testimonianza che la professione ha ormai assurto il ruolo di disciplina. Dobbiamo tuttavia chiederci se a questa crescita quantitativa corrisponda una effettiva crescita qualitativa che sia in grado di commisurare l'offerta professionale con la domanda del mercato e non invece un'area di parcheggio o peggio un incubatore di precariato, il precariato vero, non la giusta flessibilità della legge Biagi, il precariato che crea sottodisoccupazione intellettuale spingendo sul mercato migliaia di giovani privi di una adeguata preparazione professionale. Alla formazione sul campo possono e debbono contribuire soprattutto le associazioni professionali e le imprese aderenti, che hanno tutto l'interesse specifico alla creazione di un capitale umano da inserire stabilmente nelle nostre imprese che vivono e producono solo in forza della qualità dei propri professionisti. Ben vengano quindi tutte le forme di tirocinio, un tirocinio che sia regolamentato e definito, affinché il percorso formativo sia strettamente collegato al dialogo con il mondo delle imprese e delle associazioni che come Assorel, rappresentano il settore. E' quindi necessario che, da un lato, i contenuti formativi che si richiamano alle relazioni pubbliche ed alla comunicazione di impresa, siano ispirati sempre più al principio della qualità senza tema di un robusto shake out laddove questo principio non sia rispettato e, dall'altro, che cresca il rapporto tra il mondo accademico con quello delle imprese e delle associazioni  affinché si giunga ad una corretta sinergia ed ad una più competa sintonia tra le attese del mercato, l'insegnamento didattico e le aspettative dei giovani.
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